“Il coraggio di Lopi e Matteo sia da esempio per la comunità diocesana”, festa ad Aquileia per le ordinazioni

La Basilica patriarcale di Aquileia ha fatto nuovamente da cornice, domenica 19 maggio Solennità di Pentecoste, a un anno dall’ordinazione sacerdotale di don Manuel Millo e diaconale di Matteo Marega, per il prosieguo del cammino di due figli della terra goriziana. Sempre Marega, questa volta ordinato sacerdote, e di Lionello Paoletti che è entrato ufficialmente nella famiglia dei diaconi permanenti.

Una lunga celebrazione eucaristica, come d’obbligo in questi casi, presieduta dall’arcivescovo metropolita monsignor Carlo Redaelli accompagnata dal canto del coro diocesano, diretto da don Francesco Fragiacomo con all’organo Marco Colella, e con il servizio liturgico del seminario interdiocesano. Forte la presenza degli Scout di Monfalcone e di Gorizia, sia per la storica appartenenza di Paoletti sia perché Marega, prima dell’ordinazione stessa, ha pronunciato la promessa scout in campo patriarchi.

“Ho chiesto allo Spirito Santo – e vorrei che lo domandassimo insieme – che ci dia la consapevolezza di non essere venuti oggi pomeriggio ad Aquileia, ma di essere saliti sul monte Tabor, sul monte della trasfigurazione”, ha esordito l’arcivescovo Redaelli nell’omelia. “Sì, perché ora non stiamo vivendo semplicemente una significativa celebrazione, una bella festa, un evento gioioso. No, siamo come sul monte di Dio, abbiamo il dono grande – cosa che non capita spesso nella vita – di entrare nella profondità del mistero di Dio come è stato per Pietro, Giacomo, Giovanni quel giorno sul Tabor. Perché è solo nel mistero di Dio che due uomini possono consegnarsi totalmente a Colui che li ha creati, li ha resi suoi figli, li ha chiamati e li ha condotti fin qui. Ed è sempre nel mistero di Dio il fatto che, con la mediazione della Chiesa, Dio accolga nel suo amore questo dono che il suo stesso Spirito ha ispirato al cuore di Matteo e di Lopi. Dobbiamo quindi chiedere di avere tutti oggi la percezione di essere davanti a un grande mistero, luminoso e tremendo, da contemplare nella gioia, nella commozione, nel silenzio”.

La grazia quindi da chiedere per i due ordinandi è quello di entrare nel mistero trinitario, di essere partecipi della stessa vita di Dio proprio attraverso il loro ministero. Si tratta di qualcosa che è dono del Padre, che avviene per opera dello Spirito e attraverso Gesù”, ha proseguito Redaelli che ha sottolineato anche come “conformati sempre più a Gesù, Matteo e Lopi sono chiamati a vivere il loro ministero nella Chiesa, Lopi intrecciandolo con la vocazione matrimoniale che tanti anni fa lo ha unito nel sacramento con Anna. Devono viverlo in questa Chiesa di Gorizia e in questo tempo. Ed è un’altra richiesta di preghiera per loro. Già lo scorso anno – forse Matteo lo ricorda – in occasione dell’ordinazione presbiterale di Manuel e diaconale dello stesso Matteo, sottolineavo quanto papa Francesco da tempo va ripetendo circa il fatto che stiamo vivendo non un’epoca di cambiamento, ma un cambio d’epoca. Un periodo di transizione di cui è difficile delineare con precisione i contorni e, in particolare, intuire gli esiti. Non è facile decidere di dedicare la vita al Signore e alla Chiesa in questo contesto, così incerto. Ma questo è il tempo in cui il Signore ci chiede di vivere e di operare, non ce ne viene dato uno alternativo. Il Signore non ci lascia soli e ci assicura l’assistenza del suo Spirito. Allo Spirito Santo chiediamo perciò per gli ordinandi e per il futuro del loro ministero il duplice dono del discernimento e del coraggio”.

L’ultimo cenno del presule ai giovani: “So che nella nostra diocesi ci sono dei giovani e, spero, anche delle giovani donne, che sentono in loro il richiamo dello Spirito a dedicare la loro vita al Signore e alla Chiesa. E la stessa cosa vale per uomini maturi che intuiscono il diaconato come un loro possibile servizio alla Chiesa. Qualcuno di loro è, per così dire, già avanti nel cammino di discernimento della volontà di Dio. Manca solo il passo successivo e decisivo di fidarsi e affidarsi al Signore. C’è il discernimento, ma non ancora il coraggio. Lo Spirito Santo si è forse dimenticato di donarlo loro? Che il coraggio di Lopi e di Matteo, di cui li ringrazio a nome della nostra Chiesa diocesana, sia per loro di esempio e un segno che lo Spirito dona oggi alla nostra comunità”.

Terminata la liturgia, i due hanno voluto fare propri alcuni ringraziamenti: Paoletti ha ringraziato in primis la moglie Anna. “Per noi diaconi permanenti il consenso della moglie è fondamentale. In questo cammino la presenza di mia moglie la considero parte integrante della mia diaconia. Sono stati otto lunghi anni nei quali ci sono stati momenti non facili, dal Covid alla mia malattia e in questo periodo ho sperimentato il sostegno di tante persone. Ho sperimentato l’amore di tante persone, della comunità, della famiglia e degli amici. Nella mia vita in alcuni momenti mi sono ritrovato a essere un cercatore ma quanto ho scoperto in questi mesi, in questi anni, è che siamo tutti cercati da Dio”.

“Sono qui con il cuore pieno di gratitudine, capisco cosa vuol dire quando il Signore dice: riceverai cento volte tanto – sono state le parole di don Matteo – ringrazio i miei professori e tre giganti che ci guardano da lassù: don Renzo Boscarol, Padre Renato Ellero e don Giorgio Giordani”. “Unico sacerdozio è quello di Cristo e anche tutti voi, in virtù del battesimo siete sacerdoti, siamo segni della presenza di Dio nel mondo – ha concluso il novello presbitero – non rimaniamo rinchiusi nei nostri schemi o categorie, come ha fatto Giona. Cerchiamo di vivere la vita come un dono per gli altri, come un segno concreto per il suo amore anche se questo costa una croce. Ripetiamo ogni giorno il nostro sì, a questo meraviglioso dono del Creatore che noi chiamiamo vita”.