Il costo delle libertà
È innegabile che nell’ultimo cinquantennio, complici anche le spinte dei movimenti degli anni sessanta e settanta, i diritti umani abbiano fatto passi da gigante: nel 1981 è stato abolito il delitto d’onore, nel 1996 lo stupro veniva rubricato non più come delitto contro la morale pubblica ma contro la persona, nel 2021 introdotto il contrasto […]
15 Dicembre 2023
È innegabile che nell’ultimo cinquantennio, complici anche le spinte dei movimenti degli anni sessanta e settanta, i diritti umani abbiano fatto passi da gigante: nel 1981 è stato abolito il delitto d’onore, nel 1996 lo stupro veniva rubricato non più come delitto contro la morale pubblica ma contro la persona, nel 2021 introdotto il contrasto alla “vittimizzazione secondaria” (la lotta contro fenomeni ritorsivi) e la tutela dei lavoratori già quando candidati, per non parlare delle unioni civili, la collegata crescita delle dignità sociali, la presa di posizione contro il razzismo, l’introduzione del divorzio e tanto altro ancora.
Fra queste libertà, una crescita specifica l’hanno avuta le libertà individuali spesso a scapito di quelle collettive e così concetti come la ricerca della singola e personale felicità sono diventati assolutamente naturali, alternativi e contemporanei a realizzazioni più tradizionali come quelle familiari e comunitarie.
Ne sono derivate tante conseguenze come, ad esempio ed in ordine sparso, il calo dei matrimoni e l’aumento di nuclei monogenitoriali, separazioni, case sempre più piccole e con sempre meno figli e l’affermarsi anche di nuovi trend marketing come il “child free” dove ristoratori e albergatori si fanno concorrenza a colpi di offerte con esclusioni dei bambini.
Se dal canto etico-normativo tutto ciò è da considerarsi una grande innovazione rispetto al passato, poco invero ci si è chiesto su quale sia il costo, sociale e individuale, di queste libertà.
In altre parole, le libertà acquisite hanno portato solo effetti positivi o esercitate, poi, hanno deluso o ingannevolmente incantato portando con sé altri problemi (e anche più gravi) collaterali?
Sono di questi giorni articoli, riproposti da moltissimi media, che informano che in Italia, ogni anno, duecento mariti separati si uccidono per miseria o disperazione, ma anche, a sorpresa, che c’è una correlazione fra l’emancipazione femminile e i femminicidi e che, a proposito degli anziani, la depressione ne colpisce uno su sette a causa della solitudine.
Possiamo considerare questi dati come parte del prezzo pagato?
Invero le libertà acquisite non sono certo ritrattabili ma pare altrettanto doveroso contestualizzarle sia con una diffusa e più precisa informazione sia con la necessità di accompagnarle meglio perché non costino poi una sofferenza paradossalmente maggiore della causa che promettevano di interrompere.
Con uno sguardo d’insieme poi, perché quelle individuali non sono binari morti ma si innestano nella vita di una comunità in maniera complementare e correlata e dove non necessariamente la supremazia dell’”io” va nella stessa direzione del bene comune.
C’è un caso a tal riguardo molto esemplificativo che risale ai lavori della Costituente del ’46 dove, i Legislatori lavoravano, tra le altre, per porre le basi della futura parità di genere. Voce unanime fu che, per riconoscerne diritto al lavoro, le donne dovevano garantire che si sarebbero comunque occupate della cura familiare.
Di fatto due lavori a fronte della possibilità di quello fuori casa. Nonostante il cambio fosse evidentemente disequilibrato, le poche donne presenti accettarono (e così prevede tutt’ora l’articolo 37 della Costituzione) intendendo preminente acquisire una inedita libertà che non valutarne di fatto la sua soddisfacente praticabilità.
Sono passati oltre 70 anni da allora e in questo lungo periodo di tempo si sono strutturate le conseguenze negative di quella miopia (mai corretta tra l’altro) sia sul lavoro individuale femminile (oggi il 66% delle donne è costretta a lasciare il proprio lavoro dopo il primo figlio subissata dal peso della conciliazione casa lavoro) che sulla dimensione collettiva (il crollo delle nascite per assenza di un welfare al passo con la loro emancipazione).
Il costo delle libertà, appunto, che se non preventivato con lucida previsione si riduce solo a una momentanea panacea.
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