“Finchè c’è speranza…”

La parrocchia dei Santi Nicolò e Paolo ha ospitato mercoledì 2 ottobre l’Assemblea diocesana di inizio Anno pastorale. Dopo l’intervento di Vincenzo Corrado, direttore dell’Ucs Cei e componente del Comitato di presidenza del Cammino sinodale della Chiesa italiana, l’arcivescovo Carlo ha presentato la Lettera pastorale 2024/25 “Finchè c’è speranza…”.

Un caro saluto a tutte e a tutti. È sempre un’occasione molto bella quella di incontrarci per condividere le linee di un anno pastorale, che ancora una volta il Signore ci fa il dono di vivere e di vivere insieme.
So che ogni parrocchia, ogni unità pastorale, ogni aggregazione ecclesiale ha comunque ripreso in pieno le proprie attività dopo la pausa estiva (che in realtà è stata una pausa molto attiva e impegnativa se solo si pensa alle moltissime iniziative educative rivolte ai ragazzi nei campi e nei centri estivi), ma è importante inserire questi cammini con la loro specificità all’interno del percorso della nostra Chiesa diocesana e con essa in comunione con le altre Chiese che sono in Italia (a cominciare dal cammino sinodale di cui ci ha parlato poco fa il dott. Vincenzo Corrado) e, naturalmente, con la Chiesa universale.
Lo sappiamo, perché è qualcosa su cui insisto da tempo e insistevano anche i miei predecessori, un punto su cui la diocesi di Gorizia deve maturare è proprio quello dell’unità, del superamento della frammentazione e del rischio dell’autoreferenzialità di persone e comunità.

Vorrei iniziare la presentazione della lettera pastorale di quest’anno da una esperienza di due giorni fa. Ho avuto il dono come presidente della Caritas di partecipare lunedì mattina a un’udienza del papa destinata ai partecipanti al progetto “Custodi del bello”, un’iniziativa che propone a persone socialmente fragili (disoccupati cronici, emarginati, immigrati, rifugiati ed ex detenuti) di prendersi cura del territorio per rendere più belle le città all’interno di 12 comuni italiani. Un’iniziativa molto significativa destinata a ridare dignità attraverso il lavoro a persone in difficoltà e che vede la collaborazione di enti del terzo settore, dei comuni e di fondazioni e imprese con la regia e il sostegno della Caritas. Qualcosa, quindi, di molto bello.
Scendendo però a Roma con il treno, nel cambio a Mestre, ho acquistato in libreria un libro molto recente sulla guerra di Gaza (ma non così recente da parlare anche di quanto sta purtroppo succedendo in questi giorni in Libano e tra Israele e Iran): l’ho letto in treno con molta tristezza e preoccupazione. Custodi del bello, da una parte, per rendere vivibili le città e ridare dignità alle persone; impegnati nelle guerre, per distruggere le città, uccidere le persone (compresi moltissimi bambini) e privarle di ogni dignità, dall’altra. Questo è ciò che succede oggi e gli esempi di realtà così fortemente contraddittorie tra loro potrebbero essere lunghissimi.
Come vivere questo tempo da credenti? E viverlo nella nostra Chiesa in sintonia con le altre Chiese che sono in Italia – in concreto in collegamento con il cammino sinodale italiano -, con la Chiesa universale che vive in questi giorni la seconda sessione del Sinodo e il prossimo anno il Giubileo e con il nostro territorio, che vedrà Gorizia con Nova Gorica capitale europea della cultura?

La strada che vuole indicare la lettera pastorale è proposta dal titolo: “Finché c’è speranza…” che diventa poi per esteso il contrario del noto proverbio: “finché c’è vita c’è speranza”, ossia “finché c’è speranza, c’è vita”. Potete sbizzarrirvi nel trovare altri proverbi relativi alla speranza, di solito molto pessimisti. Ne cito un altro non ricordato nella lettera: “chi di speranza vive, disperato muore”. Non molto entusiasmante…
Eppure siamo e sono convinto che la speranza cristiana è una speranza affidabile e che proprio in un tempo come il nostro è particolarmente necessaria, anzitutto per la stessa Chiesa, oltre che per il mondo. Un tempo da affrontare con molta lucidità e realismo, senza illusioni. Per tale motivo dedico alcuni iniziali passaggi della lettera a descrivere, più per accenni che con un discorso completo, i problemi del mondo di oggi e anche quelli della Chiesa, che non esito a definire come realtà che spesso appare “delusa e deludente”. Ma oltre del mondo e della Chiesa parlo anche dei giovani: anche loro hanno un grande bisogno di ritrovare quella speranza che sentono loro “rubata”.

Molto realismo, molta preoccupazione anche, ma senza scoraggiamento.
Da qui l’insistenza sulla speranza, che come trovate scritto al n. 10, potrebbe essere vista, forse ancora più che la fede, come il contenuto della “nuova evangelizzazione” e come il “senso stesso dell’esistere della Chiesa. Se non porta un annuncio e una testimonianza di speranza oggi, a che cosa serve la Chiesa?”. A che cosa serve anche la nostra Chiesa diocesana, se non vive di speranza e non porta speranza? Già nei due anni precedenti (ma non solo) ho dedicato nelle due ultime lettere pastorali diverse pagine alla speranza, ma anche quest’anno merita ritornarvi. Lo faccio ricordando anzitutto in modo molto sintetico il fondamento biblico-teologico della speranza, con riferimento in particolare alla lettera ai Romani, e invitando a riprendere in mano la splendida enciclica che papa Benedetto XVI ha dedicato anni fa alla speranza – la Spe salvi – e anche a utilizzare le espressioni dei salmi per esprimere la speranza nella preghiera.
Successivamente la lettera pastorale indica sei ambiti di speranza. Così viene detto al n. 13 della lettera: “Propongo poi alle comunità dell’arcidiocesi e ai singoli fedeli di dare particolare attenzione a sei ambiti di speranza. Realtà in cui trovare anzitutto la presenza di tracce di speranza e dove provare a porre dei segni concreti di speranza. Se ne potrebbero scegliere degli altri o anche se ne potrebbero aggiungere degli altri, ma questi mi sembrano significativi per la nostra Chiesa, sia per le sue dinamiche pastorali, sia per il suo essere in relazione con il cammino della Chiesa italiana e universale”. Trovare segni di speranza e porre segni – anzi, si potrebbe dire, “semi” di speranza: questo è il compito di quest’anno. Per essere concreti, indico anche alcuni impegni che chiedo di assumere con disponibilità, creatività e, però, in comunione tra di noi (sono indicati graficamente con uno sfondino grigio).

Un primo ambito è il creato.
Quanto la questione ambientale sia urgente ce lo ricorda spesso papa Francesco, ma è purtroppo un’ovvietà che anche negli scorsi mesi estivi abbiamo sperimentato. Al n. 16 della lettera, dopo aver ricordato i noti fenomeni preoccupanti che si sono verificati anche qui da noi e anche la crescente attenzione al tema, chiedo in concreto che “l’ufficio per la pastorale sociale in unione con i diversi uffici pastorali (catechesi, giovani, scuola, famiglia, ecc.) possa trovare delle forme nuove per far crescere questo approccio “credente” al creato, con diverse iniziative, anche valorizzando, per esempio, i diversi “cammini” che verranno percorsi nel 2025 in riferimento al Giubileo e all’evento di Nova Gorica-Gorizia capitale europea della cultura”.

Un secondo ambito è quello dei giovani.
Insisto molto sull’importanza di dare loro ascolto, un ascolto che non sia – permettete un neologismo – “imbrogliante”, ma rassicurante. Anche la testimonianza degli adulti è fondamentale. Ascolto, testimonianza e accompagnamento sono decisivi per la pastorale vocazionale. E naturalmente c’è una responsabilità dei giovani che, come ricorda spesso papa Francesco, non sono solo il futuro, ma sono già il presente. In concreto due indicazioni. La prima riguarda il tema dell’oratorio, da vedere non come contenitore di varie iniziative, spesso lodevoli, ma come luogo di incontro, ascolto e speranza.
Ci sono già dei progetti in atto, ma altri potrebbero partire, venendo incontro a una precisa richiesta che anche i sindaci, ascoltati in occasione del cammino sinodale, hanno rivolto alla nostra Chiesa. Ricordo poi anche i due giubilei per gli adolescenti e i giovani, che caratterizzeranno la pastorale giovanile il prossimo anno.

Il Giubileo del 2025 costituisce un altro ambito di speranza, il terzo.
Leggo quanto è scritto al n. 27 che indica le proposte diocesane: “Partecipare all’apertura del Giubileo a livello diocesano domenica 29 dicembre 2024 con il cammino verso la Cattedrale e alla sua chiusura il 28 dicembre 2025. Prendere parte al pellegrinaggio diocesano a Roma dal 13 al 16 ottobre 2025. Organizzare a livello decanale dei pellegrinaggi verso la Cattedrale. Proporre pellegrinaggi verso la basilica di Aquileia e i seguenti santuari e chiese da considerare chiese giubilari: Santa Maria di Barbana, B. V. Marcelliana di Monfalcone, Rosa Mistica di Cormons, chiesa di San Giusto a Gorizia, chiesa dell’ospedale di Gorizia. E anche valorizzare come gesto giubilare il nuovo cammino da Aquileia a Monte Santo. Organizzare, come è stato fatto nel Giubileo della misericordia nel 2015, un’ampia possibilità di accesso al sacramento della Riconciliazione (a tale scopo vengono concesse a tutti i sacerdoti presenti in diocesi le stesse facoltà del canonico penitenziere: cf can. 508 § 1)”.

Un quarto ambito di speranza ci pone in sintonia con il cammino sinodale italiano, che ci è stato presentato anche stasera.
Trascrivo quindi le indicazioni concrete (n. 31): “Per favorire questa sintonia [con il cammino sinodale], in questo anno pastorale non verranno proposte iniziative specifiche di formazione per i partecipanti ai consigli pastorali delle unità pastorali, ma solo un incontro per i consigli per gli affari economici da poco rinnovati.
I lineamenti [preparati per la prima assemblea sinodale] sono lasciati alla lettura personale e impegnano specificamente la sola équipe sinodale, in vista della partecipazione dei delegati alla prima assemblea di novembre. Nei due mesi di gennaio e febbraio 2025 viene chiesto ai consigli pastorali delle unità pastorali di lavorare sullo Strumento di lavoro, che verrà approvato dall’assemblea sinodale di novembre, secondo le modalità che verranno precisate dall’équipe sinodale. Il loro lavoro confluirà a livello decanale e, nel corso di cinque incontri (uno per ciascun decanato) nella seconda metà del mese di febbraio, verrà affidato ai delegati che parteciperanno alla seconda assemblea sinodale”.

Un quinto ambito su cui soffermarci rappresenta davvero la speranza, perché riguarda il dono della vita con la nascita di nuovi bambini e bambine e la loro rinascita nel sacramento del Battesimo.
Vorrei che non si trascurassero le brevi riflessioni sulla crisi demografica e anche sulle sue radici culturali, che non sono sicuramente nella linea della speranza e del dono della vita come una delle realtà più belle che è dato da vivere a uomini e donne. Ma mi soffermo un momento sulla pastorale battesimale, che chiederei fosse progressivamente configurata come un cammino catecumenale da offrire ai genitori e da condividere come comunità. L’urgenza della pastorale battesimale si unisce alla preoccupazione, emersa nella visita pastorale, circa una scarsa missionarietà verso le nuove famiglie, che sono quelle in cui di solito nascono i bambini.
Trascrivo anche in questo caso le proposte date a tutta la diocesi, precisando che nelle prossime settimane verranno offerte più precise e predisposti sussidi adeguati. “In concreto vorrei proporre, oltre a uno o due incontri di conoscenza e di spiegazione del senso di questo sacramento (auspicabilmente condotti non dal solo parroco, ma con il coinvolgimento di una coppia), tre brevi riti da tenere in alcune domeniche (di seguito o con una cadenza più ampia) prima della celebrazione del Battesimo. Riti che coinvolgono i genitori, i padrini (se possibile), la comunità e che nella loro semplicità possono dire molto del Battesimo più che molti incontri.
La prima domenica dovrebbe essere caratterizzata dalla presentazione del battezzando alla comunità, con la domanda del Battesimo e la scelta del nome. In tale circostanza dovrebbe essere chiesto alla comunità l’impegno a pregare per il bambino o la bambina, per esempio con un’intenzione nella preghiera dei fedeli, una decina di rosario nei giorni feriali o altre preghiere.
Nella seconda domenica dovrebbe essere consegnato il Credo, magari anche con una formula semplificata, che ricordi ai genitori e alla comunità in che cosa crediamo.
La terza domenica potrebbe essere dedicata alla consegna del Padre nostro, ma anche di un piccolo sussidio con le tradizionali preghiere cristiane e altre più adatte ai bambini, da insegnare al battezzando quando sarà più grande.
La quarta domenica vedrà la celebrazione del Battesimo all’interno della santa Messa comunitaria e con la valorizzazione dei segni battesimali (compreso il fonte). L’individuare alcune date fisse durante l’anno, legate in particolare al cammino dell’anno liturgico, potrà aiutare a organizzare al meglio la successione delle domeniche”.

Infine l’ultimo ambito di speranza è quello legato all’evento di Nova Gorica – Gorizia insieme capitale europea della cultura.
Le proposte sono: “Partecipare cordialmente e con frutto alle diverse iniziative. Crescere nella capacità di accoglienza verso chi è di un’altra cultura (compresi gli immigrati). Lavorare per tutto ciò che può favorire una cultura di pace e di riconciliazione. Cogliere questa occasione per incrementare i rapporti con la comunità cristiana di Nova Gorica e in generale con la Chiesa slovena. Essere disponibili all’ospitalità, in particolare dei giovani”.

Come potete vedere le proposte per quest’anno sono diverse, ma ovviamente non impegnano tutte le comunità e tutti gli operatori pastorali allo stesso modo e nello stesso tempo. Vorrei, però, che attuandole non si perdesse il loro essere segno di speranza. È ciò che alla fine ci interessa: testimoniare la nostra speranza nel Dio vivente, che è la speranza per tutta l’umanità, anche qui e ora nella nostra comunità ecclesiale e nella nostra società.

Concludo con un ringraziamento a chi ha collaborato alla elaborazione di questa lettera: i membri del consiglio dei vicari; la giunta del consiglio presbiterale, quella del consiglio pastorale e l’équipe sinodale; altri responsabili di uffici pastorali; ma anche tutti coloro che hanno partecipato agli incontri di decanato tenuti a giugno, sicuramente molti di voi. Leggendo la lettera sono certo che vi ritroverete in molti punti. Un bell’esercizio di sinodalità che siamo chiamati a continuare anche realizzando le diverse proposte durante tutto l’anno.

+ vescovo Carlo

(foto Fabio Bergamasco)