Quella Speranza fondata sulla fede che Dio è con noi

Nell’ambito dei festeggiamenti per il Patrono San Michele promossi dalla Parrocchia di Cervignano insieme al Comune, il 27 settembre al Teatro Pasolini, il vescovo di Trieste, Mons. Enrico Trevisi, è intervenuto sul tema: “Confini, conflitti e democrazia: ripartire dalla Speranza”.
Dopo i saluti e i ringraziamenti del parroco e del sindaco, il giornalista Andrea Doncovio ha introdotto la serata leggendo la motivazione dell’incontro a nome del Consiglio Pastorale, per poi proporre al vescovo la prima domanda sul tema della democrazia con riferimento alla Settimana Sociale dei Cattolici 2024.
Mons. Trevisi ha sottolineato che le democrazie sono un po’ malate e c’è una crisi di partecipazione che riguarda l’ambito sia civile sia ecclesiale. Nella Settimana Sociale svoltasi a Trieste si è evitato il rischio dello sterile lamento per vivere una grande esperienza di partecipazione tra i 900 delegati.
L’obiettivo di non limitarsi alle diagnosi, ma di rilanciare e coinvolgere tutti nella diffusione delle tante esperienze positive in atto, è stato raggiunto tramite 16 tavole rotonde, affiancate dai villaggi delle buone pratiche con testimonianze, provenienti da tutt’Italia, di grandi percorsi partecipativi: un messaggio di speranza e concreto impegno verso il generale senso di scoramento e la crescente polarizzazione che crea violenza e conflitti. Se la politica è solo polemica si rischia che cada la motivazione a partecipare. A Trieste c’è stata invece tanta gente che voleva confrontarsi, ascoltando e argomentando. Non è ancora disponibile una sintesi di quanto emerso dai gruppi, ma il metodo utilizzato ha permesso di far parlare tutti grazie a un rigoroso limite dei tempi concessi a ciascuno.
De Gasperi, citando Bergson, affermava che l’essenza della democrazia è la fraternità, quindi la democrazia è evangelica. Nei tempi complessi in cui ci troviamo, da cristiani non possiamo stare a guardare, dobbiamo affrontare la sfida, con la bussola della dottrina sociale della Chiesa, che non è una ricetta, ma un patrimonio di riferimento.
La cultura oggi dominante porta alla reazione immediata e allo scontro, serve invece la mediazione della parola e della riflessione, coltivando pazienza e speranza senza la fretta di trovare subito facili soluzioni.
Interpellato sul Giubileo 2025, dedicato alla Speranza che non delude, il vescovo Enrico ha ribadito che per un cristiano la speranza non è l’ottimismo ma è fondata sulla fede che Dio è con noi e non ci abbandona. Anche se evidentemente non sta andando tutto bene tra tragedie familiari, omicidi, guerre, corruzione, Dio non ci lascia soli, avendo inviato tra noi lo Spirito Santo fino alla fine del mondo.
La cultura occidentale oscilla fra il non pensare al male stordendosi con consumi di ogni genere e la depressione per il senso d’impotenza di fronte a un mondo malato. Il Papa nella Bolla afferma che serve un’alleanza sociale per la speranza: il Giubileo è un cammino da fare insieme, anzitutto in una dimensione penitenziale, che ci aiuti a superare l’illusione dei continui godimenti della società dei consumi per evadere dal pensiero della morte, che possiamo affrontare solo nella fede.
Tutti dobbiamo diventare segni di speranza per i giovani, le famiglie, gli anziani, gli immigrati, i carcerati, intraprendendo un cammino penitenziale giubilare anche con visite in casa di riposo o incontri con persone tristi e scoraggiate: il Vangelo ci chiama a rischiare la vita nell’amore di Dio e del prossimo.
In tale contesto quali orizzonti per i giovani? La fragilità crescente di adolescenti e giovani con disagio psicologico e psichiatrico va di pari passo con la diminuzione dell’appartenenza religiosa. Gli studi dicono che c’è una domanda di senso e un bisogno di spiritualità che come Chiesa non intercettiamo. La mancanza di senso crea depressione e disorientamento. Succede poi che i giovani si affidino a qualche setta, mentre avrebbero bisogno di adulti che non solo credano ma li ritengano credibili e non riducano la religione a fredda dottrina. La Chiesa fa molta fatica perché le strutture ereditate non rispondono ai bisogni dei giovani.
Sulle prospettive di GO2025, Mons. Trevisi, che proviene dalla diocesi di Cremona, ha dichiarato di aver acquisito maggiore consapevolezza dell’eredità, presente a Trieste e Gorizia, di ferite sociali, culturali, religiose. In sintonia con il vescovo Carlo sull’obiettivo che GO2025 possa diventare la capitale della cultura europea, interpretando i confini come luogo di dialogo e di esperienze di pace, ritiene che importanti passi siano stati compiuti per il superamento dei risentimenti reciproci.
C’è una storia e un’esperienza da raccontare ai popoli oggi in guerra: qui i confini sono diventati posto d’incontro fra genti di frontiera che hanno sofferto e capito che le loro paure sono le stesse di chi sta dall’altra parte.
Alla domanda di stringente attualità sul suicidio assistito, la risposta ha riguardato due livelli: da un lato, l’impegno etico di evitare gli estremi dell’accanimento e dell’abbandono terapeutico (in Italia il 90% dei malati oncologici muore senza cure palliative), dall’altro, nel nuovo scenario antropologico determinato dall’allungamento della vita, la necessità di una legge statale contro il rischio di diverse legislazioni regionali e di continui ricorsi alla Magistratura.
In conclusione un riferimento a San Michele e alla lotta del bene contro il male: un cristianesimo moralista e dalla faccia scura non converte nessuno, i cristiani hanno il compito di praticare una giustizia congiunta alla misericordia, in qualunque partito, associazione, ambito si trovino, cercando insieme soluzioni a problemi complessi, per cui nessuno possiede già le ricette.

Gabriella Burba