Burkina Faso: il dramma senza fine di un intero popolo

Da 8 anni ormai,  l’escalation del terrorismo ha fatto sprofondare il Burkina Faso in una crisi socio – politica e umanitaria senza precedenti. Riferendosi all’attuale situazione del Paese, c’è chi lo considera in seconda posizione dopo l’Afganistan. La comunità internazionale sembra essere indifferente, assorbita com’è dalla guerra in Ucraina.  Così una parte importante del Paese continua a subire attacchi da gruppi jihadisti affiliati ad Alqaida e al sedicente Stato Islamico mentre l’esercito francese ha ricevuto l’ultimatum di lasciare il territorio burkinabe. La Francia sta ritirando progressivamente le proprie truppe, come già avvenuto, in questi anni, prima nel Mali e ora anche nel Niger. L’instabilità che accomuna questi tre Paesi del Sahel è vista con grande preoccupazione dalla stessa Unità Politica dei Paesi africani che si dicevano pronti a intervenire in Niger anche militarmente, per ristabilire la democrazia e liberare il Presidente tenuto in ostaggio dai golpisti. Tuttavia, la mediazione diplomatica adottata sembra la più saggia e prudente.Questa situazione di disordine politico e di violenza nella regione sub-Sahariana, non può che favorire l’avanzata del terrorismo. Le conseguenze drammatiche sull’economia del Burkina sono una realtà. Una  grave crisi alimentare sta colpendo le popolazioni a tutti i livelli.Il Capitano Ibrahim Traore, alla testa del  governo provvisorio dal 30 settembre 2022, gode di grande consenso popolare; egli ha fatto, della liberazione dei territori occupati, nel martoriato Nord del Paese, una priorità. Ma la sua posizione rimane molto fragile causa dissenso interno tra il corpo militare stesso. Sembra sia stato sventato proprio in questi giorni, il 28 settembre, un tentativo di destabilizzazione del Paese da quanto riportano i media locali tanto che sono stati arrestati 4 ufficiali sospettati di complotto.   Le testimonianzeNumerose sono le testimonianze sugli attacchi che raccogliamo direttamente dai “nostri” giovani, alcuni sott’ufficiali  impegnati “sul fronte ” – se così si può chiamare – nel recupero dei territori occupati, e  con i quali siamo in contatto permanente e da persone risorse qualificate con le quali operiamo.   “Sono vivo! Grazie a Dio!” ci informa I. (usiamo l’iniziale per non mettere in pericolo i nostri interlocutori): vittime di questo attacco sono stati 53 giovani militari. È successo il 5 settembre scorso, mentre i soldati stavano riaccompagnando le popolazioni nel loro villaggio, Koumbri, dopo essere state costrette ad abbandonarlo durante questi ultimi anni. Esprimendo l’estremo saluto ad un coetaneo ucciso, I. così si esprimeva: “… o ti vendicherò o ti raggiungerò”… Questi ragazzi, sul fronte, non sono risparmiati dallo scoraggiamento e dall’angoscia. Non si vede la fine del tunnel. “Sembra si vada di male in peggio”, scriveva L.In un attacco precedente, un convoglio è stato attaccato, a Goskinde,  le vittime sono state 35 di cui 31 militari. Ci racconta R., studentessa UNI, come sono andate le cose nel suo villaggio, Ouakara (diocesi di Dedougou): “Sono arrivati verso le 15.00, il giorno di Pentecoste. Hanno incominciato ad uccidere la gente, a sgozzarla, a bruciare le persone. Partendo hanno dato l’ultimatum ai sopravvissuti: tre giorni per abbandonare il villaggio…La Chiesa è chiusa, bruciati i veicoli dei sacerdoti…”.  Ouakara è il villaggio del defunto Vescovo precedente e dell’attuale direttore del Seminario Minore San Paolo ma anche di tanti sacerdoti che ben conosciamo. Questo attacco ha colto tutti di sorpresa perché il villaggio si trova sull’asse  Dedougou – Bobo, a 70 soli chilometri da Dedougou.  Quante le vittime? Non si sa. Nessuno è intervenuto. Ufficialmente non si è detto niente.Pochi giorni fa, il 29 settembre, è stato attaccato un convoglio proveniente da Nouna e diretto a Dedougou. La testimonianza  di Sr C. “Tre mini che hanno lasciato Nouna verso le 14.00 diretti a Dedougou. All’entrata di Bourasso, abbiamo sentito degli spari e ci siamo allontanati. A Biron, altri spari più intensi di prima che hanno colpito le ruote dei veicoli. Bisognava uscire sotto le pallottole e trovare riparo. Ad ogni modo, non sono stata ferita, non ci sono state vittime. Gloria a Dio”.  Sul territorio della diocesi di Nouna si verificano ripetuti atti di vandalismo sulla rete elettrica. Dopo più di un mese al buio, solo pochi giorni dopo la riparazione gli abitanti sono attualmente di nuovo privi di elettricità. Si calcolano a oltre 2 500 000 gli sfollati interni che hanno dovuto abbandonare i loro villaggi e le loro terre a questi si aggiungono le migliaia di profughi che fuggono dal vicino Mali e che affollano zone di per sé già molto povere. La produzione agricola nelle zone controllate dai terroristi è azzerata poiché nessun agricoltore può azzardarsi ad andare a coltivare nel suo campo perché viene ucciso… L’agricoltura costituisce ancora oggi l’ambito in cui la maggior parte della popolazione ricava la propria (magra) sussistenza.Migliaia le scuole chiuse, centinaia di migliaia di bambini e ragazzi penalizzati nel loro percorso educativo, migliaia di insegnanti senza lavoro. Le ONG impegnate in programmi di sviluppo o umanitari hanno dovuto abbandonarli e andarsene altrove aumentando la disoccupazione.L’impegno di Gorizia continua…L’impegno missionario della diocesi di Gorizia con la Chiesa Famiglia di Dio burkinabe nelle diocesi di Nouna e di Dédougou continua. È stato approvato in questi giorni il preventivo del progetto “Un sorriso per il futuro” per l’Anno pastorale e accademico 2023-2024 che continua ad essere seguito a distanza.Ricordiamo che l’intervento riguarda principalmente il sostegno a Istituzioni scolastiche, all’educazione e formazione di ragazzi e ragazze e studenti universitari – poveri e meritevoli – con borse di studio: a tutto ciò si aggiunge l’aiuto logistico a Centri femminili e a tre orfanotrofi.  Nouna rimane la città più colpita e isolata, circondata da “villaggi fantasma”. Recentemente è stata organizzata una linea aerea umanitaria che lega Nouna a Dedougou e alla Capitale, funzionante una volta alla settimana. Diverse parrocchie della diocesi sono chiuse e tanti sacerdoti hanno dovuto fuggire e abbandonare ogni cosa. In occasione della recente visita del Capo della Gendarmeria Nazionale è stata fatta la promessa di dotare Nouna di un campo militare per garantire la sicurezza della popolazione. Nella diocesi di Dedougou le parrocchie chiuse sono ancora più numerose: Kiembara, Nyassan, Zaba, Ouakara… ma ci sono sempre più villaggi fantasma. In entrambi  i casi sono i fedeli e coraggiosi catechisti a portare avanti l’evangelizzazione, il catecumenato,  la liturgia senza sacerdote, ad animare le cerimonie funebri. Sono persone a rischio. Al Seminario Minore San Paolo, quest’anno scolastico sono entrati 45 ragazzi provenienti dalle due diocesi.Il Direttore del Seminario ci aveva segnalato che a conclusione dell’anno scolastico 2022 -2023 sono 28 ragazzi le cui famiglie non hanno potuto onorare la retta: diversi di loro provengono da villaggi che hanno dovuto essere abbandonati.Il Direttore diocesano dell’insegnamento cattolico di Dedougou, dal canto suo ci aggiorna sulla situazione : “… una grande preoccupazione è la mensa scolastica nelle scuole elementari con i numerosi sfollati interni, è urgente acquistare viveri per far funzionare le mense scolastiche. Numerosi alunni non hanno accesso ad una alimentazione quotidiana.Stiamo restaurando la scuola elementare H. Feder, per accogliere il massimo di alunni. Abbiamo bisogno di tavoli, banchi e materiale scolastico…”. A Dedougou, a luglio, sono stati ordinati 5 sacerdoti mentre Nouna avrà due diaconi per l’anno prossimo. Visto il contesto di violenza e di innumerevoli feriti, il bisogno di sangue rimane sempre urgente. Il Direttore del liceo San Gabriele ci ha informato, con documentazione fotografica, che 94 studenti si sono fatti donatori volontari di sangue e tutte le classi hanno partecipato ad una formazione in pronto soccorso.  Cosa dire? In questa situazione così caotica e dolorosa ci sono segni di speranza e di grande solidarietà umanitaria.Per dare ai ragazzi sfollati la possibilità di continuare la scuola non sono rari i casi di persone che mettono a disposizione le loro “seconde case” per ospitare un’aula. “Siamo in Africa! È la solidarietà africana; la situazione è difficile ma ci si aiuta come si può”.Tra i villaggi liberati nel Nord del Paese ci sono Seytenga, Solhan, Falangoutou…          Note di ottimismo di un sacerdote: “(I terroristi) si stanno indebolendo. La liberazione dei territori occupati prosegue lentamente ma con buoni risultati. Non dico tra uno, ma tra due anni ce la faremo a liberare il Paese…”.Da un giovane sott’ufficiale: “La vittoria è vicina”.La vita continua, e la speranza non muore. Il Progetto “Un Sorriso per il Futuro” continua a portare i suoi frutti: Angèle si è guadagnata il Diploma di Maestra di scuola elementare, Isaia quello di Maestro per l’Educazione all’Infanzia, André avrà la laurea in Chirurgia a febbraio e Aristide in Farmacia mentre Pascal rientrerà dalla Thailandia con il suo Master in Economia a gennaio e Clarisse è in attesa dell’integrazione alla funzione pubblica come Ostetrica e Lucie come infermiera professionale… Continuiamo ad accompagnare il cammino di 30 “piccoli seminaristi” e di 10 chierici… Ringraziamo anche a nome delle Istituzioni aiutate, dei giovani ragazze e ragazzi beneficiati in Burkina Faso: la diocesi di Gorizia, il Centro Missionario, i gruppi parrocchiali Missionari, benefattori e amici che hanno saputo prestare ascolto al grido dei senza voce.