L’amore di Dio chiede testimonianze a tutti i livelli

  ra i santi più invocati e conosciuti nel corso della storia, San Rocco occupa un posto di rilievo nella devozione popolare. Protettore dalla peste, è anche protettore dei volontari, dei pellegrini e dei viandanti, degli invalidi, dei prigionieri e degli emarginati. Tra i vari, appunto, è anche patrono dell’omonimo Borgo di Gorizia che l’ha festeggiato nella mattina del 16 agosto con una solenne santa messa presieduta dal vicario generale della diocesi, monsignor Armando Zorzin. Per Zorzin, tra l’altro, è stata l’occasione per ricordare il suo 50esimo anniversario di sacerdozio. Nonché per consegnare il premio Mattone su Mattone a Marco Luciano.Una messa concelebrata dai sacerdoti della città e accompagnata sia dalla Corale Santa Lucia che dal “Gruppo chitarre di San Rocco”. “San Rocco ha sempre protetto dalla peste”, così monsignor Zorzin nell’omelia. “Passato per noi il coronavirus, ora ci sono altre pesti. L’amore di Dio non è soddisfatto solamente dai nostri riti e preghiere ma vuole testimonianza che siano di promozione umana a tutti i livelli. Il profeta Isaia ci indica che non basta pregare ma sciogliere le catene, soprattutto quelle che schiavizzano le persone”.”Sessant’anni fa vedevamo con sospetto gli esuli che giungevano a frotte nelle nostre terre; oggi vediamo allo stesso modo i migranti, anche se riusciamo a fornire il minimo per farli vivere. Ma noi come cristiani sappiamo chiedere ai nostri politici scelte decisive? Sappiamo stare lontani dalla peste dell’indifferenza? “Chi odia è un omicida, chi non ha compassione per i bisognosi non può dire di amare Dio”, ci dice San Giacomo”.”Noi sappiamo mettere in luce il tanto, il bello, il buono del volontariato? Penso alla Protezione civile, ai Donatori di Sangue, ai volontari di questa sagra. Tutto ciò genera speranza, è gente che non tace perché il tacere è la peste dell’individualismo. Infine, la Parola del Vangelo. È quella di Gesù che parla ai Cananei, ai Samaritani, provando compassione. Si mette nei panni degli altri, stimando le differenze: in un mondo sempre più globale e immediato, quando siamo protesi per battere i pugni per avere tutto e subito, dove gran parte della nostra civiltà pensa al tempo e al denaro. Qui c’è la peste della premura: tutto diventa difficile; è meglio essere pellegrini come San Rocco”, così ancora il sacerdote.”San Rocco, concedici la guarigione fisica e spirituale, liberaci dal nostro egoismo perché, liberi dai beni terreni su suo esempio, possiamo essere annoverati tra i Figli di Dio, sapendo essere vicino a chi ne ha bisogno. Così sapremo essere lontani dalle pesti che ammorbano il nostro cuore e la nostra mente”, ha concluso monsignor Zorzin al quale la parrocchia ha donato un cero, che lui stesso accenderà al santuario di Rosa Mistica, assieme a un fondo che sarà utilizzato per dar da mangiare ai migranti della zona della stazione. “Quando ho avuto bisogno io, ai tempi del seminario, in difficoltà, il mio parroco, don Bona, mi regalava sempre il pranzo”. “Penso che questo sia un ottimo modo per ringraziare per quanto ho avuto io”, così Zorzin. La messa è stata l’occasione per consegnare la trentasettesima edizione del premio Mattone su Mattone, assegnata a Marco Luciano, insegnante e storico animatore del gruppo chitarre. “Il premio esprime a Marco e alla sua famiglia il grazie per un cammino in grado di valorizzare il buon stare di tutti: ha saputo essere un prezioso riferimento per il canto liturgico non mancando gli impegni lavorativi e l’amore affettuoso per la famiglia. Una sintesi importante ed esemplare”, così monsignor Ruggero Dipiazza. “Quando penso a San Rocco la prima cosa cui penso è la famiglia, quella famiglia che ti segue e ti accompagna nel percorso di crescita e che cresce insieme a te, in momenti belli e difficili. Un grande grazie a don Ruggero che non sa mentire ed è sempre schietto, spesso anche massacrando il povero malcapitato. A quasi 90 anni continua ad insegnarmi che per essere moderni non serve essere giovani ma aprire la mente e cogliere ciò che nel quotidiano la nostra fede ci insegna”, così Marco Luciano.”Un grazie ai miei genitori e mia sorella e mio cognato. Una presenza che rischia di essere scontata ma che tale non è. Il terzo grazie è per la mia famiglia acquisita mentre il quarto Grazie va ai miei amici con i quali si è creato un rapporto franco e duraturo; un grazie anche ai miei alunni perché è proprio qui a San Rocco che è nata la vocazione per quello che considero il lavoro più bello del mondo; l’ultimo grazie è per mia moglie Cristina e ai miei figli Nicole e Daniele. Per me – ha concluso Luciano – questo riconoscimento ha un grande valore e mi sprona a continuare il mio percorso di fede in questa splendida comunità”.