Ermagora e Fortunato ed il “buon Pastore”

Si distende e corre, nel pingue pomeriggio del 12 luglio, il solenne suono delle campane dal campanile della Basilica patriarcale di Aquileia.
L’annuncio è per il solenne pontificale che si attende tra le millenarie mura aquileiesi, celebrato quest’anno dall’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati e le Organizzazioni Internazionali. La concelebrazione, alla presenza dell’arcivescovo metropolita di Gorizia, monsignor Carlo Roberto Maria Redaelli, e dei vescovi di Trieste, Enrico Trevisi, Udine, Riccardo Lamba, dell’emerito di Udine, Andrea Bruno Mazzocato, di Capodistria Jurij Bizjak, di Vittorio Veneto, Corrado Pizziolo e di Ljubljana, Stanislav Zore, è stata preceduta dalla Lectio magistralis di cui abbiamo riferito nelle pagine precedenti.
Il presule, nell’omelia, ha ribadito l’importanza, per i santi Ermacora e Fortunato, del “dono totale di se stessi alla Chiesa”, con il quale “hanno conquistato il cuore delle genti aquileiesi, incarnando i tratti del “Buon Pastore”, profetizzato da Ezechiele nella prima Lettura come colui che va in cerca della pecora perduta e riconduce all’ovile quella smarrita, fascia quella ferita e cura quella malata, senza trascurare la più forte del gregge.
Del resto, è ben noto come l’icona del Buon Pastore abbia costituito un tema di riferimento fondamentale nell’itinerario di iniziazione cristiana dei primi cristiani di Aquileia, al punto da fissarne per sempre la memoria nello splendido mosaico pavimentale di questa Basilica”.
“Calpestando e contemplando quella figura di giovane con la pecora sulle spalle e con in mano un flauto, strumento dolce usato per chiamare a sé il gregge, coloro che qui si preparavano a ricevere il Battesimo venivano introdotti al mistero di un Dio che, in Gesù, si è fatto vicino ad ogni uomo, lo conosce e lo chiama per nome, si prende cura di lui, lo custodisce come bene prezioso, ne garantisce il vero benessere e non lo abbandona nelle valli oscure della sofferenza, dell’incertezza e di tutti i problemi che possono turbare l’animo.
Nulla gli può mancare se il pastore è con lui”, ha concluso monsignor
Gallagher. Al termine della celebrazione, il ringraziamento dell’arcivescovo Redaelli non solo a quanti, in vario modo, si sono prodigati per la buona riuscita della celebrazione, nonostante una partecipazione un po’ più risicata a causa, probabilmente, delle alte temperature e della giornata vicina al fine settimana con un meteo favorevole, ma anche al direttore del coro diocesano, don Francesco Fragiacomo, per la composizione della Missa Regina Pacis ed eseguita interamente proprio in occasione della celebrazione eucaristica.

Ivan Bianchi