Gender pay gap
Perché le giovani laureate guadagnano solo il 58% dei coetanei maschi? Questo dato sconcertante emerge dal Rapporto OCSE “Education at a Glance 2024”, da poco pubblicato, e ci pone in cima alla lista dei Paesi aderenti all’OCSE con il più grande divario retributivo. La risposta risiede in una serie di fattori complessi, come segregazione occupazionale, […]
9 Ottobre 2024
Perché le giovani laureate guadagnano solo il 58% dei coetanei maschi?
Questo dato sconcertante emerge dal Rapporto OCSE “Education at a Glance 2024”, da poco pubblicato, e ci pone in cima alla lista dei Paesi aderenti all’OCSE con il più grande divario retributivo.
La risposta risiede in una serie di fattori complessi, come segregazione occupazionale, pregiudizi nelle pratiche di assunzione, ma anche questioni come gestione della famiglia e maternità.
Quest’ultima costituisce evidentemente un problema, come testimoniato dai dati del “Focus Gender Gap 2024” di Almalaurea, dove si evincono differenze salariali e occupazionali importanti tra uomini e donne laureati da 5 anni con e senza figli.
Il problema del gender pay gap, però, non riguarda solo le laureate. Anzi: le giovani che hanno concluso la scuola secondaria superiore o l’istruzione post-secondaria non terziaria guadagnano l’85% dei loro coetanei maschi.
Il problema non è certo nella maggiore preparazione a livello di istruzione: lo stesso rapporto di Almalaurea testimonia come le studentesse ottengano in molti casi migliori risultati.
Va invece cercato nella cultura nazionale e aziendale.
Tentare di accorciare il divario è possibile, se non necessario, attraverso buone pratiche come la previsione di permessi famigliari e di paternità per gli uomini, smart working e orari flessibili e strumenti di selezione del personale che fanno uso di tecnologie come l’Intelligenza artificiale.
Il tutto nella salvaguardia di quello che è il giro di boa della vita dei lavoratori: l’arrivo di un figlio.
In più, entro il 7 giugno 2026 l’Italia dovrà attuare la direttiva europea sulla trasparenza salariale, che, tra le altre, darà la possibilità alle lavoratrici di chiedere sia i livelli retributivi medi, ripartiti per sesso, delle categorie che svolgono lo stesso lavoro o un lavoro di pari valore, sia i criteri utilizzati per determinare la progressione retributiva e di carriera, che devono essere oggettivi e neutri sotto il profilo del genere.
Non è più pensabile una simile ingiustificata differenziazione di genere.
Siamo davvero tardivi nel far conseguire fatti alle parole in un circolo, che non è solo lavoro ma che è la vita, in cui la vessazione femminile contribuisce ampiamente alla fuga all’estero delle migliori menti o alla scelta, obbligata, di non fare figli per non frustrare le legittime aspettative professionali.
(foto Sciliani/SIR)
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