Offrire a Dio, condividere con i poveri
30 Maggio 2016
Secondo l’OGMR, 72 la presentazione e preparazione dei doni corrisponde al gesto di Gesù che nell’ultima Cena «prese il pane»: «Nella preparazione dei doni, vengono portati all’altare pane e vino con acqua, cioè gli stessi elementi che Cristo prese tra le sue mani». Si possono anche presentare «altri doni per i poveri o per la Chiesa» (OGMR, 73). Già Giustino nella sua Prima Apologia raccontava: «I facoltosi e i volenterosi danno ciò che vogliono; e il raccolto è consegnato al capo, il quale sovviene gli orfani, le vedove, i bisognosi per malattie o altro, i detenuti e i forestieri capitati; egli soccorre, in una parola, chiunque si trovi in bisogno» (nn. 65-67). In questo testo emerge il profondo legame tra il rito eucaristico e la carità, manifestata attraverso la colletta a favore dei poveri collocata all’interno della celebrazione liturgica.Dai doni portati in chiesa si prelevano sia i doni per i poveri, sia i doni da offrire a Dio: offerta a Dio e attenzione ai poveri costituiscono un unico atto di culto, testimoniato anche dal fatto che il vescovo che presiede l’offerta liturgica della comunità presiede anche l’offerta di carità in favore dei poveri della comunità. Un altro testo che vale la pena citare è quello della Didascalia, un documento del III secolo di origine siriaca. In esso, quasi un’eco di Gc 2,2-6, leggiamo: «Se mentre sei seduto qualcuno dovesse entrare, sia esso un uomo o una donna, una persona investita di un qualche onore del mondo e proveniente dallo stesso distretto oppure da un’altra comunità, tu, o vescovo, se stai parlando, ascoltando o leggendo la parola di Dio, non devi inchinarti davanti a lui. Non devi sospendere il ministero della Parola per trovare un posto per lui; resta dove sei, indisturbato, e non interrompere quello che stai dicendo; saranno i fratelli a prendersi cura di lui (…). Se invece dovesse entrare un povero, sia esso uomo o donna, di quel luogo o di un’altra comunità, soprattutto se esso è anziano e non c’è posto per lui, allora tu, o vescovo, con tutto il tuo cuore dovrai provvedere che si trovi un posto per lui, anche qualora tu dovessi sederti per terra». Anche oggi dunque la celebrazione eucaristica si manifesta indissolubilmente legata a una vita cristiana di carità. L’Eucaristia presuppone la carità, come il Battesimo presuppone la fede. In ordine all’invocazione della misericordia di Dio è inoltre degna di nota l’apologia che il sacerdote recita sottovoce: «Umili e pentiti accoglici, Signore …».Con questo testo ispirato a Dn 3,39-40 il sacerdote, esercitando il suo ruolo ministeriale, chiede a Dio l’accoglienza del sacrificio che sta per essere offerto. L’invocazione della misericordia di Dio è infine presente nella formula con la quale il sacerdote accompagna il gesto della lavanda delle mani significandolo come evocativo di purificazione (cf. Sal 50,4).
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