Comunità Sacerdotale: si chiude un capitolo ma la storia continua

Il 5 gennaio 1996, l’arcivescovo padre Antonio Vitale Bommarco presiedeva la cerimonia di benedizione ed inaugurazione della nuova Casa del Clero ricavata dalla ristrutturazione della preesistente “Casa dello Studente”, in via Seminario 13.
Padre Bommarco si era impegnato in prima persona per la realizzazione di quella che venne chiamata ufficialmente “Comunità sacerdotale” e intitolata ai Santi Ermagora e Fortunato: l’obiettivo dichiarato era di poter assicurare un’accoglienza per i sacerdoti della diocesi bisognosi di attenzioni particolari per età o per situazioni contingenti legate al sorgere di specifiche patologie.
Per oltre 27 anni la struttura è sempre rimasta fedele a questo compito garantendo senza interruzione un’accoglienza ed un’assistenza capaci di rispondere nel modo migliore e più completo alle esigenze ed alle necessità dei sacerdoti ospitati. L’intuizione “vincente” era quella di non istituire una Casa di Riposo o una RSA ma di realizzare una “Casa canonica allargata” che permettesse una convivenza sacerdotale nella quale venivano assicurati alcuni servizi comuni (dalla preparazione dei pasti al servizio lavanderia, alla presenza di personale qualificato 24 ore al giorno per 365 giorni l’anno).
Sono stati davvero tanti i sacerdoti accolti nel corso degli anni e la presenza, accanto a chi aveva cessato un servizio pastorale diretto ed attivo, di confratelli ancora impegnati nelle parrocchie e i seminaristi dell’anno propedeutico, ha permesso davvero di creare una “fraternità sacerdotale”. Merito di tutto questo va riconosciuto, in primo luogo, ai direttori della Comunità che si sono succeduti in questi quasi 6 lustri: don Nino Comar per quasi un ventennio e, negli ultimi anni, il diacono Renato Nucera.
Negli ultimi anni, la diminuzione progressiva del numero dei sacerdoti diocesani, il mutamento delle necessità assistenziali (sempre più improntate alla cronicità e necessitanti quindi di interventi riabilitativi personalizzati) con conseguente aumento del numero dei dipendenti necessari (giunti a fine 2022 a 8 unità), ha comportato un aumento esponenziale dei costi ma ha fatto anche prendere coscienza della necessità di una presenza diversa e maggiormente specializzata tanto dal punto di vista medico quanto assistenziale. Mantenere aperta la Comunità sacerdotale avrebbe rischiato di non rispondere alle esigenze assistenziali dei sacerdoti anziani e bisognosi di cure se non a fronte di interventi economicamente insostenibili.
Per l’Arcidiocesi, come messo in evidenza e condiviso nelle varie sedi (Consiglio Presbiterale, Collegio dei Consultori, Consiglio Affari Economici), il principale obiettivo deve essere quello di proseguire con un’attenzione specifica – e pienamente qualificata – per le esigenze assistenziali dei sacerdoti anziani e bisognosi di cure.
Dopo una serie di contatti con la Provincia Lombardo veneta dei “Fatebenefratelli” è stata prospettata l’ipotesi di un’accoglienza dei sacerdoti già presenti in Comunità presso i locali di Villa San Giusto, in Corso Italia a Gorizia.
Villa San Giusto è una residenza per anziani e adulti non autosufficienti o fragili che può contare su 200 posti letto autorizzati e convenzionati con il Servizio Sanitario regionale: l’attività di assistenza si realizza in quattro reparti di degenza.
Si è proceduto quindi a sottoscrivere una specifica convenzione fra l’Arcidiocesi e “Villa San Giusto” in modo da permettere ai sacerdoti un servizio adeguato dal punto di vista medico, infermieristico e fisioterapico, garantendo un’attenzione ed un accompagnamento particolare per i sacerdoti considerato che si tratta di un’istituzione religiosa che vede al suo interno anche una presenza di religiosi (gli Ospedalieri di San Giovanni di Dio conosciuti come “Fatebenefratelli”) e religiose (le Suore di Carità di San Vincenzo de’ Paoli).
La cura e l’attenzione che a suo tempo l’Arcidiocesi di Gorizia ha attuato nei confronti dei sacerdoti anziani e bisognosi con la Comunità Sacerdotale, si concretizza attualmente con l’assistenza a “Villa San Giusto”, nella quale si possono trovare cure e interventi assistenziali al massimo livello possibile.
Nel frattempo si è provveduto alla cessazione del rapporto di lavoro con i dipendenti: ad essi erano state prospettate già a suo tempo altre possibilità di impiego ma hanno preferito procedere autonomamente.
I primi trasferimenti a Villa San Giusto dalla Comunità sono stati realizzati nel mese di settembre (in accordo con i familiari dei sacerdoti) ed oggi vi risiedono monsignor Pietro Sambo e monsignor Adelchi Cabass. A don Sergio Ambrosi e don Dario Franco, anche loro residenti fino alla fine di ottobre in Comunità, è stato invece messo a disposizione un appartamento rimodernato nella residenza di Corte Sant’Ilario.
Ancora una volta si è dimostrata davvero indispensabile la disponibilità dell’Unitalsi diocesana che con i propri mezzi ed il proprio personale ha facilitato in ogni modo le varie fasi del passaggio fra le due strutture.