L’archivio del monastero di S.Orsola donato alla diocesi

Si intitolerà “Le Orsoline, la scuola, la città” la conferenza promossa giovedì 28 aprile dall’Arcidiocesi unitamente alla Fondazione Cassa di Risparmio di Gorizia ed alla Camera di Commercio di Gorizia, in occasione della donazione dell’Archivio delle Madri Orsoline all’Arcidiocesi di Gorizia.L’appuntamento è per le ore 17 nella sala “della Torre” della Fondazione Cassa di Risparmio di Gorizia (Via Carducci, 2). Sono previsti gli interventi della prof.ssa Giovanna Paolin, della dott.ssa Lucia Pillon e del prof. Ivan Portelli. Modererà l’incontro il direttore del nostro settimanale, Mauro Ungaro.

Il 24 marzo 1672 una lettera del Nunzio apostolico a Vienna, monsignor Mario Albrici, fonda ufficialmente il monastero di Sant’Orsola di Gorizia quale filiazione di quello delle Orsoline viennesi.L’atto è il frutto dell’iniziativa di molti: le sorelle goriziane Maria e Anna Bonsi mettono a disposizione la propria casa, nei pressi del convento di Santa Chiara; i Gesuiti si attivano, e così la nobiltà locale; si ottiene l’appoggio della corte austriaca. Lasciata Vienna con il Placet ottenuto da Wilderich von Walderdorff, allora principe vescovo di Vienna, il gruppo delle sei fondatrici, guidato dalla superiora Caterina Lambertina Pauli-Stravius e dalla prefetta Angela Aloisia, entrambe provenienti da Liegi, raggiungono Gorizia l’8 aprile 1672, a sera inoltrata.

Case “madri” e “figlie”La Compagnia di Sant’Orsola era stata fondata a Brescia, nel 1535, da sant’Angela Merici. Distinte dal desiderio di conciliare vita contemplativa e impegno sociale, le Orsoline si dedicano all’educazione delle ragazze. Si diffondono rapidamente in Italia e in Francia, dove nel primo Seicento sono obbligate a osservare la clausura, ma possono aprire scuole aperte ad alunne esterne. Dalla Francia si espandono nelle Fiandre e nei paesi di lingua tedesca, attraverso congregazioni di monasteri, autonomi l’uno rispetto all’altro, ma legati dalla comune provenienza. Dal monastero di Bordeaux (1618) deriva quello di Liegi (1622), che genera il monastero di Colonia (1639) e quello di Praga (1655). Orsoline provenienti da Liegi, Colonia e Praga (tra loro Caterina Lambertina Pauli-Stravius) fondano il monastero di Vienna (1660), da cui deriva quello di Gorizia (1672), di cui Caterina Lambertina è destinata a divenire superiora.A sua volta Gorizia darà vita ai monasteri di Graz (1686), Lubiana (1702) e Cividale (1843).

Il monastero di GoriziaLa casa in cui le religiose fondatrici sono accolte, appartenente alle sorelle Bonsi, consiste in due stanze e cucina, portico e granaio: da subito si rivela insufficiente. La priora s’impegna a ricercare una sede più adatta. La trova, ai piedi del colle del Castello, nella casa Volante, dotata d’orto e cortile interno. La comunità vi si stabilisce già il 9 agosto del 1672. Nel 1675 si acquista la casa contigua, nel 1678 inizia la ristrutturazione degli stabili. I lavori, diretti dai capimastri lombardi Giovanni Battista e Pietro Giani, già operanti nel Goriziano, si protrarranno fino al 1685, interrompendosi nel 1682 a causa dell’epidemia di peste che colpisce la città. La costruzione della chiesa aperta al culto pubblico termina nel 1683. L’anno successivo è ultimato il campanile.L’area occupata dal monastero si amplia progressivamente, fino a estendersi dall’odierna via delle Monache, sulla quale s’affaccia la chiesa, alla contrada dei Macelli (l’attuale via Morelli). Il complesso viene così a raccordare il nucleo antico della città, ai piedi del Castello, con i settori di nuova espansione, al di là del Travnik (l’odierna piazza della Vittoria).L’ente diviene proprietario di un vasto patrimonio fondiario, nato da donazioni e dalle doti delle religiose, che fino all’Ottocento provengono solo da famiglie nobili. Lo si amplia e concentra mediante acquisti e permute. L’intero processo trova riscontro nelle carte conservate fino ad oggi nell’archivio del monastero.

Le guerreDurante la prima guerra mondiale, nonostante i bombardamenti e il trasferimento di molte religiose in altri monasteri o nei campi allestiti per i profughi, l’edificio di via delle Monache non rimane mai deserto. La guerra, cui segue il passaggio dei territori giuliani all’Italia, segna ovviamente una cesura nella sua storia.Nel 1921, considerato che gli edifici hanno subito gravi danni e che il nuovo piano regolatore della città finirà col ridurre l’area occupata dal monastero, si decide di trasferirlo in un’altra sede. Si acquistano, a nord di Gorizia, la villa e il vasto giardino già di proprietà di Giacomo Ceconi e nel 1923 si dà inizio ai lavori di costruzione del nuovo edificio, affacciato sull’odierna via Palladio. Fra 1927 e ’28 vi si trasferiscono la comunità monastica e le scuole.L’operazione è all’origine d’un grave dissesto economico, vuoi per il ritardo con cui sono corrisposti gli indennizzi per i danni di guerra, vuoi perché l’amministrazione comunale goriziana, che inizialmente suscita speranze di grossi ricavi dicendosi favorevole all’acquisto dell’intera area occupata dal vecchio complesso, poi si offre di comperarne solo una porzione. Irregolarità commesse dalla ditta responsabile della conduzione dei lavori di edilizia e dagli amministratori laici del monastero aggravano ulteriormente la situazione. Le religiose risolveranno le proprie difficoltà solo negli anni immediatamente precedenti il secondo conflitto mondiale, dopo aver contratto mutui con istituti bancari e alienato le proprietà fondiarie, nonché grazie a ripetute, provvidenziali sovvenzioni della casa delle Orsoline di Brescia.L’edificio del monastero rimane indenne durante la seconda guerra mondiale. Requisito il 24 settembre 1943 dalle truppe germaniche ad uso dello Stato maggiore, è poi adibito a ospedale militare. Il 5 maggio 1945 lo occupa un reparto di americani, che lo lascia il 21 maggio. Le truppe alleate si ripresentano il 12 giugno, al termine dell’occupazione jugoslava. Nell’aprile 1947, quando viene smantellata la stazione radio che l’esercito americano ha allestito al suo interno, l’edificio rientra in possesso della sola comunità religiosa.

Merletti, ricami e reliquiariA Gorizia, come in altri monasteri, i lavori delle monache, messi in vendita, costituiscono una fonte di reddito integrativo. Le Orsoline producono splendidi lavori di ricamo e merletti, che lavorano a fuselli e ad ago. Per loro, la lavorazione del merletto è anche un sapere da trasmettere: nelle loro scuole costituisce materia d’insegnamento. Le religiose sono abili, inoltre, nella confezione di Agnus Dei, sorta di reliquiari guarniti, che nelle aree di cultura tedesca erano usati, durante il periodo barocco, per abbellire le chiese. La loro manifattura garantisce alle Orsoline goriziane discrete entrate, insieme alla confezione di fiori finti, utilizzati per l’addobbo di chiese e case. Come è possibile riscontrare consultando i registri contabili conservati nell’archivio del monastero, alla confezione dei lavori corrisponde l’acquisto di grandi quantità di filati, fuselli, spilli, merletti già realizzati.Malgrado le vicissitudini trascorse e la distruzione della prima sede del monastero durante la prima guerra mondiale, il suo patrimonio (che consiste in diverse collezioni d’interesse storico-artistico, in una biblioteca e nell’archivio storico) si è conservato pressoché integro ed è, in larga misura, ancora custodito dalla comunità che lo ha creato. Un catalogo di campioncini di merletto, vari cartoni da ricamo e una serie di attrezzi utilizzati per confezionare fiori artificiali ed eseguire rilegature sono entrati a far parte, nei primi anni del Novecento, delle raccolte dei Musei Provinciali di Gorizia.

L’archivio storicoDonato di recente all’Arcidiocesi di Gorizia, l’archivio del monastero è oggi consultabile presso l’Archivio storico diocesano.Conservato senza soluzione di continuità dal monastero, riorganizzato dalle religiose nel 1831 e nel 1922, il fondo è stato sottoposto tra il 1995 e il 2003 a un completo intervento di riordino e inventariazione. Il riordino ha ricostruito l’assetto dell’archivio, conservando le organizzazioni via via attribuite dalle religiose alle loro carte.L’archivio è attualmente diviso, di conseguenza, in 3 sezioni, ciascuna corrispondente a un diverso sistemi di tenuta delle scritture da parte delle Orsoline. La prima sezione corrisponde all’organizzazione dei documenti realizzata nel 1831, la seconda sezione riflette quella ricevuta nel 1922, alla fine della ricognizione effettuata dalle religiose dopo la prima guerra mondiale; la terza corrisponde al sistema di organizzazione adottato nel 1924, all’atto del trasferimento della comunità presso la nuova sede.Ciascuna sezione è suddivisa in 5 gruppi: Archivio del monastero, secondo la denominazione originaria, attribuita dalle Orsoline stesse, e che comprende carte e registri riguardanti la costituzione del patrimonio dell’ente e la sua gestione; Archivio delle monache, con i registri sui quali sono segnati nomi e dati biografici di tutte le religiose, e con le cronache del monastero, ampiamente utilizzate (in primis da Camillo Medeot) per la ricostruzione della sua storia; Scuole, con la documentazione prodotta dagli istituti che si sono succeduti nel tempo; Educandato, con i registri utilizzati per la gestione delle diverse sezioni del collegio convitto; Repertori, comprendente i cataloghi messi a punto dalle religiose ai fini della gestione del loro patrimonio documentario. Fra questi il “Repertorio 1831”, che descrive analiticamente le scritture più antiche del monastero.Il massiccio registro prevede sistematici rinvii ai documenti che, considerati di maggior rilievo, furono trascritti su cartolari e fatti autenticare nel 1744 da un notaio di fiducia, Antonio Cruxilla. Non solo: per quanto concerne la gestione dei beni colonici, rinvia anche ai registri degli affitti. Il repertorio è completato da un “Sunto” che, realizzato nel 1922, offre un quadro delle dispersioni subite dall’archivio a causa della guerra.

Lucia Pillon

La scuola delle Madri Orsoline

La storia di un’istituzione che ha accompagnato per più di tre secoli la crescita di Gorizia ed in particolare quella di tante ragazze e donne goriziane

Fin dalla sua istituzione nel XVI secolo, la Compagnia di Sant’Orsola riserva una particolare attenzione alla pratica educativa, non solo quella rivolta al suo interno, ovvero verso le religiose, ma anche e soprattutto verso l’esterno, verso coloro che avrebbero continuato a vivere nel secolo. Un’attività educativa specifica ed attiva destinata in origine alle donne che, per qualche tratto, può essere vista come parallela a quella tutta maschile dei Gesuiti, anche se condotta su livelli diversi.

Le Orsoline, subito dopo la fondazione del proprio monastero a Gorizia nel 1672, attivano qui un “educandato” ovvero un convitto aperto anche ad allieve non destinate alla vita monastica ed una vera e propria scuola rivolta all’esterno.Le due istituzioni sono però ben distinte: le educande infatti devono vivere lontane dal contatto con il mondo e dalle sue corruzioni. Dalle cronache del monastero apprendiamo come l’apertura in particolare della scuola riscontri fin da subito un grandissimo successo: “vi erano circa cento figliuole, e se il sito fosse stato maggiore, ne avrebbero pigliate assai più”. La scuola accoglie fanciulle di età e condizione sociale molto diverse; l’educazione impartita comprende pratiche di pietà e catechismo, leggere e scrivere oltre ai lavori femminili. Le convittrici, col tempo, aiutano le madri nella scuola esterna.

L’educazione obbligatoria nei domini asburgiciA seguito del Regolamento scolastico del 1774 nei domini asburgici l’educazione diventa formalmente obbligatoria e lo Stato utilizza il sistema delle cure d’anime per avviare l’organizzazione di un sistema scolastico di base. Accanto alle scuole di una o due classi, dette “triviali” (Trivialschule) ovvero destinate ai villaggi, sono previste presso i centri maggiori (di solito i capoluoghi distrettuali) Caposcuole (Hauptschule) di tre classi. Dove i numeri lo consentono si dividono i maschi dalle femmine, fino a costituire veri e propri istituti distinti. Così a Gorizia presso il monastero delle Orsoline, in ragione della tradizione di insegnamento già lunga e consolidata, viene istituita una Caposcuola femminile di tre classi. Non è però una semplice Caposcuola: si tratta di una Scuola Normale (Normalschule) ovvero di una Caposcuola dove si applica il metodo d’insegnamento detto “normale”, che prevede delle precise norme per l’insegnamento e per definire l’avanzamento degli allievi negli studi (la divisione per classi è legata in primo luogo a questo). Si tratta del metodo d’insegnamento previsto anche nella formazione dei futuri insegnanti. Non essendoci istituti scolastici femminili superiori, a tutti gli effetti questo è il grado più alto di educazione pubblica possibile all’epoca per una donna. Non è automatica l’applicazione della norma che prevede il passaggio progressivo, nell’insegnamento, dall’italiano al tedesco. Se nel secolo precedente si era posto il problema contrario (all’inizio ben poche erano le Madri in possesso dell’italiano), nella seconda metà del Settecento poche sono le Madri che conoscono il tedesco. Viene quindi concesso l’uso dell’italiano, con l’indicazione però di passare il prima possibile al tedesco, lingua dell’istruzione superiore.In un documento senza data, ma presumibilmente dell’ultimo scorcio del Settecento, troviamo precise indicazioni su come è organizzata la scuola esterna delle Orsoline: le tre classi che la compongono rispecchiano non l’età delle fanciulle o il loro stato sociale ma l’avanzamento degli studi. Viene infatti espressamente indicato di non far alcuna differenza in ragione della condizione sociale delle fanciulle: devono venir premiate le più diligenti.Si tratta di una scuola volta a formare ed educare le fanciulle alla vita: attenzione alla pulizia (“affinché la gioventù ancorché povera divengi amante della pollitezza esteriore, vero indizio dell’interiore”), mentre l’insegnamento è fondato sulla preparazione religiosa (una particolare attenzione è riservata alle pratiche devozionali e di perfezione personale) parallela a quella scolastica (leggere, scrivere e far di conto) e a quella ai lavori più adatti alle fanciulle.

Mutamenti nell’ordinamento scolasticoFino ai decenni centrali dell’Ottocento quella attiva presso le Orsoline continua ad essere la Caposcuola femminile della città di Gorizia. Presso l’istituto si possono anche superare i corsi di pedagogia (riservati alle donne) che abilitano all’insegnamento elementare. Le altre scuole femminili attive in città non raggiungono questo grado.La posizione della scuola delle Orsoline nel sistema scolastico locale, compreso in particolare l’elemento della formazione magistrale femminile, muta definitivamente nel 1875, quando, a seguito dell’applicazione della nuova legislazione scolastica, lo Stato, avocando a sé il controllo del sistema scolastico e la gestione della formazione magistrale, istituisce propri istituti magistrali: a Gorizia viene istituito un nuovo istituto magistrale e chiuso il corso attivo presso le Orsoline. La scuola delle Orsoline, in quanto dipendente da un istituto religioso, pur continuando nella propria attività, si trova ad essere considerata come una qualsiasi scuola privata. Riesce però ad ottenere nel 1886 il diritto di pubblicità, entrando di nuovo diritto a far parte del sistema dell’istruzione pubblica goriziana. Così dal 1891 la scuola ha il titolo di Scuola popolare generale e cittadina con lingua d’insegnamento italiana. A questa, a partire dal 1907, si affianca la scuola privata in lingua tedesca.

Il primo dopoguerraNell’immediato dopoguerra, per un brevissimo periodo funziona anche una scuola in lingua slovena.La guerra porta delle conseguenze pesanti: l’edificio che per secoli ha ospitato le Madri e la loro scuola deve essere abbandonato, e viene trovata una nuova sistemazione presso villa Cecconi.Continua l’azione educativa delle Orsoline che, adeguandosi alle nuove esigenze normative, mantengono sempre viva l’attenzione verso la scuola di base che, al di là delle diverse denominazioni, persiste tuttora. Non solo: molteplici sono le iniziative scolastiche che prendono vita dopo la guerra: vengono organizzate inoltre una scuola di avviamento professionale, una scuola di economia domestica, una scuola di taglio e cucito ed anche una scuola media. In seguito anche la formazione magistrale avrà di nuovo un suo spazio. Le carte dell’archivio delle Madri Orsoline conservano la memoria di queste molteplici realtà fino al presente, consentendo di ripercorrere la vita di un istituto che ha accompagnato per più di tre secoli la crescita di Gorizia ed in particolare quella di tante donne goriziane.

Ivan Portelli