Giubileo: il mondo ha bisogno di speranza

«Tutti sperano. Nel cuore di ogni persona è racchiusa la speranza come desiderio e attesa del bene, pur non sapendo che cosa il domani porterà con sé. L’imprevedibilità del futuro, tuttavia, fa sorgere sentimenti a volte contrapposti: dalla fiducia al timore, dalla serenità allo sconforto, dalla certezza al dubbio.» (Francesco, Spes non confundit, n.1) Sono queste le parole introduttive della Bolla di Indizione del Giubileo Ordinario dell’Anno 2025, ovvero il documento che papa Francesco ha scritto per indire l’Anno Santo ormai alle porte, che ha consegnato alla Chiesa giovedì 9 maggio, solennità della Ascensione, proprio nel portico della Basilica di San Pietro, accanto a quella Porta Santa che sarà varcata da milioni di pellegrini. La bolla porta il titolo di Spes non confundit, ovvero il versetto con cui Paolo infonde speranza alla comunità cristiana di Roma: «La speranza non delude» (Rm 5,5).

Il cammino dell’Anno Santo è metafora della esperienza di vita cristiana: anche essa è un cammino che ha bisogno di momenti forti per nutrire e irrobustire la speranza, insostituibile compagna che fa intravedere la meta: l’incontro con il Signore Gesù.

La Bolla contiene alcune indicazioni fondamentali riguardanti le date del giubileo stesso. Il 24 dicembre Francesco aprirà la Porta Santa di San Pietro, dando così inizio al Giubileo; questa porta verrà chiusa il 6 gennaio 2026. A seguire, aprirà le altre tre Porte Sante delle Basiliche Papali in Roma: il 29 dicembre quella di San Giovanni in Laterano, il 1°gennaio quella di Santa Maria Maggiore, il 5 gennaio quella di San Paolo fuori le mura; queste tre porte verranno chiuse entro il 28 dicembre del 2025. Come vivranno le Chiese Particolari i momenti importanti di chiusura ed apertura dell’anno giubilare? Durante l’ultimo giubileo straordinario nel 2016 era stata prevista la presenza delle Porte Sante nelle singole diocesi, cosa che attualmente non è prevista per questo giubileo ordinario. Tuttavia, il papa ha stabilito che le chiese particolari celebreranno l’inizio dell’anno giubilare nelle cattedrali domenica 29 dicembre 2024 e la sua conclusione domenica 28 dicembre 2025. L’unica porta santa che il Santo Padre aprirà sarà quella di un carcere: «è un richiamo antico, che proviene dalla Parola di Dio e permane con tutto il suo valore sapienziale nell’invocare atti di clemenza e di liberazione che permettano di ricominciare: “dichiarerete santo il cinquantesimo anno e proclamerete la liberazione nella terra per tutti i suoi abitanti” (Lv, 25,10) (…). Per offrire ai detenuti un segno concreto di vicinanza, io stesso desidero aprire una Porta Santa in un carcere, perché sia per loro un simbolo che invita a guardare all’avvenire con speranza e con rinnovato impegno di vita.» (N. 10). Si recupera così la centralità della città di Roma nell’evento giubilare, dando importanza alla spiritualità del pellegrinaggio che favorisce la riscoperta del valore del silenzio della fatica e della essenzialità: da qui il motto per questo giubileo, Peregrinantes in spem, ovvero Pellegrini di speranza.

L’Anno Santo sarà caratterizzato dalla valorizzazione della Speranza nella grazia di Dio ma anche attraverso la riscoperta dei segni dei tempi che il Signore ci offre. Da questa constatazione il Santo Padre ci invita a soffermarci su alcuni segni di speranza. «I segni dei tempi, che racchiudono l’anelito del cuore umano, bisognoso della presenza salvifica di Dio, chiedono di essere trasformati in segni di speranza» (n. 7). I segni di speranza proposti dal papa ed approfonditi nella Bolla sono: l’attenzione alla pace per il mondo, il rilancio della natalità e il sostegno alla famiglia, l’attenzione ai detenuti, agli ammalati, ai giovani, ai migranti, agli anziani e ai poveri.

Un altro aspetto centrale dell’anno santo sarà quello del ricordo dei 1700 anni dalla convocazione del primo grande Concilio Ecumenico, ovvero la grande assemblea di tutti i vescovi che nel 325 si sono riuniti a Nicea, oggi in Turchia, per risolvere le divergenze dottrinali riguardo i principali elementi della fede cristiana. Gesù vero Dio o vero uomo, o entrambi? Quale il rapporto con il Padre? Per decenni la chiesa è stata divisa su queste tematiche con grandi e appassionate lotte nella ricerca della verità, dopo quel concilio è nata la professione di fede chiamata “Simbolo della fede”, che oggi noi recitiamo ogni domenica e nelle solennità. «Il Concilio di Nicea è una pietra miliare nella storia della Chiesa. L’anniversario della sua ricorrenza invita i cristiani a unirsi nella lode e nel ringraziamento alla Santissima Trinità e in particolare a Gesù Cristo, figlio di Dio “della stessa sostanza del Padre” che ci ha rivelato tale mistero di amore.» (N. 17).

La lettera si conclude con una riflessione su uno degli ultimi articoli del Simbolo della fede, ovvero «credo la vita eterna». Questa proposizione della nostra fede codifica la certezza cristiana per la quale «la storia dell’umanità e di ciascuno di noi non corrono verso un punto cieco o un baratro oscuro, ma sono orientate all’incontro con il Signore della gloria» (n.19). La Chiesa si pone in cammino verso l’Anno Santo con questa consapevolezza, dando al mondo ragione della speranza che è la ragione della sua stessa esistenza.

Christian Massaro

(Foto Vatican Media/SIR)