Cercare insieme una piattaforma di valori e stili di vita condivisi

Domenica 15 ottobre, nell’ambito della giornata conclusiva del Festival del coraggio, alla Casa della musica di Cervignano, si è svolto l’incontro “Il coraggio dell’etica”, a cura dalla Parrocchia San Michele Arcangelo.
Il relatore Luca Grion, docente di filosofia morale all’Università di Udine e direttore dell’Istituto Maritain, è stato interpellato dal giornalista Andrea Doncovio su molti interrogativi aperti del nostro tempo, di fronte a un pubblico numeroso e coinvolto.
Il confronto ha preso l’avvio dalla domanda se sia ancora possibile parlare di verità in ambito etico in un contesto storico in cui la morale, in nome dell’autonomia del soggetto, viene ritenuta una questione strettamente personale.
Secondo il prof. Grion, più che discutere di una possibilità in astratto, è necessario nel concreto della vita aprire spazi pubblici di confronto per cercare insieme una piattaforma di valori e stili di vita condivisi, come già è avvenuto in alcuni contesti con i Patti di comunità.
La cultura contemporanea ha accentuato l’autonomia individuale a scapito dei legami comunitari, percepiti come vincoli piuttosto che risorse.
Ma, senza legami, senza condivisione di un ethos comune, la società si disgrega, evidenziando fenomeni di disagio individuale e collettivo che creano allarme sociale.
Questa necessità di trovare un difficile accordo su temi oggi molto dibattuti ha costituito lo sfondo integratore di una serie di questioni relative all’etica applicata nei campi delle nuove tecnologie, dello sport, dell’educazione, del lavoro.
Fra gli estremi opposti della demonizzazione di ciò che appare nuovo e pericoloso, da un lato, e l’entusiasmo acritico, dall’altro, si tratta di trovare insieme la via che favorisca la fioritura dell’umano, il che comporta anche la condivisione di regole, come ben dimostra l’esperienza dello sport con intenzionalità educativa, dove si possono apprendere sul campo i valori dell’amicizia, della lealtà, della fatica e della rinuncia a una soddisfazione immediata per perseguire una meta.
Allo stesso modo vanno definite insieme regole educative sull’utilizzo del digitale, dall’età di primo accesso alla rinuncia al cellulare durante le ore di lezione, per recuperare una capacità di concentrazione orami evaporata nell’ambiente dispersivo in cui siamo immersi.
L’apprendimento della tolleranza alla frustrazione, la rinuncia al piacere immediato fanno parte di ogni cammino di sviluppo della personalità, contemplando anche l’acquisizione di consapevolezza sui limiti propri e della realtà, con il superamento dell’onnipotenza infantile.
Per un’educazione alle tecnologie, nella loro costitutiva ambivalenza, servono comportamenti coerenti da parte degli adulti, spesso dipendenti dagli smartphone quanto o più dei ragazzi, serve un’alleanza con la scuola, perché le singole famiglie hanno grandi difficoltà a imporre ai figli regole diverse da quelle dei compagni.
Anche nel mondo del lavoro, rispetto al quale emerge spesso il timore della disoccupazione tecnologica con i robot e l’intelligenza artificiale percepiti come concorrenti del soggetto umano, l’innovazione tecnologica potrebbe avere, come in parte già avvenuto, un effetto positivo. Nel testo biblico emergono due diverse visioni del lavoro, da una parte fatica e sudore, dall’altra custodia del creato e cooperazione creativa all’opera di Dio.
Il progresso tecnologico può limitare gli ambiti di lavoro più faticosi e privi di senso vitale per lasciare spazio ad aspetti relazionali, di cura, di creatività in cui si gioca il fattore umano.
Come ha ribadito il prof. Grion, non ci sono ricette né certezze aprioristiche, ma la ricerca comune nella volontà di dialogo fra persone che spesso partono da presupposti diversi per trovare insieme soluzioni da verificare continuamente nell’esperienza quotidiana, riscoprendo la necessità e la forza dei legami comunitari.

Gabriella Burba