Nuove frontiere del mondo del lavoro
Anche voi siete fra i 10 milioni di persone che in tutto il Mondo nel 2021 si sono volontariamente dimesse? Dirigenti, impiegati, commessi, operai, ma anche liberi professionisti (anche se tecnicamente per loro non si parla di dimissioni), tutti accomunati dal “the big quit” ovvero le grandi dimissioni (da Great Resignation, di Anthony Klotz, professore […]
7 Giugno 2024
Anche voi siete fra i 10 milioni di persone che in tutto il Mondo nel 2021 si sono volontariamente dimesse?
Dirigenti, impiegati, commessi, operai, ma anche liberi professionisti (anche se tecnicamente per loro non si parla di dimissioni), tutti accomunati dal “the big quit” ovvero le grandi dimissioni (da Great Resignation, di Anthony Klotz, professore della Mays Business School del Texas).
In Italia i primi dati offerti dal Ministero del lavoro parlano chiaro: sono 484 mila le dimissioni registrate nel solo trimestre aprile – giugno 2021, una crescita del 37% rispetto al trimestre precedente e l’85% in più rispetto allo stesso trimestre dell’anno prima.
Un’enormità su cui merita soffermarsi perché le ragioni alla base di questa valanga sociale possono essere tante, dal peggioramento delle condizioni di lavoro durante la Pandemia al blocco dei licenziamenti dei datori di lavoro, ma quelle che più interessano, anche perché intrise di una gran dose di intimità, sono segnate da una scelta libera: la voglia di cambiare vita o, se non proprio radicalmente, di migliorare la qualità della propria vita.
Pare infatti che alla base per molti ci sia stata la revisione del proprio tempo, dei propri spazi e del proprio io: i lunghi lock-down hanno chiaramente avuto l’effetto di un respiro in un’abituale apnea lavorativa che difficilmente consentiva il riesame delle proprie condizioni di vita e di lavoro.
La sopraffazione degli impegni, degli obiettivi, delle competizioni; sospesi questi, molti lavoratori hanno ritrovato il tempo per interrogarsi, chiedersi se quel percorso era davvero aderente con loro o meno.
È tornata la riscoperta del termine “benessere”, molto desueto dalla crescita post industriale ad oggi, inteso sia come condizione interna che esterna del lavoratore: interna ove ci sia la possibilità di esprimere le nozioni e le criticità maturate, esterna ove i diritti del lavoro (ferie, permessi, etc) segnino un punto di equilibrio del lavorare e non solo un perimetro entro il quale stare.
Si prenda l’orario di lavoro ad esempio:
è forse tassametro del costo della permanenza di un soggetto in ufficio o punto di incontro tra la vita di un lavoratore e il suo impiego?
D’altronde la ricerca del benessere inizia a pervadere ogni ambito umano: dall’ambiente ai diritti va consolidandosi un’attenzione diffusa volta alla qualità delle azioni e non solo alla quantità, alla vivibilità e non solo alla frenesia del vivere.
In tal senso già il filosofo, accademico e poeta tedesco Hegel (“l’aumento quantitativo di un fenomeno corrisponde ad un mutamento qualitativo dello stesso con un capovolgimento tra mezzo e fine, tra soggetto ed oggetto: se la tecnica diventa la condizione universale per realizzare qualsiasi scopo, allora la tecnica smette di essere mezzo e diventa fine”).
E se sino ad oggi i lavoratori sono andati via via assomigliando sempre di più a macchine (non assentarsi, non ammalarsi, non distrarsi) in una graduale eclissi delle ragioni umane in favore di altre priorità, progresso e consumismo, ci si è dimenticati troppo spesso che l’uomo non è una macchina ma un concentrato di spinte emotive razionali e irrazionali.
La ricoperta del “valore umano” pare essere ora urgente e improcrastinabile in un’inversione di tendenza già risvegliata a livello europeo con coraggiosi tentativi di ridisegnare nuovi confini tra vita e lavoro (si pensi al Portogallo con la possibilità dei genitori di ricorrere allo smart working sino agli 8 anni dei propri figli, la settimana corta di 4 giorni in studio in Belgio, etc.) che, riponendo l’uomo e le sue necessità al centro, riscoprono un nuovo vivere.
Questa la nuova frontiera.
(Foto SIR/Commissione europea)
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