La nascita di Gesù nel Corano: silenzio e nutrimento per Maria
23 Dicembre 2016
“L’umanità di Cristo è la nostra felicità”: non è una frase mia. E’ la frase con cui San Tommaso d’Aquino inizia la parte della Summa Theologiae in cui parla di Gesù (STh III q.9 a.2). E’ una frase che in questo Tempo di Natale vuole essere per noi un augurio, poichè ognuno di noi cerca per sè e per il mondo proprio questo: la felicità, la pace.Tentiamo allora, di proseguire nel tentativo di cercare anche nella tradizione religiosa islamica degli elementi di contatto, che possono diventare per noi degli spunti di meditazione in questo tempo. Delle gocce di preghiera, che ci fanno contemplare la Grazia che abbiamo nell’avere conosciuto Gesù, e di cercare di seguirlo e di portarlo a tutti i nostri fratelli in umanità.E’ il racconto della nascita di un grande profeta quello che il Corano, libro sacro dell’Islam, presenta nella sura XIX nei versetti dal 22 al 33 che scorreremo. Un profeta che è stato annunciato come “parola di Dio” a Maria. Ed è sempre Maria la protagonista di questo evento, come peraltro sembra indicare anche il racconto del Vangelo di Luca (Lc 2,1-7). Inutilmente cercheremo però nel Corano riferimenti a città o a luoghi specifici e neanche riferimenti temporali con indicazione di imperatori, re o governatori, come invece fanno i racconti evangelici di Matteo e Luca. Nel suo stile “sapienziale”, in cui non c’è traccia di “incarnazione”, anche il racconto della nascita di Gesù si pone in un certo senso fuori dal tempo e dallo spazio, in uno spazio indefinito e distaccato che è lo spazio di Dio.
Nel deserto…Maria dunque concepì il bambino e si appartò con lui in un luogo lontano. (22)
Così si inizia. E’ significativo che la narrazione inizi con questo gesto di Maria che si apparta, si allontana. Se ne va in un luogo lontano, in un luogo deserto. Ed è proprio in un deserto, ambiente tipico della cultura araba, che Maria si reca in vista del parto. Certo, potremmo supporre che questo suo nascondimento sia causato dalla vergogna di trovarsi incinta senza avere un marito (il Corano infatti non menziona mai Giuseppe). Ma potremmo anche vedere in questo “andare nel deserto”, un segno più profondo, più spirituale… in effetti il deserto è il luogo del silenzio, della solitudine, il luogo in cui si ascolta la Parola di Dio; pensiamo alla tradizione biblica con Israele per quarant’anni nel deserto, alle tentazioni di Gesù nel deserto per quaranta giorni, a Giovanni Battista che è voce di uno che grida nel deserto… e potremmo continuare. Il deserto, questo luogo di morte, rappresenta la necessaria pedagogia del credente; è in sostanza luogo di rinascita, di rivelazione, è il luogo in cui “concepire” la parola, dargli ascolto, spazio nella nostra vita… come sta facendo Maria. E come siamo chiamati a fare anche noi. E’ Maria che ci accompagna nel deserto, per non lasciarci soli…
Gesù consola e nutre la madre…Le doglie del parto la spinsero vicino al tronco di una palma. “Oh”, disse, “fossi morta prima! Fossi una cosa dimenticata, del tutto dimenticata!”. La chiamò allora una voce di sotto la palma: “Non rattristarti! Il tuo Signore ha fatto sgorgare un ruscello ai tuoi piedi. Scuoti verso di te il tronco della palma, e questa farà cadere su te datteri freschi e maturi. Mangiane dunque, bevi e consolati! E se vedi qualcuno digli: “In verità, ho fatto voto al Clemente di digiunare, e non parlerò oggi con nessun uomo””. (23-26)
Ci sono in questi versetti almeno tre argomenti su cui vale la pena di soffermarsi brevemente. Il primo è il tema del parto di Maria, che per il Corano è un parto doloroso (ci sono le doglie). Al contrario, la tradizione della Chiesa, sulla base dei racconti evangelici che non fanno presumere dolore, a partire dal V/VI secolo – mentre elaborava il dogma della verginità perpetua di Maria (Conc. Lateranense del 649) – riteneva e ritiene che in considerazione di questa verginità conservata il parto di Maria fosse “gaudioso”, senza dolore. Non è qui il luogo per entrare in questi dibattiti, ma è interessante rilevare che probabilmente in questo caso questi dibattiti dogmatici cristiani attorno al VI secolo hanno “lasciato una traccia” anche nel testo del Corano che appare proprio in quell’epoca. Secondo il Corano quindi questo gaudio non ci fu affatto e Maria sopraffatta dal dolore si perde d’animo al punto di desiderare la morte. A questo punto però viene scossa dalla misericordia di Dio, di quel Dio che l’aveva voluta madre. E una voce irrompe nella scena, la voce del figlio, del suo piccolo bambino appena nato… Non rattristarti!Il secondo aspetto che merita una sottolineatura è quello relativo alla palma sotto la quale Maria si rifugia per partorire e al ruscello che scaturisce sotto di lei (vedi foto). In questi elementi possiamo trovare un collegamento con la letteratura cosiddetta “apocrifa”, gli scritti non canonici del Nuovo Testamento, in cui ci viene riferito di un episodio quasi analogo con protagonista il Bambino Gesù che per rifocillare la madre ordina a un albero di palma di offrire i suoi frutti e fa scaturire dalle sue radici un ruscello. Così scrive il Vangelo dello Pseudo Matteo: “Allora il bambino Gesù, che riposava con viso sereno sul grembo di sua madre, disse alla palma: “Albero, piega i tuoi rami e ristora mia mamma con il tuo frutto”. […] Apri con le tue radici la vena di acqua che si è nascosta nella terra, affinché da essa fluiscano acque a nostra sazietà” (cap. 20). Il neonato interviene a consolare la madre, a sfamarla, si dimostra per lei quello che sarà per tutti… nutrimento e speranza… Il terzo punto è il voto di silenzio che il bambino chiede alla madre. E’ sorprendente… sarà il bambino a difendere la madre, lui che è la parola, troverà le parole giuste per difenderla davanti ai suoi parenti. Egli è segno della misericordiosa assistenza di Dio; conferma la madre del profeta Gesù nella sua consacrazione al servizio di Dio, esortandola al silenzio. Maria è la madre teneramente amata da Gesù; Maria è la donna di fede, che si rimette alla volontà di Dio, la donna silenziosa che viene nutrita da Dio. La fede in Dio è dell’ascolto che può prendere le mosse solo dal silenzio. Sì, “ascoltare il silenzio” può sembrare un ossimoro, invece è la chiave che apre il mondo dell’ascolto autentico e della comprensione di ciò che si sente. Tutte le esperienze religiose hanno sempre riconosciuto l’essenzialità del silenzio per una vita interiore autentica. Maria è la donna silenziosa nutrita da Dio…Ignazio di Antiochia ad esempio dirà che Cristo è “la Parola che procede dal silenzio”. Non si tratta semplicemente dell’astenersi dal parlare o dell’assenza di rumori, ma del silenzio del cuore, quella dimensione che ci restituisce a noi stessi, ci pone sul piano dell’essere, di fronte all’essenziale. Il silenzio, allora, quel silenzio, suscita in noi la carità, l’amore del fratello. “Il silenzioso diventa fonte di grazia per chi ascolta”, aveva affermato San Basilio.
Gesù, dolce con sua madre…Andò quindi dai suoi col bambino, portandolo con sè, e quelli dissero: “O Maria, hai fatto una cosa mostruosa! O sorella di Aronne, tuo padre non era un uomo malvagio, nè tua madre donna dissoluta”. Maria indicò loro il bambino, ma quelli dissero: “Come possiamo parlare con un bambino ancora nella culla?”. Ma il bambino disse: “In verità, io sono il servo di Dio, che mi ha dato i Libro e mi ha costituito profeta, mi ha benedetto ovunque mi trovi e mi ha prescritto la preghiera e l’elemosina finchè sarò in vita. Mi ha reso dolce con mia madre, non mi ha fatto prepotente nè scellerato. Pace su di me il giorno in cui son nato, il giorno in cui morrò e il giorno in cui sarò risuscitato a vita!”. (27-33)Quanta tenerezza in queste parole… il Bambino Gesù appena nato difende la madre dagli attacchi dei suoi parenti. Il primo miracolo del Gesù coranico sono le sue parole a difesa della madre Maria. Mi ha reso dolce con mia madre… queste sono le parole piene di dolcezza con cui il Corano parla di Gesù: un grande profeta secondo l’Islam, la cui profezia è accompagnata dai segni della preghiera e dell’elemosina. La sua profezia, che si pone in continuità con quella di Abramo e Mose e degli a altri profeti, sarà confermata e “sigillata” anche da Muhammad. Si parla addirittura di una sua risurrezione a vita (v. 33); tuttavia bisogna essere realisti e ammettere che il Gesù coranico non è il Gesù che il Cristianesimo: è un profeta ma non il Figlio di Dio e sua madre Maria pur restando vergine non può essere la Madre di Dio.Anche Papa Francesco nella sua prima esortazione apostolica Evangelii Gaudium, ha parole illuminanti a questo proposito: “Gli scritti sacri dell’Islam conservano parte degli insegnamenti cristiani; Gesù Cristo e Maria sono oggetto di profonda venerazione ed è ammirevole vedere come giovani e anziani, donne e uomini dell’Islam sono capaci di dedicare quotidianamente tempo alla preghiera e di partecipare fedelmente ai loro riti religiosi” (EG 252).Il dialogo e la vera apertura non implicano il rinunciare alla proprie convinzioni profonde, in favore di un buonismo indistinto che rende tutti uguali, bensì attraverso la consapevolezza delle proprie ragioni si può arrivare a comprendere meglio quelle degli altri. Se sapremo fare questo, se sapremo valorizzare ciò che unisce anzichè ciò che divide, ci scopriremo portatori di nuova umanità, una umanità di pace, ai piedi di quella palma – che per noi è la mangiatoia di Betlemme – dove Gesù ha trovato la sua umanità. E allora sarà un Natale di pace, sal?m, shalom.
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