Serietà, solidarietà e serenità di studio

sono già trascorsi cinque anni [16 ottobre 2010] da quando monsignor Luigi Pontel [classe 1925, avrebbe compiuto novant’anni il 26 ottobre] è tornato alla Casa del Padre.Il “Mitico Preside” rimane sempre nei cuori dei suoi amati studenti e di tutti coloro i quali hanno avuto la fortuna di conoscere questo grande uomo, sacerdote e maestro. “Serietà, solidarietà e serenità di studio” questo era il motto di don Gigi, come lo avevamo ribattezzato noi studenti più o meno volenterosi!Statura bassa, passi piccoli, veloci e un po’ incerti, carattere gioioso e bonario, sorriso rassicurante. Così lo ricordo e lo vedo ancora camminare in lungo e in largo nei corridoi del suo liceo “Paolino d’Aquileia”, scuola alla quale aveva dedicato gli ultimi 25 anni della sua vita.Quando Padre Antonio Vitale Bommarco, Arcivescovo metropolita di Gorizia, gli propose la grande impresa lui, come per sua stessa ammissione, accettò “senza riflettere ma con tutta la forza, la voglia e la curiosità di un bambino”! E don Luigi era un bambino nel cuore, era rimasto giovane, anche grazie alla sua intelligenza raffinatissima e brillante, unita a una genialità sorprendente, peculiarità che lo hanno contraddistinto per tutti i lunghi anni di insegnamento e durante la complessa presidenza della scuola.Nei maestosi corridoi teresiani del liceo non c’era giorno che non si sentisse rombare la sua potente voce attraverso l’altoparlante “Attenzione, attenzione, qui presidenza!” o con il suo classico “Be – ne! Bra – vi! Stu – dia – re!” in entrata, e “A – Ca – sa! Fi – la – te!” all’uscita, uniti a un’energica pacca sulla spalla che risvegliava dal torpore anche i ragazzi più svogliati.Sempre entusiasta della vita e di tutti noi, sempre desideroso di nuove avventure, di nuovi progetti, di vederci cittadini attivi e consapevoli di un’Europa, non ancora così unita, erano infatti i primi anni Novanta! Fondò il Liceo Linguistico nel 1981 e inventò nel 1994 il Liceo Linguistico Europeo a due indirizzi, giuridico economico e linguistico moderno con una materia insegnata dalla terza classe superiore in lingua inglese; era una novità epocale ma lui era sempre pronto alle sfide, anche a quelle impossibili.Chi di noi non lo ricorda piangere per l’improvvisa scomparsa di un suo giovane studente al quale mancava solo l’esame di maturità, chi non lo rivede in estasi, nel 1997, per l’arrivo nella nostra scuola di Sua Santità il Dalai Lama, o sorridente e felice attorniato dai suoi giovani discenti (così sempre ci chiamava) nell’emiciclo del Parlamento Europeo dove ci fece toccare con mano cosa significava essere cittadini europei (aprile 1998).Negli anni non mancavano mai gli scambi con ragazzi di altri stati d’Europa e i progetti di carattere internazionale erano un fiore all’occhiello della scuola, ricordo fra tutti “Il giardino di parole”, nel cortile teresiano del “Paolino”, dove si passeggiava tra i fiori e le lingue del mondo!Uomo piccolo, ma forte e dalle mille risorse, non si arrendeva mai e non cedeva davanti alle difficoltà: come dimenticare quando disse alla polizia stradale, che lo aveva fermato, di essere il segretario del vescovo in grave ritardo e per questa ragione aveva superato di 70 chilometri all’ora il limite di velocità (6 mesi di sospensione della patente), oppure quando ritornò a scuola dopo una complicata operazione e raccontò a tutti che aveva tenuto una lectio magistralis su Immanuel Kant al primario proprio in sala operatoria, non senza scatenare le risa di studenti e professori.Poi, il pensiero vola alle tante ore passate insieme a parlare di Hegel, Heidegger, degli aforismi di Schopenhauer, delle liriche di Ungaretti e di come, nel 1966, lo aveva conosciuto durante i “giorni goriziani” del grande poeta.Ci raccontava della sua vocazione, di sua mamma e degli anni di seminario, del celibato ecclesiastico, di Grado, della basilica di Santa Eufemia e del famoso canto “Madonnina del mare”, di quanto sia difficile confessare e ancora più difficile ascoltare chi è in grande difficoltà; a tutti noi pareva impossibile che quel sacerdote così piccolo di statura, così anziano rispetto a noi ragazzi, avesse sempre voglia di insegnare, di raccontare, di ridere, avesse ogni giorno tante cose da fare e tutte sostenute da una grinta invidiabile.Era un piacere ascoltarlo mentre parlava della sua straordinaria vita: come l’incontro a Parigi, in quei lontani anni Cinquanta, con Jean Paul Sartre per discutere dell’”umanismo” ateo e dell’esistenzialismo, o la famosa lettera autografa di “monsieur Fanfanì” indirizzata a Pierre Eugène Jean Pflimlin, primo ministro democristiano francese, che gli aprì le porte dell’Eliseo.Il ritorno a casa da Parigi era un altro racconto che aveva dell’incredibile e che noi amavamo ascoltare mille volte: la fermata a Milano per un improvviso sciopero dei treni, l’unico abito addosso era la veste talare senza alcun ricambio, in tasca centomila lire dategli da Sartre per i suoi studi e infine Maria Callas che si esibiva alla “Scala”. Naturalmente don Gigi spese tutti i soldi per l’unico posto in platea rimasto e la notte dormì sopra una gelida panchina della stazione.I ricordi sono tanti e tutti positivi, non si poteva che sorridere con monsignor Pontel quando entrava di soppiatto nelle classi con il classico motto “Oggi e domani viva Fanfani!” o declamando tutto d’un fiato in latino “Tytirae tu patulè recubans sub tegmine fagi”; chi, tra i suoi studenti, non ha sentito almeno una volta raccontare di “Tarquasso Tatto e la sua Gerusalata Liberemme”, del tanto più famoso “Qui cova ci gatta!” o quando si chiedeva, sempre scherzosamente, ma con voce tonante e solenne “come mai quella notte tutte le vacche fossero nere e non invece i mufloni?”.Devo citare in questo ricordo le tante battaglie politiche combattute in decenni di militanza attiva, una fra tutte contro l’orario prolungato delle scuole elementari al pomeriggio in quanto “i bambini devono giocare e non stare e a scuola”!Don Luigi aveva le idee chiare e amava la vera politica, quella al servizio del cittadino, come ci diceva sempre, citando il beato Papa Paolo VI: “la politica è la più grande forma di Carità!”.Era un uomo di cultura formidabile, sapeva a memoria un’infinità di passi di Cesare, Virgilio, Cicerone, Tacito, Seneca, Dante, Petrarca, Foscolo e Leopardi e non è un segreto la sua passione per i libri antichi, gli incunaboli e le tante cinquecentine che aveva preservato e accuratamente salvaguardato nella Biblioteca del Seminario Teologico Centrale di Gorizia.Sicuramente non c’è nessuno dei suoi alunni e nessun gradese che non abbia ancora in mente una delle tante e celebri omelie nelle quali metteva in relazione San Paolo, Proust, Kant e Platone con una tale naturalezza che parevano tutti scrittori sacri, piuttosto che filosofi.Era una persona limpida, generosa, un grande uomo di studio e di fede che passava con estrema disinvoltura dalla storia, alla letteratura, al latino fino alla fisica e alla matematica per giungere sempre alla filosofia; era un sacerdote d’altri tempi, ma soprattutto era un uomo onesto, probo, leale e felice di vivere che riempiva chi lo circondava di un’energia positiva e spronava ognuno di noi a fare bene, con gusto e passione.Sapendo che il suo “Paolino” probabilmente non riuscirà ancora per molto a portare avanti il percorso da lui avviato tanti anni fa risponderebbe con un suo celebre “Avanti Savoia e tutti i Savoiardi!” cercando di sdrammatizzare ma trovando sempre una soluzione possibile, poiché don Pontel credeva in ciò che faceva! Questa è la sua più grande eredità!Grazie per ciò che ci hai insegnato, don Gigi.