ICM: l’utopia realizzata

Una serie di manifestazioni ricorderà a Gorizia nel prossimo fine settimana (12-14 maggio) i 50 anni dall’avvio degli Incontri culturali Mitteleuropei promossi dall’omonimo istituto cittadino.Si trattò allora dell’intuizione davvero profetica di chi, già da tempo, al di qua e al di là del confine, si era impegnato per superare le divisioni imposte alla fine del secondo conflitto mondiale dall’idiozia delle ideologie agli abitanti queste terre. Ne furono protagonisti uomini e donne che ebbero la capacità di guardare oltre, di non fermarsi al contingente ma di saper immaginare ed impegnarsi in prima persona per costruire un futuro – diverso e di pace duratura – al territorio che l’Isonzo bagnava e da secoli univa: ciascuno di loro divenne “homo politicus” mettendo i propri talenti a disposizione del bene comune. L’intuizione vincente fu quella di “usare” della cultura come grimaldello per scardinare le diffidenze e riprendere il dialogo fra mondi che non avevano avuto molte occasioni di incontro da quando una lunga cortina di ferro aveva diviso l’Europa. Fu la stagione dei concorsi di canto corale (promossi dalla “Seghizzi”) e del folklore (ideati dalla ProLoco) ma anche delle proposte del centro “Rizzatti” e, appunto”, dell’Icm e dell’Isig… E così il muro che doveva separare diveniva motivo per unire: uno degli scherzi che la Storia gioca a chi ritiene di poterla utilizzare.Che questo avvenisse a Gorizia pareva davvero naturale. Il perché lo espresse bene, durante la sua visita nel maggio di 24 anni fa, papa Giovanni Paolo II: “Gorizia, situata all’incrocio di correnti di pensiero, di attività e di molteplici iniziative, sembra rivestire una singolare missione: quella di essere la porta dell’Italia che pone in comunicazione il mondo latino con quello slavo; porta aperta sull’Est Europeo e sull’Europa Centrale”.Quel primo Incontro mitteleuropeo ebbe come protagonista Giuseppe Ungaretti, il poeta soldato. Le parole che pronunciò allora (“il nome di Gorizia non era il nome di una vittoria ma il nome di una comune sofferenza”) rappresentavano una svolta epocale perché proponevano una rilettura rivoluzionaria della tragedia di mezzo secolo prima.ùUna rilettura proposta da chi quegli avvenimenti gli aveva vissuti nel profondo della propria anima ed ora gli spogliava dalla retorica di cui la storiografia ufficiale li aveva rivestiti dopo essersene impossessata. Le parole di Ungaretti ristabilivano la Verità e ridavano onore e dignità a tutti coloro che qui avevano combattuto, sofferto: qualunque fosse la divisa che indossavano. Certamente di acqua sotto l’Isonzo ne è scorsa molta. I confini sono caduti e la città è ancora alla ricerca di una propria identità che le permetta di superare la crisi che l’attanaglia: la mancanza di un ricambio generazionale derivante dall’incapacità di confrontarsi coi giovani (facendone non manovali ma co-protagonisti) ha affossato lo slancio di molte realtà che ormai rischiano di non sopravvivere ai propri fondatori. Celebrare l’anniversario degli Incontri mitteleuropei rappresenta, allora, un’occasione importante: certamente per fare memoria dei protagonisti di allora ma sarebbe un errore tipicamente goriziano limitarsi a guardare solo al passato, con nostalgia.L’Europa che ha srotolato nuovamente il filo spinato sui confini ha bisogno di nuove profezie che sappiano riunire le persone attorni ad ideali comuni.Un’utopia? Forse ma non meno realizzabile di quella che mezzo secolo “inventò” gli Incontri Mitteleuropei.