L’unità ortodossa serve la causa dell’unità dei cristiani
11 Luglio 2016
Tra il 19 e il 26 giugno la chiesa ortodossa ha celebrato a Creta un avvenimento assolutamente eccezionale: un concilio. Ciò non avveniva da più di un millennio a causa del grande scisma con la chiesa d’occidente. Gli ortodossi con la divisione da Roma avevano deciso di non indire più un concilio che invece avrebbe richiesto la presenza della chiesa universale. Questo concilio cosiddetto “pan-ortodosso” è un progetto che ha più di mezzo secolo, quando Atenagora I, il Patriarca di Costantinopoli che aveva abbracciato Paolo VI, l’aveva auspicato. Di tempo ne è passato, ma il progetto si è realizzato. Per avviarlo è stato stilato un documento preparatorio sul tema : “La missione della chiesa ortodossa nel mondo contemporaneo”. In esso le ragioni della sua indizione sono così espresse: “Ci sono stati tanti sviluppi, così come molti cambiamenti nel corso di centinaia di anni. Sviluppi politici, sociali, anche scientifici. La Chiesa non può più rimanere fuori da queste discussioni. Deve piuttosto trasformarle, attingendo alla sua ricca ed antica tradizione spirituale, articolando nuove risposte, per non ripetere sempre le stesse”.Purtroppo poco prima del suo inizio, delle quattordici chiese autocefale che dovevano essere rappresentate al concilio quattro si sono ritirate. C’erano i rappresentanti dei Patriarcati di Costantinopoli e Alessandria, di Gerusalemme e Romania e le chiese auto-cefale di Cipro, Grecia, Albania, Polonia e di Cechia e Slovacchia, invece assenti le chiese di Russia, di Bulgaria, della Georgia e di Antiochia. La defezione più eccellente è stata quella della chiesa russa con il suo Patriarca Cirillo che ha giurisdizione su quasi metà dei cristiani ortodossi di tutto il mondo. Ci sono motivazioni ufficiali, come quella di un’auspicata migliore preparazione anche con i documenti introduttivi e quella della mancata preparazione della base; ma anche ufficiose come i giochi del potere delle gerarchie ortodosse per cui a un concilio che viene indetto dal Patriarca di Costantinopoli che vanta il primato di onore su tutta l’ortodossia, ma che numericamente è debole, non partecipa quello di Mosca. Infatti, anche se il Patriarcato di Costantinopoli è quello più antico, quello russo oggi è quello più potente e importante. I malumori si sono inoltre concentrati sui testi di alcuni documenti che il concilio dovrà discutere e promulgare, tra cui quello relativo al rapporto degli ortodossi con le altre confessioni cristiane. I critici chiedono delle modifiche e il rinvio del concilio stesso, ipotesi che ha trovato l’opposizione del patriarcato ecumenico di Costantinopoli, responsabile dell’organizzazione dell’evento a Creta. I temi discussi sono stati i seguenti: la missione della Chiesa Ortodossa nel mondo contemporaneo; la diaspora ortodossa; l’autonomia delle singole chiese ortodosse locali e la modalità della sua proclamazione; il sacramento del matrimonio e i suoi impedimenti; l’importanza del digiuno e la sua osservanza oggi; le relazioni della Chiesa Ortodossa con tutto il mondo cristiano.I delegati delle dieci chiese nazionali sono stati 290 e ad uno di essi è stata posta la seguente domanda: “Qual è veramente il problema principale, in questo momento, in seno alla Chiesa ortodossa, al di là appunto delle dispute diplomatiche? La risposta: “La Chiesa ortodossa è molto legata alla tradizione. Il grande teologo Joannis Zizioulas diceva che la tradizione è la verità e dovrebbe avere la dinamica della verità, e come tale ogni epoca dovrà formare la sua tradizione e non essere ingabbiata nelle tradizioni del passato. E’ questo il problema della Chiesa ortodossa: quello di dover uscire dalle sue fobie e dalle cose del passato. Non dimentichiamo che i grandi padri della Chiesa, allora unita, e che sono da tutti rispettati, avevano il coraggio di confrontarsi con il loro mondo contemporaneo. Così dovrebbe fare anche la Chiesa ortodossa”. Le Chiese ortodosse sono indipendenti e non hanno una struttura ’sovrannazionale’ che le coordini giuridicamente, per questo il Concilio, che nelle intenzioni dei partecipanti dovrebbe diventare una consuetudine, è l’occasione di realizzare concretamente quella conciliarità che è nel loro DNA, ma, che restava inespressa al di là delle singole realtà ecclesiali. Sono Chiese che cercano di imparare un nuovo modo sinodale di camminare insieme e colpisce come sia la stessa esigenza che avverte oggi sia la Chiesa cattolica come quella anglicana. Ovviamente, i documenti che si stanno discutendo a Creta sono molto importanti, ma è l’evento stesso del Concilio la vera grande novità. Non si tratta solo del risultato di un lungo cammino, ma anche dell’inizio di un percorso rinnovato delle Chiese ortodosse”. Il Patriarca ecumenico Bartolomeo I ci tiene a sottolineare che l’obbiettivo dell’incontro è avviare una nuova sinodalità e risolvere questioni che sono all’ordine del giorno da 50 anni. Saranno infatti i prossimi Concili ad affrontare le questioni del rapporto fra le Chiese ortodosse e il mondo esterno, nonché temi più attuali come l’ambiente, la bioetica e la secolarizzazione”. Il clima di questi giorni è stato commentato da diversi partecipanti. Ionut Mavrichi, portavoce del Patriarcato di Romania, dice: “Le discussioni tra i vescovi sono ricche di emozione ed empatia e variano dai risvolti metafisici al problema della povertà. E’ solo l’inizio -ha detto concludendo poi- la tradizione della nostra Chiesa può essere una risorsa molto ricca alla ricerca di risposte della modernità”. Ed il vescovo Gregory di Messaoria, portavoce della Santa Chiesa di Cipro, ha aggiunto: “Questo sinodo è un dono di Dio. Si fa l’esperienza di essere presenti in umiltà, in semplicità, in spirito di amore e carità per tutti. Se non siamo capaci di mostrare noi stessi uniti, come possiamo dire al mondo che siamo uniti come Chiesa di Dio?”. Ed ha concluso: “Questo Sinodo non è una copia di quelli che si sono tenuti nel passato. È qualcosa che ha attraversato i secoli per realizzarsi qui, non solo ora, ma anche per il futuro”. Il messaggio finale del Grande Concilio delle Chiese ortodosse è un’esaltazione dell’importanza del dialogo tra le varie confessioni ortodosse, ma anche del dialogo ecumenico con le altre Chiese cristiane, perché, come ha spiegato il Patriarca Bartolomeo I: “l’unità ortodossa serve anche la causa dell’unità dei cristiani”, e poi quello inter-religioso per cercare di contrastare l’esplosione dei fondamentalismi, e perché è l’unica strada per una reciproca fiducia, pace e riconciliazione”. A questo proposito forte è stato l’appello rivolto alla comunità internazionale perché compia ogni sforzo possibile per “una risoluzione dei conflitti armati” in Medio Oriente. Padre Athenagoras Fasiolo, delegato del Metropolita ortodosso d’Italia, un friulano nostro conterraneo, crede che questa forma di dialogo debba diventare una prassi nell’ortodossia che può permettere di superare l’”etnofiletismo”, cioè il nazionalismo all’interno delle Chiese ortodosse.”Il messaggio del Patriarca ecumenico Bartolomeo in apertura del Concilio – spiega padre Fasiolo – ha sottolineato con forza l’appartenenza ad un’unica Chiesa, ’una, santa, cattolica e apostolica’, che si esprime nel mondo attraverso rami diversi che appartengono però alla stessa pianta. Credo che questo grande Concilio dia la dimensione dell’universalità della Chiesa ortodossa e non del particolarismo e parlerà molto alla storia. Alcune Chiese sono state obbligate a non partecipare per motivazioni interne, non saprei se politiche o ecclesiastiche, che vanno superate”, conclude Fasiolo. “Dobbiamo ringraziare molto Papa Francesco per il suo messaggio su twitter al Patriarca Bartolomeo – che ha avuto grande rilievo sui media ortodossi – e la Chiesa cattolica per le preghiere sincere inviate al Concilio. Le sensibilità sono diverse, ma la pazienza, la buona volontà e lo Spirito Santo porteranno a un rinnovato dialogo ecumenico fra di noi”. Luci e ombre su un evento ecclesiale, sicuramente ispirato dallo Spirito, ma in cui ancora gli uomini, quando non sono completamente docili ad esso, possono costituire un ostacolo alle diverse forme di comunione che devono essere l’essenza di una chiesa che ricerca il piano di Dio nella storia umana.
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