Mons. Baldas, sacerdote della “missio ad gentes”

Nella giacca di don Peppino c’era sempre una penna. Una penna da sfilare per segnare un nome, un numero di telefono, un riferimento. Rappresentava bene quell’attività instancabile che lo muoveva ogni giorno e che possiamo certamente esprimere come un’ansia evangelizzatrice e missionaria.
Scriveva Papa Paolo VI in Evangelii Nuntiandi che “la presentazione del messaggio evangelico non è per la Chiesa un contributo facoltativo: è il dovere che le incombe per mandato del Signore Gesù, affinché gli uomini possano credere ed essere salvati. Si, questo messaggio è necessario. É unico. É insostituibile. Non sopporta né indifferenza, né sincretismi, né accomodamenti. È in causa la salvezza degli uomini. […] Merita che l’Apostolo vi consacri tutto il suo tempo, tutte le sue energie, e vi sacrifichi, se necessario, la propria vita”.
Chissà quante volte don Giuseppe avrà meditato questi scritti, pubblicati nel 1975, proprio mentre a Gorizia muoveva i primi passi l’attività del Centro Missionario.
“Già da giovane – scrive don Giuseppe nel volume “50 volte grazie” – avevo un particolare interesse per le missioni e per l’Africa in particolare. Mi ricordo che già in terza media tenni una conferenza per tutti i seminaristi sulla situazione umana e spirituale del Sud Africa”.
Un’attività instancabile, portata avanti su mandato del vescovo Pietro, che lo nominò alla direzione di quel centro a cui dedicò, a partire dal 1978, tutta la sua vita. Sotto il suo impulso fiorirono i gruppi missionari in ogni parrocchia, anche nelle più piccole e sperdute.
Si può dire che erano altri anni, certamente, ma per onore alla verità bisogna anche riconoscere che don Peppino era conosciuto e stimato ovunque proprio per la sua presenza capillare in tutto il territorio diocesano e nella vita di tante persone che aveva conosciuto e coinvolto, di cui ricordava tappe, anniversari e ricorrenze. L’impegno che chiedeva don Peppino non era solo economico ma spesso fisico, concreto, tratto forse da quel senso del lavoro e del sacrificio che aveva respirato nella Bassa friulana degli anni Quaranta, a San Martino di Terzo, suo paese natìo. “Durante le vacanze estive (dal seminario n.d.r.) facevo il contadino come tutti i miei famigliari.
C’era lo spazio per la Messa del mattino e, nel tardo pomeriggio, prima che si chiudesse la chiesa, la visita e la preghiera al Santissimo Sacramento.
Più e più volte ho accudito la stalla, soprattutto quando i miei famigliari si fermavano nei campi, fino a sera, quando bisognava preparare i carichi delle barbabietole da zucchero che il giorno dopo dovevano essere consegnate allo zuccherificio di Cervignano. Era bello familiarizzare e confrontarsi con i contadini dei campi vicini, quando a mezzogiorno si interrompeva il lavoro e si prendeva, all’ombra di alcuni alberi, sulla sponda dei piccoli fossi, il pranzo meridiano.
Mi piaceva che, pur essendo un seminarista, mi considerassero uno di loro e questo me lo dimostrarono concretamente il giorno della Prima Messa”.
Questo stile, di cui aveva permeato il Centro Missionario ha contrassegnato una stagione di grande impegno di preti, religiosi e laici.
Tante donne e uomini hanno costituito i gruppi missionari, con l’impegno di promuovere l’azione del Centro anche con la realizzazione di mostre e mercatini di beneficenza; tanti uomini si sono impegnati nell’allestimento di container con beni di tutti i tipi e tante maestranze si sono adoperate per la costruzione di chiese, scuole e altri edifici in terra africana. Una stagione che sembra oggi lontana, in cui forse c’erano più sogni e meno disillusione nell’impegno di costruire un mondo migliore, portando il Vangelo.
Nato a San Martino di Terzo il 20 marzo del 1941, poche ore dopo la festa di San Giuseppe, mons. Baldas ricordava sempre come la sua vocazione fosse maturata sull’esempio del suo giovane parroco: “nel 1947 un giovane sacerdote, proveniente da Lucinico, don Giosuè Salomone, da tutti chiamato don Gè, venne come parroco a S. Martino, avendo solamente 27 anni. Io non sapevo niente sui sacerdoti, sul seminario ecc… vedendo le sue iniziative a favore di tutto il paese e soprattutto a favore di noi ragazzi e della gioventù, dicevo tra me “Voglio diventare come lui”. Credo che il suo esempio sia stato l’occasione per la mia vocazione al sacerdozio”.
Dopo una breve esperienza di parroco ad Ajello, don Baldas venne nominato nel 1977 vicario parrocchiale a Sant’Ignazio a Gorizia dove continuò sino ai suoi ultimi giorni il suo ministero dedicandosi in particolare ai fedeli della chiesa di Sant’Antonio.
Allo stesso tempo si dedicò a tempo pieno al Centro Missionario, la cui efficienza divenne ben presto un modello e un esempio per altre Chiese.
Nel 1994 venne nominato Cappellano di Sua Santità e nel 2006 e nel 2010 ricevette rispettivamente il “Premio Epifania” a Tarcento e il premio “Nadal furlan” a Buja; per un periodo fu anche direttore del settimanale diocesano “Voce Isontina” per alcuni mesi nel corso del 2007.
“Evangelizzare – scrive Paolo VI – è la grazia e la vocazione propria della Chiesa, la sua identità più profonda. Essa esiste per evangelizzare” (EN, 14).
Mons. Giuseppe Baldas, nel suo fecondo ministero, ha saputo davvero aprire la Chiesa di Gorizia al mondo con lo spirito missionario che lo ha permeato nella sua lunga esistenza.
La sua memoria resti in benedizione.

Andrea Nicolausig

(In foto: mons. Baldas il giorno dell’ordinazione sacerdotale)


Il “grazie” delle Suore della Provvidenza

Le Suore della Provvidenza di San Luigi Scrosoppi, ricordano con infinita riconoscenza mons. Giuseppe Baldas ed il suo operato instancabile a favore delle missioni in particolare quelle in Africa e Romania. La sua collaborazione con il nostro Istituto risale ancora al 1970 quando è stata aperta la prima missione in Africa in collaborazione fra diocesi di Gorizia e Suore della Provvidenza.
La sua memoria rimane nei nostri cuori a perenne ricordo e gratitudine. Ora “il nostro caro don Peppino” ha cambiato residenza per sempre ed è entrato nel residence speciale della vita eterna, luogo dove insieme al Signore gode una pace senza fine.
In questo regno di pace e luce, preghi anche per noi e per le emergenze dell’umanità.
Nella S. Scrittura in Mosè 1,39 si legge: “Questa è la mia opera e la mia gloria: fare avverare l’immortalità e la vita eterna dell’uomo”. E immortalità significa vivere per sempre come persone risorte e risorte con Cristo in Dio. Il Signore susciti nella Chiesa anime generose e con uno zelo apostolico particolare, come ha suscitato un giorno lontano mons. Giuseppe Baldas.

Le Suore della Provvidenza


La sollecitazione sino all’ultimo ad amare la missione

Don Peppino è arrivato al traguardo giusto in tempo per fare parte anche lui dell’immensa moltitudine in bianche vesti, in piedi davanti al trono dell’Agnello gridando a gran voce che la Salvezza appartiene al nostro Dio.
Ed è stata anche la missione per la quale si è donato senza riserve sulla terra dei viventi: l’evangelizzazione ad gentes.
All’ultima visita in ospedale, con un filo di voce, ci ha detto: “Amate la missione…”.
A lui, sacerdote, exdirettore del Centro missionario diocesano la nostra profonda stima e gratitudine e comunione con tutti i Santi.

Ivana Cossar