L’attività con l’Azione cattolica, le Dolomiti e le elezioni del 1948

L’intrepida compagnia dei giovani, che eravamo noi della “Giosuè Borsi”, sezione Giac di Piazzutta, la parrocchia dei santi Vito e Modesto, non solo conduceva le proprie attività, ma partecipava anche a quelle della città e della diocesi. Gli Aspiranti si recavano numerosi all’annuale loro Convegno Diocesano, in un’occasione ricordo ad Aquileia; i più grandi a loro volta presero parte al convegno giovanile cittadino in preparazione della grande manifestazione che i giovani di AC avrebbero svolto a Roma in occasione dell’80° della loro associazione. All’eccezionale e riuscitissimo evento goriziano partecipò anche il presidente nazionale della Giac, Carlo Carretto. Nell’occasione venne accompagnato da don Cesco a vedere la “cortina di ferro” davanti alla stazione Montesanto. Qui, affiancò i due anche uno dei dirigenti della sezione Giac di Piazzutta, era il sottoscritto, che venne invitato dal suo presidente a fare buona testimonianza alle soglie di una tanto importante linea di confine, addirittura di demarcazione tra due mondi. L’altro grande avvenimento che mobilitò la gioventù cattolica della città e della diocesi fu proprio il convegno di Roma, quello dei cosiddetti “baschi verdi”. In vista dell’avvenimento fummo tutti impegnati nella sua preparazione, alla fine i partecipanti risultarono numerosi. Anche da Piazzutta parti un bel gruppo di giovani, accompagnati da don Cesco, accanto ad un altro importante gruppo, quello di S. Ignazio, guidato da Arnolfo De Vittor. Vivemmo insieme le memorabili giornate romane, durante le quali familiarizzammo tra noi e diventammo più amici. Saremmo tornati a casa galvanizzati e carichi di entusiasmo, dopo un viaggio che, come del resto quello di andata, risultò piuttosto avventuroso. A volte ci capitò di viaggiare addirittura in vagoni-bestiame, come succedeva allora nelle ferrovie, che non avevano ancora del tutto assorbito i gravi danni della guerra. Eravamo nel 1948.Tra le nostre successive vicende ce ne attendeva una specialissima, la tanto attesa consacrazione sacerdotale delle nostre due guide spirituali, don Cesco e don Ennio, che finalmente potevano esercitare in pieno la propria vocazione! Il don che ci era più vicino, oltre tutto proveniente dalla nostra parrocchia, don Cesco, a suo tempo aveva promesso di trascorrere con noi giovani alcuni giorni dopo l’ordinazione, facendo insieme un viaggio attraverso le Dolomiti. Naturalmente mantenne la sua promessa e quelli di noi che erano disponibili partirono con lui, eravamo Bruno, Aldo, Pierin ed io. Spedimmo le biciclette alla stazione di Carnia e di lì iniziò il nostro giro turistico, innanzi tutto attraverso le montagne carniche e dopo in direzione del Cadore. La prima tappa fu Sappada, da lì raggiungemmo Auronzo e poi l’incanto del lago di Misurina. Sulla riva del lago prendemmo dimora in un prestigioso albergo gestito dalla “Pontificia”, mentre a Sappada avevamo dormito nella dimessa canonica. Noi membri laici della spedizione alloggiati in una cameretta con un solo letto, due materassi per terra e un’unica coperta! Ora invece, a Misurina ci venne messa a disposizione addirittura una camera storica, che, ai tempi dell’Austria, a detta del personale alberghiero, aveva ospitato non so quale famosa principessa. In ogni modo il soggiorno in riva al lago risultò indimenticabile, tra le bellezze da ammirare, stupende! e un servizio alberghiero di prim’ordine. La mattina seguente, dopo quella tappa da signori e la S. Messa in una cappellina degna del luogo, raccolta e silenziosa, tutta per noi, scendemmo a Cortina, con l’intenzione di arrivare al Falzarego e al Pordoi. Erano quelle le due mete da noi più ardentemente desiderate, nel nostro immaginario regine delle Dolomiti! Purtroppo non potemmo raggiungerle: don Cesco ci rivelò che doveva rientrare a Gorizia… La prossima tappa perciò sarebbe stata Belluno, ormai sulla via del ritorno. In pratica aveva termine la nostra corsa ciclistica tra i monti, breve ma degna di forti emozioni montanare, virtuosa per la forza fisica che  aveva in noi incrementato, ma anche per il volo interiore che ci aveva fatto fare. Avremmo avuto qualcosa da raccontare agli amici che erano rimasti a casa, e qualcosa di spiritualmente positivo da trasmettere.      Il viaggio dolomitico fu importante per noi, ma come s’è visto molte furono le cose che ebbero importanza per il nostro piccolo ma intrepido gruppo di cattolici impegnati in Piazzutta. Ne ricordo un’altra particolarmente significativo, la partecipazione di alcuni di noi alla famosa campagna elettorale del 18 aprile 1948. La nostra presenza si concretizzò nell’ambito delle attività dei Comitati Civici, fiancheggiatori della DC. A noi venne affidato il compito di affiggere manifesti… Non c’è da meravigliarsi, in quella tornata elettorale, la prima della riconquistata democrazia a Gorizia, vi fu una specie di “sagra del manifesto”. Ne furono pieni i muri delle case, l’affiggerli rappresentò una delle principali attività e gli “attacchini di pace” di Piazzutta fecero la loro parte. Si potevano incontrare, intenti alla loro opera, nelle prime ore del mattino, prima di andare a scuola, o alla sera dopo cena. La loro attività veniva svolta a titolo personale, non impegnava l’associazione della quale facevamo parte, ma dimostrava come la militanza nell’AC fosse vissuta anche come impegno civico. Nel dopoguerra infatti, la Giac, con C. Carretto e M. Rossi, considerava fondamentale la scelta religiosa, ma riteneva importante anche il servizio al prossimo nell’attività sociale.La vicenda cristiana dei giovani della nostra parrocchia si concluse, negli anni della mia presenza, con il pellegrinaggio di due di loro a Roma durante l’Anno Santo del 1950. Vi si recarono in occasione della proclamazione del dogma dell’Assunzione, così che la sezione Giac di Piazzutta può dire di aver assistito allo storico evento, grazie alla presenza di Pierin Grusovin e del sottoscritto.Purtroppo, nel 1951, per me la vicenda goriziana e l’esaltante avventura con i giovani cattolici della diocesi e della parrocchia ebbe termine. Dovetti andarmene dalla città del mio cuore: vi avevo trascorso più o meno i primi vent’anni della mia vita! Ma portavo con me una ricchezza infinita: avevo avuto la possibilità di accostarmi alla fede, avevo conosciuto sacerdoti di spicco, avevo incontrato amici impagabili, avevo imparato a stare con i giovani e ad aiutare i ragazzi. Portavo con me un bagaglio che mi accompagnerà per tutta la vita e sarà una delle parti più preziose di me.          Oggi ringrazio il direttore di “Voce Isontina” e i suoi collaboratori, che hanno permesso di ricordare tutto ciò. Spero che possa servire.