Scuola e cittadinanza

Con qualche sorpresa, si è riacceso il dibattito sulla possibilità di riconoscere ai minori stranieri che frequentano le nostre scuole la cittadinanza italiana. Il tema era già stato oggetto di diverse proposte, dal cosiddetto ius culturae, approvato dalla Camera nel 2015 ma non dal Senato, fino allo ius scholae lanciato in questi giorni da Forza Italia, che peraltro non ha ancora depositato un progetto di legge.
Nonostante molti tendano ad assimilare le due proposte, le differenze sono rilevanti: lo ius culturae, come altri disegni di legge già depositati da partiti di opposizione, prevedeva l’acquisto della cittadinanza da parte del minore straniero, su richiesta dei genitori, dopo la frequenza regolare di 5 anni scolastici; la proposta avanzata sui media dal segretario di Forza Italia, divisiva per gli alleati di governo, prevede invece la frequenza dell’intero ciclo dell’obbligo, pari a 10 anni. Di fatto, considerando i tempi molto lunghi oggi previsti per l’approvazione delle domande di cittadinanza (fino a 36 mesi), risulta in quest’ipotesi improbabile l’acquisto della cittadinanza prima della maggiore età.
La rivista Tuttoscuola ha comunque calcolato che in un quinquennio potrebbe esserci oltre mezzo milione di nuovi italiani, se la legge richiedesse la frequenza regolare di 8 anni di scuola.
Il numero di minori stranieri iscritti nelle scuole italiane è in continua crescita, compensando solo in piccola parte la netta diminuzione degli studenti italiani. Secondo i dati forniti dal Ministero ad agosto 2024 e riferiti all’A.S. 2022-23, gli studenti con cittadinanza non italiana erano 914.860, pari all’11,2% del totale; nella nostra regione 21.783 con una quota del 14,4%, che in provincia di Gorizia raggiunge il 19,8%, dovuto al 46,9% di Monfalcone.
La grande maggioranza degli studenti con cittadinanza non italiana è nata in Italia: intorno al 65% a livello sia nazionale sia regionale. Anche in base all’art. 9 della datata legge 91/1992, può fare richiesta di cittadinanza al compimento della maggiore età chi è nato in Italia risiedendovi legalmente senza interruzioni. Secondo dati ISMU, nel 2022 i cittadini con background migratorio che hanno acquisito la cittadinanza italiana sono in totale 213.716, il 76% in più rispetto al 2021, che riguarda il 4,3% dei residenti con cittadinanza non italiana a fronte di una media del 2,6% per l’ UE27. Sommando i dati dal 2013 al 2022, si ottiene un totale non molto inferiore a 1 milione e mezzo di nuovi cittadini.
Nelle proposte di integrazione di alunni e alunne provenienti da contesti migratori, intitolate “Orientamenti interculturali” e firmate dal ministro Bianchi, si propone di rivedere il lessico, ritenendo inadeguati i termini “studenti stranieri” o di “cittadinanza non italiana”, che sottovalutano il numero di “alunni con background migratorio”: “una stima che invece includesse anche i figli di coppie miste o adottati, e coloro – sempre più numerosi – che sono approdati alla cittadinanza italiana, porterebbe a raddoppiare i numeri, collocando la presenza delle nuove generazioni in Italia tra il milione e mezzo e i due milioni di persone (fino a 18 anni)”.
Un recente sondaggio di Termometro Politico ci informa che quasi il 58% degli italiani intervistati è favorevole allo ius scholae e un terzo vorrebbe anzi l’anticipo della cittadinanza prima della fine del ciclo di studi.
E il punto di vista dei ragazzi che definiamo stranieri? Secondo l’ISTAT, il 62,3% dei ragazzi stranieri tra 11 e 19 anni vorrebbe diventare italiano, mentre il 25,6% è indeciso e il 12,1% non lo desidera. Tra i ragazzi cinesi questa intenzione interessa solo il 15% dei giovanissimi (la Cina non ammette la doppia cittadinanza), per gli albanesi la quota è di poco inferiore al 70%, per marocchini e rumeni tra il 63 e il 65%. Perciò, conclude l’ISTAT, “La complessità della questione ’cittadinanza’ oggi si legge anche in questi dati, nell’ampia quota di indecisi tra i giovanissimi immigrati e le seconde generazioni, così come nelle sostanziali differenze tra ragazzi di diversa origine”. Nella consapevolezza di questa complessità, gli “Orientamenti interculturali” varati dal ministro Bianchi affermano: “Questi giovani vivono una condizione di appartenenza molteplice. Occorre evitare che questa si trasformi in un vissuto di assenza, di non appartenenza o di risentimento. I giovani delle nuove generazioni sono dei ’mediatori culturali’ naturali, allenati a stare in equilibrio tra lingue e culture, ma occorre che ci siano le condizioni per una loro valorizzazione nella scuola, nell’associazionismo e nella società, a partire dal riconoscimento giuridico della cittadinanza italiana”.

di Gabriella Burba

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)