Cristianesimo e Islam: l’incontro necessario
6 Febbraio 2024
Islam e Cristianesimo hanno cominciato a scontrarsi molto presto, eppure sembra che abbiano appena cominciato ad incontrarsi.
È dal VII secolo d.C. che le lotte tra la cultura europeo-cristiana e quella arabo-musulmana continuano a segnare il volto dell’umanità con numerose cicatrici, ma siamo davvero sicuri che queste lotte siano il frutto di due religioni inconciliabili e non, piuttosto, il triste risultato di tradizioni secolari – ormai anchilosate – che hanno perso di vista il loro legame con i propri testi fondativi?
Su questa tesi si basa il libro “Cristianesimo e Islam, prove di dialogo per una reciproca comprensione” (Castelvecchi, 2024), scritto a quattro mani da Santi Grasso (biblista, professore e teologo dell’arcidiocesi di Gorizia) e Nader Akkad (ingegnere e imam della moschea di Roma).
I due autori hanno scelto di rintracciare ed approfondire i punti di contatto e gli aspetti condivisi delle due religioni non partendo dalla tradizione, estremamente frammentata e disunita, ma da un attento studio della Bibbia e del Corano: è infatti la Sacra Scrittura “il mezzo attraverso cui la Parola eterna diventa parola di Dio per l’uomo”, sia per i musulmani che per i cristiani.
Se a qualcuno questo potrebbe sembrare un approccio metodologico scontato, se non addirittura superato, ebbene non lo è proprio.
Basti pensare che la prima traduzione latina del Corano fu eseguita solo nel 1143 (cioè quasi cinquecento anni dopo la morte del profeta Muhammad) e fu voluta dall’abate Pietro di Cluny (1094-1156) solamente per poterne confutare gli innumerevoli errori.
Il mondo cristiano occidentale e quello musulmano per secoli si sono condannati vicendevolmente sulla base di favole calunniose, prive di qualsiasi fondamento scritturistico.
Certo, nella storia europea ci sono stati anche alcuni casi sporadici di grande apertura mentale, come quello di padre Lodovico Maracci di Lucca (1612-1700) che, nel presentare la prima traduzione italiana del Corano, lo definì: “quel Libro commentato e confutato da centinaia di eloquenti scrittori cristiani che l’hanno condannato soprattutto per ciò che non contiene”, ma la sua fu una goccia di pace in un deserto di conflitti e recriminazioni.
Il trend di stigmatizzare ciò che si ignora purtroppo continua ancora oggi, sia da parte cristiana che da parte musulmana, ma è proprio qui che si inserisce l’approccio di dialogo scelto dai due autori per instaurare una reciproca comprensione: rompere con lo stile passato del dialogo interreligioso, che verteva soprattutto sull’accentuazione delle differenze che dividono, e concentrarsi invece sull’individuazione delle similitudini che uniscono.
Nell’intento degli autori si respira lo stesso ardore che nel 2019 ha animato papa Francesco e il Grande Imam Ahmad al-Tayyib (nella foto a destra)a firmare la Dichiarazione di Abu Dhabi, ma vi si può rintracciare anche l’istanza profetica già lanciata dal Concilio Vaticano II che, nella dichiarazione Nostra Aetate, dichiara: “Se, nel corso dei secoli,
non pochi dissensi e inimicizie sono sorte tra cristiani e musulmani, il sacro Concilio esorta tutti a dimenticare il passato e a esercitare sinceramente la mutua comprensione, nonché a difendere e promuovere insieme per tutti gli uomini la giustizia sociale, i valori morali, la pace e la libertà.”
E se questo era valido negli anni ’60 del secolo scorso, oggi lo è ancor di più, poiché ci ritroviamo in un mondo interconnesso, in cui “è ormai all’ordine del giorno trovarsi con vicini di casa, colleghi, compagni di banco, perfino amici che non appartengono alla propria tradizione culturale e religiosa.”
Ebbene, continuano gli autori, “con questa impellenza esistenziale le due religioni che oggi sono le più contigue, non possono più ignorarsi o peggio ancora demonizzarsi a vicenda.”
Preme sottolineare, però, che l’intento del libro non è quello di invitare le persone di credi differenti a vivere in uno stato di imbelle sopportazione, ma di aprire i lettori alla “irrinunciabile constatazione che Yahwè e Allah sono lo stesso Dio” e che “non si può più pensare che le religioni che derivano da questo Dio siano tra di loro in antagonismo, perché altrimenti Dio stesso sarebbe contraddittorio.”
L’incontro tra Cristianesimo ed Islam, inoltre, può risultare estremamente proficuo poiché davanti alle nuove situazioni esistenziali dell’uomo post-moderno che sembra non aver più bisogno di Dio, l’incontro tra queste due ricchissime tradizioni può portare “all’elaborazione di nuove categorie per interpretare l’esperienza religiosa dell’uomo di oggi.”
I testi della Bibbia e del Corano vengono quindi interrogati dai due esperti su temi tanto comuni quanto universali e che suddividono il libro in capitoli: la meraviglia del mondo come opera intenzionale di un unico Creatore, il passaggio dall’idolatria politeista alla fede nell’unico e vero Dio con Abramo, la riscoperta della misericordia di Dio e del suo effetto trasformante sulla vita di ogni uomo, l’orizzonte non più inquietante della vita che si affaccia oltre la morte, l’accoglienza ed il bello della diversità e, per finire, la natura fragile dell’essere umano che, nel rapporto tra uomo e donna, scopre qualcosa di sé e del divino.
La lettura di questo testo si rivela preziosissima non solo per quanti vogliono dissipare le tenebre – sempre violente – dell’ignoranza approfondendo i legami tra Bibbia e Corano, ma anche per il suo effetto sulla vita del credente cristiano e musulmano.
Il confronto tra i due mondi fornito da Santi Grasso e Nader Akkad, infatti, ha l’esito meraviglioso di far ritornare il lettore al quid della creazione e dell’esistenza: poter prendere parte al progetto di Dio che, come una madre amorevole, sta creando una storia dove tutti possano essere salvati.
Matteo Marega
Notizie Correlate