Quello che non è amore

L’ultimo report del Ministero dell’Interno registra per il primo semestre di quest’anno 49 omicidi volontari con vittime donne, di cui 44 uccise in ambito familiare/affettivo.
Da qualche giorno la Polizia di Stato ha rilanciato la campagna di sensibilizzazione contro la violenza di genere “Questo non è amore”, attraverso uno spot trasmesso sulle reti Rai e visibile sui canali social della Polizia: ne è protagonista Milena (Filomena) Di Gennaro, paraplegica non dalla nascita ma dal 2006, a causa dei colpi di pistola sparati dall’ex fidanzato Marcello Monaco.
Originaria del Foggiano, dopo il liceo Milena si trasferisce a Roma per studiare psicologia; si laurea, vince un concorso per entrare nell’Arma dei Carabinieri e inizia il corso alla Scuola Allievi per diventare maresciallo, il suo sogno.
La relazione con il fidanzato, rimasto in Puglia, si trascina da 11 anni: pesano le differenze caratteriali e culturali, i progetti di vita non sono condivisi.
Quando Milena, nel Natale del 2005, decide di lasciare il fidanzato, Marcello non accetta la fine del rapporto: vivendo la rottura come un affronto che lo disonora in paese, incalza colei che considera sua e di nessun altro.
Segnali rivelatori.
Ai primi di gennaio Marcello si apposta sotto casa di Milena, assediandola al citofono e al telefono.
La ragazza non gli apre la porta, ma l’appuntamento fatale è solo rinviato.
Anticipato da una minaccia via sms: tutto il male (!) che Milena gli stava facendo, si sarebbe tramutato in odio nei suoi confronti. Campanelli d’allarme.
Pochi giorni dopo, Marcello è di nuovo a Roma: ricontatta la giovane offrendosi di riaccompagnarla a casa dalla Scuola Allievi. Chiede di vederla per un ultimo chiarimento. Allarme rosso.
Milena, sapendo che lui ha percorso più di 300 km, teme che un suo diniego possa alterarlo e provocargli un incidente sulla via del ritorno. In fondo, pensa, è un “bravo ragazzo”.
Un immotivato senso di colpa la chiude in trappola. Ma Milena non è sprovveduta: allerta Peter Forconi Pace, all’epoca suo tenente istruttore.
L’ultimo incontro ha luogo sotto casa di lei, in strada. L’ex tenta di farla ritornare sui suoi passi, ma Milena ripete di non amarlo più.
L’ex, dopo aver gridato “O mia o di nessun altro”, estrae la pistola e spara 8 colpi: un proiettile raggiunge Milena a quattro millimetri dall’aorta, un altro lesiona il midollo spinale dopo averle danneggiato i polmoni.
La ragazza è a terra, in una pozza di sangue.
Si crede spacciata, ma Peter, appostato nei pressi, sentiti i colpi intima il “Fermo!” e atterra il persecutore salvando Milena.
Era il 13 gennaio del 2006. Data spartiacque nella vita di una giovane che, ridotta sulla sedia a rotelle da chi dicendo di amarla la voleva morta, conoscerà l’amore grazie a Peter, diventato suo marito e padre dei loro tre figli, due gemelli e una bambina.
L’uomo che le è rimasto accanto dopo l’inferno, accompagnandola fuori dal tunnel.
L’ex, condannato a 11 anni e 8 mesi di carcere, ha scontato 7 anni: dal 2013 è di nuovo libero e ha una compagna.
“Non si è mai pentito e anzi dà ancora la colpa a me, che non dovevo lasciarlo” dice Milena. “La sua vita è tornata quella di prima, la mia invece non me la restituirà mai nessuno”.
Non c’è acredine, ma constatazione di un’evidenza.
Riformata a causa della sua disabilità, Milena collabora come psicologa con l’Arma dei Carabinieri.
La Di Gennaro, a differenza delle vittime di femminicidi, ha ricevuto dalla vita una seconda chance e per questo, anche a nome delle donne che non ci sono più, con coraggiosa determinazione racconta il suo dramma, nelle scuole soprattutto, insistendo sull’importanza di educare al rispetto e chiedendo a tutti di “non tacere di fronte ai primi segnali di ricatto affettivo, anche quando non ci riguarda direttamente.
Ognuno deve sentirsi responsabile”.
Se è vero amore, non fa mai male, genera libertà.

Annarita Cecchin

(In foto: un fotogramma tratto dallo spot della Polizia di Stato)