Una crisi economica che non conosce fine
22 Dicembre 2015
Nel corso del 2014 il Centro di Ascolto diocesano ha incontrato 434 persone, il 51% delle quali sono cittadini italiani. Delle persone rivoltesi al Centro di Ascolto diocesano il 44% non ha alcun reddito, un altro 34% percepisce un reddito inferiore al minimo vitale e il 55% è disoccupato.Nel 2014 l’Amministrazione Provinciale di Gorizia rileva un ulteriore aumento della disoccupazione che si assesta all’8,7%, percentuale che si eleva all’11,2% se calcolata solo tra le donne. Il prolungarsi della crisi sembra mettere in difficoltà i nuclei familiari italiani composti da una coppia con figli. Tra il 2013 e il 2014 crescono di quasi 4 punti percentuali coloro che si rivolgono al CdA a Gorizia e vivono in coppia con figli. Sembrerebbe che all’inizio della crisi i nuclei familiari italiani, grazie al sostegno della famiglia di origine, degli ammortizzatori sociali e degli strumenti di contribuzione dell’assistenza pubblica, siano riusciti a non scivolare in una situazione di grande deprivazione sociale. Con il passare del tempo gli ammortizzatori sociali e gli strumenti di sostegno al reddito messi a disposizione dalle politiche sociali vanno ad esaurimento costringendo le famiglie italiane a vivere in grosse difficoltà economiche. Al contrario le famiglie di cittadini stranieri nei primi anni della crisi hanno sofferto di più rispetto ai cittadini italiani, perché non potevano contare sul sostegno della famiglia di origine.La crisi economica che si trascina dal 2008 non solo ha impoverito le persone e le famiglie che hanno visto lo spettro della disoccupazione o la riduzione del reddito, ma ha anche fatto emergere una serie di fragilità. Questo lo possiamo vedere dai dati che rilevano un aumento delle persone che accusano un problema connesso all’ambito familiare, quali divorzio, separazioni, abbandoni o conflittualità di coppia. Nel 2014 i volontari e gli operatori del CdA di Gorizia hanno rilevato 33 persone con problematiche familiari connesse principalmente con la conflittualità di coppia e situazioni di divorzio e separazione che hanno causato o peggiorato il benessere della persona rivoltasi al CdA o del suo nucleo familiare. Aumenta anche il disagio abitativo tra le persone che si rivolgono ai volontari e agli operatori del CdA. Si registra, infatti, un incremento costante delle persone che dichiarano di avere una problematica abitativa: erano il 3,7% nel 2012 pari a 16 persone, 5,6% nel 2013 corrispondente a 23 persone e ben 8,8% nel 2014 pari a 38 persone. Un numero sempre più elevato di persone accusa di vivere in un alloggio precario, perché non riuscendo a far fronte al canone di locazione è a rischio sfratto oppure è costretto a vivere in un alloggio temporaneo, malsano o ospite di altre persone. Tra le famiglie straniere che si rivolgono al CdA goriziano si nota un aumento di coloro che vivono soli o con altre persone non familiari. I volontari e gli operatori del CdA isontino hanno ascoltato storie di migranti residenti nel territorio della Diocesi di Gorizia che dopo anni di disoccupazione sono stati costretti ad adottare due strategie. La prima prevede che il marito intraprenda un altro progetto migratorio in un Paese del Nord Europa dove è più facile trovare un lavoro. La seconda strategia contempla il rimpatrio della moglie e dei figli. Di conseguenza il marito, che rimane in Italia, va a vivere con altri suoi connazionali non potendo più permettersi il costo di un alloggio. In questo modo c’è una sorta di arretramento del progetto migratorio che infatti prevede, in genere, che arrivi in Italia un uomo in cerca di lavoro e vada ad abitare in una alloggio assieme ad altri connazionali per dividere le spese. Successivamente quando il lavoro è stabile l’immigrato si prepara al ricongiungimento familiare per la moglie e i figli andando a vivere in un’abitazione da solo. La crisi per alcuni migranti farebbe tornare il progetto migratorio nelle sue prime fasi.
Il Centro di ascoltoÈ l’emanazione di una comunità cristiana che si propone di offrire un’iniziativa di apertura, di approccio e di prima risposta ai bisogni del territorio; – è il luogo in cui le persone in difficoltà possono sperimentare, attraverso l’accoglienza e l’ascolto, il volto fraterno della comunità cristiana; – è uno strumento che permette alla comunità cristiana di conoscere e di condividere i bisogni concreti della gente, perché, facendosene carico, la comunità stessa possa vivere l’impegno e la testimonianza della solidarietà; – è frutto della disponibilità e del lavoro di un gruppo di persone che, con la collaborazione e il supporto dell’intera comunità cristiana, vivono l’ascolto come servizio, come mezzo con cui portare agli altri la gioia e la ricchezza che sperimentano nella “comunione”.Accanto al Centro di Ascolto diocesano c’è una rete di una ventina di Centri di ascolto parrocchiali che a nome e per conto delle comunità parrocchiali vogliono essere un seme di misericordia ascoltando, accompagnando e aiutando le famiglie che si trovano nel bisogno.
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