Don Peteani, parroco tra Italia e Austria
30 Ottobre 2015
Tra le figure di rilievo che vissero a Cormons nel Novecento non si può non citare don Giuseppe Peteani, che resse la parrocchia del centro collinare dal 1900 al 1926. Un quarto di secolo importante per Cormòns attraversato da una guerra, dal passaggio dall’impero austro-ungarico al regno d’Italia, dalla nascita del fascismo. Don Peteani fu protagonista di quegli eventi epocali in qualità di parroco-decano, non certo per sua volontà: umile e discreto, mai protagonista, era alieno a comparire alle manifestazioni pubbliche, ma di animo buono e generoso era sempre accanto alla popolazione soprattutto negli anni non facili della guerra tanto da esserne largamente apprezzato e amato dalla sua gente.Di questo sacerdote, goriziano di nascita (1861), se ne è parlato in una conferenza tenutasi nella sala civica di Cormons dagli storici Ivan Portelli e Giovanni Battista Panzera. Nella stessa giornata, a cura della parrocchia c’è stato un momento di preghiera sulla sua tomba nel cimitero e una messa di suffragio nel santuario di Rosa Mistica. Una giornata, dunque, per ricordare don Peteani perché la sua memoria non vada perduta. E gli assenti alla serata hanno perso veramente un’occasione per riscoprire queste figure, sconosciute ai più, che sono state testimoni non solo dello scorrere degli avvenimenti ecclesiastici ma anche di quelli civili, come ha puntualmente annotato Giacomo Busilacchio in un incisivo intervento pubblicato sul Piccolo.Don Peteani ebbe il suo primo incarico pastorale nel 1884, appena ordinato sacerdote, quale cooperatore parrocchiale a Mossa. A Cormòns, che contava 6580 abitanti, giunse nel 1900 in un momento in cui il paese, che nel 1910 per decreto imperiale riceverà il titolo di città, stava vivendo un periodo di sviluppo economico e anche urbanistico. Nel 1903 vengono inaugurate le nuove scuole popolari, nello stesso anno fondata la Cassa rurale di Cormòns e piazza Cumano, oggi Libertà, si arricchisce della statua di Massimiliano I. Nel 1906 l’amministrazione comunale amplia l’allora piazza Locatelli (oggi 24 Maggio) che, dopo l’allargamento di Palazzo Locatelli per ospitare il Caffè Commercio, nel 1910 assumerà il suo assetto definitivo con la costruzione di Casa Colugnatti. Due anni prima viene inaugurato il teatro comunale e l’intera via (oggi via Sauro) avrà un nuovo assetto con la realizzazione del municipio. E’ nel 1908 si riattano degli edifici tra via Pozzetto e Cancelleria Vecchia per realizzare la caserma austriaca che ospiterà prima un battaglione del 47° imperiale regio reggimento sostituito nel 1913 dal 20° battaglioni cacciatori Feld Jager. Dell’ex caserma è rimasto solo in piedi l’edificio che attualmente ospita l’abitazione dei sacerdoti e l’ufficio parrocchiale e che per anni fu sede del ricreatorio.In questo periodo don Peteani fu un parroco molto impegnato anche nella vita sociale e amministrativa. Compagno di studi in seminario di monsignor Luigi Faidutti, ne sostenne la sua politica e il suo impegno a favore delle costituzioni di casse rurali e consorzi tra artigiani e tra contadini. Nel 1902 don Peteani venne eletto consigliere comunale nelle liste dei Cristiano sociali, partito che nella Contea di Gorizia e Gradisca era capeggiato da monsignor Faidutti. Peterani rimase in carica fino al 25 maggio 1915 e poi riconfermato dagli italiani fino al 18 luglio dello stesso anno nell’amministrazione provvisoria retta dal Regio commissario straordinario conte Casimiro Avogrado di Quinto, che cooptò nella giunta anche il consigliere Antenore Marni, capo dei liberali irredentisti, quale facente funzioni di sindaco. Don Peteani ritornò all’impegno amministrativo il 7 novembre 1918 facendo parte della giunta consultiva fino all’11 novembre 1919.E arriviamo al 24 maggio 1915 con l’entrata in guerra dell’Italia. In quello stesso giorno Cormòns venne occupata dall’esercito italiano. Mentre l’80% dei sacerdoti diocesani subirono l’arresto e l’internamento da parte delle autorità militari italiane, don Peteani rimase al suo posto. Non solo, ma gli fu affidata la responsabilità pastorale di tutta la parte della diocesi goriziana occupata dagli italiani che comprendeva 77 parrocchie dei decanati di Cormons, Lucinico, Gradisca, Monfalcone, Visco e Fiumicello oltre al Collio sloveno. Il 15 settembre con decreto della Sacra congregazione concistoriale venne istituita la Forania temporanea di Cormòns, inquadrata dell’arcidiocesi di Udine, ma formalmente alle dirette dipendenze della Santa Sede come specificato nella nomina firmata dal Segretario di Stato cardinale Pietro Gasparrir. Don Peteani fu nominato vicario foraneo interinale, ma di fatto doveva rispondere al vescovo castrense monsignor Angelo Bartolomasi e al vescovo vicario della zona di guerra che consigliava e talvolta impartiva ordini.C’è da domandarsi come mai don Peteani non sia stato anche lui arrestato e internato. La sua attività sociale avrebbe dovuto far sporgere molti dubbi agli italiani sulla sua affidabilità: don Peteani era consigliere eletto nella lista di Faiduttti, considerato dagli italiani uno dei più temibili filoaustriacanti tanto che gli fu negato il ritorno in diocesi anche a guerra finita e morì praticamente esule in Lituania. A favore di don Peteani giocò la sua capacità e la sua umiltà nelle cura della parrocchia e del decanato. Era sempre stata una persona discreta, non appariva se non quando doveva ed era di grande carità nei confronti di chi si trovava in difficoltà. Doti che convinsero le nuove autorità italiane – non è escluso che una buona parola la misero Malni e il dottor Benardelli, medico molto influente in paese – a lasciarlo nel suo incarico. D’altra parte l’esercito italiano ritenne che in una zona nevralgica come Cormòns era opportuno lasciare in servizio il parroco, amato dalla sua gente, tanto più che veniva affiancato, e controllato, nel servizio pastorale dai cappellani militari o da sacerdoti che operavano nel reparto di sanità. L’obiettivo primario delle nuove autorità era quello di creare consenso all’interno dei territori occupati e nelle intenzioni delle autorità italiane anche l’insegnamento catechistico e quello pastorale svolto dai cappellani militari potevano essere degli strumenti efficaci. Don Peteani si calò nel suo nuovo ruolo, seppe colloquiare con le autorità con dignità per evitare ai cormonesi, e in genere alle popolazioni a lui affidate, ulteriori difficoltà. Seguiva in tal senso la linea suggerita a ridosso delle ostilità ai sacerdoti in cura d’anime dall’arcivescovo monsignor Sedej di rimanere a fianco dei propri fedeli. E don Peteani lo fu sempre vivendo con i suoi parrocchiani i giorni tragici della guerra, la miseria e i bombardamenti. E lo fu anche con il ritorno degli austriaci dopo la rotta di Caporetto. Primo suo gesto fu quello di recarsi al santuario di Rosa Mistica a prendere don Massimiliano De Pelca, confessore delle Suore della Provvidenza, e a condurlo fuori dal convento dopo 29 mesi di prigionia. Una foto del novembre 1917 riportata nella prima pagina de Wiener Bilder, uno dei più diffusi settimanali in Austria, si vede don Peteani uscire dalla chiesa di Rosa Mistica assieme all’imperatore Carlo. Forse se lo avesse saputo, schivo come era, si sarebbe spostato per non farsi riprendere. Finita la guerra con il ritorno definitivo degli italiani venne costituita una Giunta consultiva per l’amministrazione cittadina della quale fece parte anche don Peteani e questo sarà il suo ultimo impegno di pubblico amministratore. Don Peteani proseguì nella sua attività pastorale vivendo anche i primi anni del fascismo. Altri tempi, non meno facili tanto che anche le processioni dovevano essere preventivamente autorizzate dalle autorità comunali.Don Peteani venne a mancare prematuramente a 65 anni, dei quali 26 vissuti da parroco a Cormòns, il 28 giugno 1926 e riposa nella tomba dei parroci nel cimiteri di Cormòns accanto al suo predecessore don Carlo Zurman.
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