Profughi: una ridistribuzione più equa
16 Settembre 2015
I 2508 profughi oggi presenti in FVG sono così ripartiti nei Comuni: 87 Duino-Auriusina, 670 Trieste, 525 Gorizia e alto isontino, 15 basso isontino (esclusi i 275 del CARA di Gradisca), 27 Alto Friuli, 37 Carnia, 0 San Daniele, 114 Tarcentino, 21 Cividalese (dove però ci sono anche120 minori, non conteggiati in quanto come tali ricevono automaticamente asilo politico), 0 Codroipese, 578 Udine e hinterland, 90 Cervignanese, 25 Latisanese, 69 Sacilese, 20 Sanvitese, 20 Azzano X, 35 Maniaghese, 175 Pordenonese, 0 Muggia.Numeri che però dovranno essere rivisti in base alla percentuale della popolazione e che, se traguardati a una stima finale più prudenziale che potrebbe assestarsi sulle 3.000 presenze, imporrà comunque una più equa distribuzione, in quanto oggi ci sono Comuni in sofferenza, Gorizia su tutti, mentre in altri non vi è traccia di presenze.Il dato confortante – così l’assessore Torrenti – è che la maggior parte di coloro che oggi è in regione non ha un progetto di permanenza quindi, anche se dovessero aumentare gli ingressi, si potrebbe anche non arrivare a questi numeri.Sui centri dove vengono indirizzati, a Udine si continuerà con la caserma Cavarzerani (prevista la sua ristrutturazione in due lotti, 150 e 300mila euro per una capienza finale di 250 posti letto), a Pordenone la caserma Monti (ristrutturazione che, a seconda di cosa si vorrà fare, partirà da 400mila euro). Nel goriziano si stanno facendo alcuni ragionamenti, a Trieste la situazione si può considerare tamponata. Ci sono altri luoghi che potrebbero essere presi in considerazione, ma al momento si sta valutando ogni singola opzione.Il CARA di Gradisca fa storia a sé perché la sua gestione, stando a quanto stabilito dall’attuale normativa, porta a un disequilibrio, nel senso che gli ospiti possono uscire dalla struttura, ma nessun altro vi può entrare. Ciò crea notevoli difficoltà perché è difficile conoscere cosa vi accade dentro.Bisognerà assolutamente rendere permeabile questa struttura.Vi sono poi i progetti dei Comuni per impiegare i profughi in lavori socialmente utili, progetti finanziati da 7.500 a 15.000 euro. Sono attualmente 20 i principali, più alcuni sottoprogetti, coinvolgono 250 persone con l’obiettivo di arrivare a 700 e fine anno. L’accoglienza, non va dimenticato, ha creato 500 nuovi posti di lavoro, anche se a tempo determinato, specialmente nelle zone più disagiate.Capitolo Commissione territoriale di Gorizia: dava una risposta alle domande dell’intero Triveneto, ma da febbraio scorso, con l’apertura di un’analoga Commissione in Veneto, sono state trasferite lì 1950 delle 3000 pratiche. Così Gorizia, che lavora 50 ore alla settimana, anche grazie alla maggior facilità di identificazione dei profughi dalle terre di provenienza (come si diceva, afghani e di etnia pashtun) è passata a evadere da 8 a 14/15 pratiche al giorno, riducendo i tempi di attesa da un anno e mezzo a 4/5 mesi. Attualmente ci sono da evadere 1200 pratiche.In queste ultime settimane sono diminuiti gli arrivi a Udine e sono aumentati a Trieste e a Gorizia, tendenza spiegata con il mutare delle rotte via terra, principalmente afghani e di etnia pashtun; pochissimi i siriani, da contare sulle dita di una mano.I respingimenti sono in Italia nell’ordine del 40%, in Friuli Venezia Giulia del 30% perché la percentuale di riconoscimento è del 70%.Ultimo aspetto trattato da Torrenti, quello sanitario: la criticità è estremamente bassa. Da eliminare una volta per tutte la polemica sulla scabbia, facilmente risolvibile una volta accertata all’arrivo e che non può pertanto essere considerata un’emergenza. Il problema vero è che oggi sempre meno gente si vaccina, così non solo i profughi, ma anche chi rientra da un viaggio in determinate zone del Mondo vede aumentato il rischio di contrarre e di portare malattie infettive o considerate superate nei Paesi Occidentali.
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