Storia di un’amicizia europea

In prospettiva di Go2025!, la rassegna gradese “Musica a 4 stelle” ha reso omaggio, il 5 settembre scorso, a Leonardo Sciascia e Ciril Zlobec, legati da un importante rapporto di collaborazione e amicizia, ripercorso con un recital nella Basilica di Sant’Eufemia, a rievocare l’impegno dei due intellettuali nel superamento di barriere linguistiche e distanze geografiche, negli anni in cui l’Europa e il mondo erano divisi in due blocchi frontalmente contrapposti.
Scriveva Zlobec, a proposito dei confini messi “in mezzo ad ogni amore, in mezzo ad ogni affetto, in mezzo ad ogni pensiero, in mezzo a tutto ciò che è intero”, “come una scure su una ferita”: “Sono secoli che sto da questa e dall’altra parte, e da quella a questa, e da questa a quella parte non riuscirò mai a trovare la gioia dell’uomo intero”.
Tra il 1960 e il 1987 lo scrittore siciliano e il poeta sloveno si scambiarono molte lettere, dalle rispettive terre, periferie d’Europa in cui svolsero un ruolo decisivo di mediatori, divulgando, ciascuno nel proprio Paese, la cultura dell’altro. Forte essendo all’epoca la responsabilità che l’intellettuale sentiva verso la società. Zlobec, traduttore di Dante, Leopardi, Ungaretti e Montale, fece conoscere Sciascia in Slovenia, mentre Sciascia sostenne la diffusione in Italia della letteratura e dell’arte figurativa jugoslava.
Portando lo sguardo oltre divisioni allora insormontabili, resero permeabile il confine, aprendo una breccia nella cortina di ferro. Sapevano che la diffidenza si vince con la conoscenza, e che senza “l’altro” non si comprende sé stessi.
Li fece incontrare il poeta Luciano Morandini che nel 1959, in occasione della prima mostra d’arte occidentale a Ljubljana, quella dei pittori friulani, propose a Zlobec una collaborazione reciproca e lo mise in contatto con Sciascia, l’autore de “Il giorno della civetta”, libro che nel 1963, due anni dopo l’uscita, sarebbe stato pubblicato in traduzione slovena da Zlobec, interessato alle novità della cultura italiana.
Alla primavera del 1961 risale il primo viaggio di Sciascia in Jugoslavia: “Racconto ai miei amici di Caltanissetta della Jugoslavia e di voi: con entusiasmo, con affetto” scriverà Sciascia, al rientro dalla visita, che Zlobec e famiglia avrebbero ricambiato due anni dopo, riportando un’impressione vivissima della Sicilia e dell’ospitalità ricevuta.
Li univa una consonanza di sentimenti e intenti progettuali, cementata da una ricca corrispondenza in cui all’espressione di reciproco affetto si accompagna il fervore dello scambio culturale.
Sciascia parteciperà alla rubrica radiofonica curata dall’amico per Radio Ljubljana, Zlobec curerà la prima antologia slovena della lirica italiana contemporanea, edita a Ljubljana nel 1968.
A Sciascia interessava la Jugoslavia in quanto Paese comunista non allineato, crogiuolo di lingue, religioni e identità.
A Zlobec premeva la difesa dei diritti delle minoranze, slovena in Italia e italiana oltre confine, incoraggiate al dialogo, in virtù del loro bilinguismo.
Negli anni ’70 e ’80 la corrispondenza si dirada, benché non venga meno la vicinanza spirituale.
Il carteggio arriva sino al 1987, anno della morte di Sciascia, al cui ricordo Zlobec dedicò un sonetto, riaffermando la speranza “in un giorno nuovo / nel futuro”.
La loro profonda amicizia, maturata sul terreno del comune impegno civile, anche in veste di parlamentari, testimonia come l’interesse umano e culturale getti un ponte tra “lontananze vicine”, schiudendo l’orizzonte anche in tempi oscuri.A ricordarci i grandi passi compiuti nel riavvicinamento tra aree di confine, nella basilica di Grado sono risuonate, entro la cornice della ricostruzione storica, le parole che Sciascia e Zlobec si scrissero, affidate alle voci di Maria Francesca Arcidiacono e Mario Milosa, con il contrappunto delle musiche eseguite al pianoforte da Mariarosa Pozzi e al violoncello da Antonio Galligioni, in uno spettacolo meritevole di essere riproposto.

Annarita Cecchin