Come custodire il Creato?
17 Gennaio 2024
Custodire il creato. Parole tanto facili da dire quanto negate nei fatti da una umanità guidata da consumismo e voglia di profitto a tutti i costi. È possibile avere un rapporto corretto con ’la terra’? Per esplorare questi temi, in vista della Settimane Sociali dei cattolici in Italia che si svolgeranno a Trieste dal 3 al 7 luglio prossimi, l’ufficio diocesano della Pastorale sociale e del Lavoro diretto da fra Roberto Benvenuto, ha organizzato lo scorso 10 gennaio un incontro nella sede della “Azienda agricola Castelvecchio” di Sagrado. Come ha ribadito fra Roberto, in un luogo dove questi temi si vivono.
Non una conferenza, ma una ’narrazione’ per leggere tre esperienze di rapporto tra l’azione umana e la terra nella quale questa azione ha il suo svolgimento.
Mirella Terraneo, dell’azienda ospitante, Raffaella Komjanc della Società Agricola Komjanc di San Floriano del Collio e Davide Samsa della Fattoria Sociale – Parco Rurale “Alture di Polazzo”, sono stati stimolati dalle domande e dalle riflessioni di don Renzo Beghini, presidente della Fondazione G. Toniolo di Verona.
La narrazione ha una premessa: c’è nelle persone l’amore per la terra che deriva dall’averla vissuta come fonte del sostentamento della famiglia di origine in tempi difficili; dal sentirla come sintesi della millenaria storia di un luogo nel quale ciò che matura oggi è frutto di un lungo processo da rispettare e valorizzare; dalla continuità e dal progredire dell’esperienza di una famiglia che per secoli ha vissuto la pastorizia sui monti e sul Carso. Accanto a queste esperienze, le parole di Papa Francesco hanno fatto da sfondo alla riflessione: “Siamo cresciuti pensando che eravamo suoi proprietari e dominatori, autorizzati a saccheggiarla”e la terra “protesta per il male che le provochiamo a causa dell’uso irresponsabile e dell’abuso dei beni che Dio ha posto il lei”. Quindi c’è un problema di cultura nel rapporto tra umanità e ambiente, terra su cui vive.
C’è qualcosa di sfasato, ha detto Raffaella Komjanc, “perché si è perso il senso del prestito”. Tutti lasceremo questo mondo e ad ognuno “è chiesto di custodire la terra… ci dimentichiamo che l’ambiente lo abbiamo ricevuto e dobbiamo poi passarlo ad altri”. Per questo, ha detto Raffaella Komjanc, ’lo stesso lavoro suppone l’amore per la terra’, il suo rispetto.
E c’è un ulteriore aspetto, sottolineato da Mirella Terraneo: bisogna capire e seguire la vocazione di una terra. Ci vuole una ’coscienza pulita’ che faccia emergere la consapevolezza della storia vissuta dalla terra con la quale ci si mette in rapporto con il proprio lavoro.
E bisogna stare attenti, lo ha accennato Davide Samsa, ad avere una vera coscienza ecologica, da non confondere con slogan e scelte puramente commerciali. La vera ecologia va di pari passo con la semplicità di chi vuole rapportarsi con la terra e sa godere della cose semplici. La natura aiuta a guarire e a ’stare bene’, ha rilevato l’esperienza di Samsa nella fattoria sociale, dove persone con diverse disabilità seguono progetti che portano verso l’obiettivo della maggiore autonomia possibile. Dunque è possibile una cultura diversa nel rapporto con ’la terra’, però, ha fatto notare don Renzo Beghini, bisogna affrontare anche il tema della sostenibilità economica di certe scelte. Gli ideali vanno bene, si sente dire spesso, ma poi bisogna confrontarsi sulla possibilità di far vivere le aziende in modo dignitoso. E’ un tema che ha molte sfaccettature e comunque, ha sottolineato Mirella Terraneo, chi opera nell’agricoltura non arricchisce in termini di denaro, diversamente da chi commercializza i prodotti. La cura per l’ambiente che viene coltivato è un bene sociale ed è per questo che il settore agricolo va aiutato dalle istituzioni pubbliche. In Friuli Venezia Giulia, ha notato, c’è attenzione su questo versante, ma le aziende devono anche affrontare le conseguenze di un cambiamento climatico che ormai spesso è origine di gravi danni alle coltivazioni. Se siamo ’custodi della terra’, ha ribadito Raffaella Komjanc, è chiaro che per avere la sostenibilità anche economica, a qualcosa si deve rinunciare, ed anche questa è questione di scelte, di cultura della vita, di educazione e di esperienza. Non ci si arricchisce, secondo i parametri del profitto e del consumismo, ma quando il lavoro sulla terra consente una vita dignitosa, il puntare ’sul di più’ rischia di rovinare la terra e questo non è un guadagno per nessuno.
Ci si prepara alle Settimane Sociali e don Renzo chiede quale è il rapporto di tutto questo mondo con la fede. Chi vive il rapporto con la terra sente che ’il lavoro continua la creazione” e la fede dà compimento alla fatica e aiuta a discernere nelle scelte da fare (Raffaella Komjanc); il mondo rurale ha da sempre un rapporto con la fede, anche se quotidianamente è messo in discussione (Davide Samsa); la fede è anche speranza, indispensabile per guardare al domani, per trovare confidenza con Dio avendo attenzione agli altri, sapendo ascoltare ciò che ci circonda (Mirella Terraneo).
Le tre ’narrazioni’ nella sala dell’azienda di Castelvecchio sono entrate nella vita di tre piccoli territori, di tre famiglie, ma sono specchio di esigenze e scelte che si riflettono su tutto il pianeta. Per questo, la conclusione di fra Roberto ha sottolineato i concetti che riverberano la loro importanza in un momento difficile proprio nel rapporto dell’umanità con l’ambiente: la terra la abbiamo in prestito; è un dono da trasmettere alle generazioni che seguono e la fede consegna un grande significato, dando compimento al lavoro delle persone.
Questo ciclo di preparazione alle Settimane Sociali 2024 continua con l’ultimo incontro in programma a Gorizia venerdì 9 febbraio, alle ore 18.00, nella sala del Palazzo De Bassa. Titolo significativo e stimolante per la presenza dei cattolici nella vita pubblica del nostro Paese: “Al cuore della democrazia – partecipare tra storia e futuro”. Interverranno mons. Michele Tomasi, vescovo di Treviso, e Marco Girardo direttore di Avvenire, quotidiano di ispirazione cattolica.
Guido Baggi
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