Comunicatori di misericordia
8 Febbraio 2016
E’ stata la chiesa di Sant’Ignazio a Gorizia ad ospitare, mercoledì scorso, l’annuale celebrazione in prossimità della festa di San Francesco di Sales, patrono di quanti operano nel campo delle comunicazioni sociali. Pubblichiamo di seguito i passi centrali dell’omelia del vescovo Carlo che ha presieduto l’eucarestia.La parabola del seminatore, presentata nel Vangelo di oggi, può essere agevolmente letta anche sotto il profilo della comunicazione. Di questa parabola abbiamo tre versioni, simili ma anche con differenze, nei tre Vangeli di Marco, Matteo e Luca. Questa sera ci è stata proclamata la versione di Marco, che, diversamente da Luca e anche da Matteo, sottolinea più che il seme, il seminatore. L’attenzione è quindi portata sul soggetto del seminare/comunicare prima ancora che sul destinatario. Ciò che viene seminato, l’oggetto della comunicazione, è in ogni caso molto importante: si tratta niente meno che della Parola, del Vangelo, l’euangelion, termine reso purtroppo in italiano – ma forse non è possibile trovare un’alternativa migliore – con “buona notizia”: un’espressione piuttosto debole, incapace di rendere tutta la pregnanza di un annuncio che riguarda il destino stesso della persona, la sua salvezza.E’ quindi importante vedere come questo oggetto viene accolto dai destinatari, ma, ormai lo sappiamo bene, è altrettanto decisivo il modo con cui comunicarlo. Ne ho fatto esperienza ancora ieri sera, dove, a un gruppo di adolescenti disponibili a fare gli animatori dei nostri campi scuola della prossima estate, mi era stato chiesto di presentare Gesù come leader di un gruppo. Nella mia esposizione ho cercato di essere chiaro, ho iniziato chiedendo di dirmi i nomi degli appartenenti al gruppo di Gesù, ho evitato di leggere brani di Vangelo ma di alludervi in termini sintetici cercando con le parole e con lo sguardo di capire se i riferimenti che facevo a personaggi ed episodici evangelici fossero conosciuti dai miei ascoltatori. Terminata la mia presentazione – che ritenevo ben fatta – ho chiesto ai ragazzi di esprimere il loro parere o di formulare delle domande. Silenzio. Un silenzio sempre più imbarazzante. Avevo individuato – un po’ di mestiere me lo sono fatto col tempo… – chi fossero i leaders del gruppo, i ragazzi più estroversi (all’inizio avevo fatto fare un giro di presentazione) e cercavo di fissarli con uno sguardo che incoraggiasse un loro intervento, ma lo sguardo si era trasformato presto da incoraggiante a supplicante e un po’ patetico. Silenzio. Meno male che a quel punto è intervenuto il responsabile della pastorale giovanile – don Nicola – che ha proposto: “facciamo così: vi diamo tre minuti per confrontarvi a gruppettini di due o di tre cercando di capire che cosa vi aiuta e che cosa vi ostacola nell’essere leader di un gruppo”. L’idea si è rivelata ottima: dopo qualche minuto di scambio a gruppetti si è potuto riprendere il dialogo con me e l’imbarazzo si è sciolto con interventi vivaci e interessanti.Torniamo alla parabola del seminatore, stavo per dire… del comunicatore. Perché la comunicazione della Parola, nel racconto di Gesù, non ha successo o ne ha solo parziale? Colpa dei destinatari? Certo, almeno le prime tre categorie non sembrano molto disponibili ad accogliere con frutto il messaggio. Ma voi mi insegnate che il cliente o, se vogliamo, il lettore, l’ascoltatore, lo spettatore ha sempre ragione. Se il giornale non viene letto, il programma radiofonico non viene ascoltato, l’audience del programma televisivo è disastrosa e lo share è bassissimo, ecc. la colpa sarà anche dell’utente, ma sicuramente è anzitutto del soggetto che ha scritto, letto, diretto, condotto, ecc. la comunicazione.Quindi la colpa è del comunicatore/seminatore? Gesù è incorso in un errore comunicativo simile al mio? In effetti, non ci vogliono grandi conoscenze di agricoltura per sapere che è sprecare il seme gettarlo sulla strada e in mezzo ai sassi e anche tra i rovi. Già puntare al terreno buono non è detto che porti al 100 per cento del risultato: il brano di Vangelo si conclude notando: “Altri ancora sono quelli seminati sul terreno buono: sono coloro che ascoltano la Parola, l’accolgono e portano frutto: il trenta, il sessanta, il cento per uno”. Sbagliare terreno fa comunque perdere anche il trenta per cento e sicuramente il seme gettato. Come – tornando alla comunicazione – sbagliare il target di riferimento porta a risultati disastrosi: pubblicizzare un adesivo per dentiere in una tivù di cartoni animati o pannolini per neonati su una tivù di videoclip non è il caso… Eppure il nostro seminatore non rinuncia a spargere il seme a 360 gradi. Come mai?Papa Francesco per il messaggio di quest’anno dedicato alla 50° giornata mondiale delle comunicazioni ha scelto come titolo: “Comunicazione e misericordia: un incontro fecondo”. E se il motivo profondo dell’atteggiamento “sprecone” del seminatore/comunicatore della parabola fosse proprio la misericordia? Una misericordia che non è altro se non un amore universale e insieme personale per tutti a prescindere dalla loro situazione e dalla loro disponibilità ad accoglierlo. Ogni persona, ogni uomo e donna, è importante per il Signore. Importante a prescindere. Dio non si accontenta di un successo eccellente – il 99% – vuole il 100%: non gli bastano le 99 pecore al sicuro, va a cercare quella perduta e fa festa – una grandissima festa piena di gioia – solo quando la ritrova.La Parola va quindi donata e annunciata anche quando non sembra esserci motivo umano per prevedere un minimo di accoglienza e di ascolto. Ma Dio agisce anche al di là di quello che vediamo noi, perché Lui ha in mano la storia, Lui guida il dialogo d’amore con ciascuno dei suoi figli e lo tiene sempre aperto. Per altro la prima lettura di oggi ci ricorda – come il profeta ha detto a Davide – che è il Signore il protagonista di tutto e non noi: non sarà Davide a costruire una casa per il Signore, ma è il Signore a garantire a Davide un casato, una discendenza.Dobbiamo allora imitare Dio anzitutto nell’attività di annuncio della Parola di Dio e della sua testimonianza attraverso in particolare le opere di misericordia. Si tratta di un impegno di tutta la Chiesa che sa di non poter escludere nessuno, perché Dio è misericordioso verso tutti. Siamo chiamati a imitare la misericordia di Dio anche nel campo della comunicazione? Non certamente nello sbagliare destinatari e modi del comunicare, sprecando risorse, carta, inchiostro, video e files… Dobbiamo invece saper inserire anche nel mondo della comunicazione alcuni elementi di misericordia. Lo ha detto molto bene papa Francesco nel suo messaggio, che vi invito a leggere o a riprendere. Riporto solo tre frasi. La prima sottolinea il tema dell’amore: “Ciò che diciamo e come lo diciamo, ogni parola e ogni gesto dovrebbe poter esprimere la compassione, la tenerezza e il perdono di Dio per tutti. L’amore, per sua natura, è comunicazione, conduce ad aprirsi e a non isolarsi”.La seconda frase riguarda l’universalità e il superamento delle divisioni: “Siamo chiamati a comunicare da figli di Dio con tutti, senza esclusione. La comunicazione ha il potere di creare ponti, di favorire l’incontro e l’inclusione, arricchendo così la società”.Infine, occorre leggere la conclusione del messaggio che parla della prossimità: “L’incontro tra la comunicazione e la misericordia è fecondo nella misura in cui genera una prossimità che si prende cura, conforta, guarisce, accompagna e fa festa. In un mondo diviso, frammentato, polarizzato, comunicare con misericordia significa contribuire alla buona, libera e solidale prossimità tra i figli di Dio e fratelli in umanità”.Buon lavoro allora a tutti voi: un lavoro di comunicatori di misericordia.
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