“Perchè prima loro e poi noi?”
2 Gennaio 2017
Nei giorni scorsi l’arcivescovo mons. Carlo ha ricevuto questa email cui ha risposto personalmente. Ci è parso importante pubblicare anche su Voce Isontina i due testi (privandoli ovviamente dei riferimenti personali) in quanto offrono l’occasione per chiarire alcuni aspetti dell’azione caritativa e di attenzione ai bisogni del territorio che la nostra Chiesa goriziana attua quotidianamente attraverso la Caritas diocesana e le Caritas parrocchiali.
Eccellenza, Sono venuto a conoscenza (dal volantino dell’Arcidiocesi di Gorizia relativo alla 4° Domenica di Avvento) del progetto denominato “Rifugiato a casa mia”; non posso proprio esimermi dall’esternarle le mie forti perplessità in merito.Sua Eccellenza conosce il territorio dove opera? Ha una seppur vaga idea di come le sue “pecorelle” vivono, si sentono e sono trattate dalle istituzioni? Da anni ormai contiamo meno dei servi della gleba e, putroppo, negli ultimi 4, grazie soprattutto al disgraziato input in arrivo da Roma, anche la Santa Madre Chiesa si è messa a fare concorrenza ai comunisti. Può Lei anche solo lontanamente immaginare come mi possa sentire io che ho ancora la fortuna di avere un lavoro serio ma vedo mia moglie spegnersi giorno dopo giorno perché a 50 anni non riesce a trovare un’occupazione da quasi 4 dopo aver chiuso una piccola attività ed aver ricevuto solo porte in faccia da chi dovrebbe aiutare? Non ha né mobilità né disoccupazione, non riusciamo più a pagare il mutuo ma vediamo queste “risorse” che oltre (nella stragrande naggioranza dei casi) a non scappare da nessuna guerra hanno pretese, non lavorano e sono coccolati da tutti, in primis chi dovrebbe garantire le nostre radici Cristiane ed invece si muove nella direzione diametralmente opposta.Cui prodest?Non crede, Sua Eccellenza, che prima sarebbe il caso di spendere risorse e tempo per noi e per i nostri figli che qui siamo nati e viviamo?La ringrazio in anticipo per la sua eventuale risposta e la ricordo nelle mie preghiere.
D.
Egregio SignoreLa ringrazio per avermi scritto. Sono consapevole della situazione di disagio di molte persone e famiglie del nostro territorio a causa di questa lunga crisi di cui non si vede la fine. Come Chiesa diocesana, attraverso le parrocchie e la Caritas diocesana, si cerca per quanto possibile di essere vicini alle persone in difficoltà. Cito solo l’iniziativa degli “Empori della solidarietà” (uno a Gorizia e uno a Monfalcone e un terzo di prossima apertura a Gradisca) che stanno aiutando quasi un migliaio di famiglie, la maggior parte italiane.Quanto ai migranti e ai richiedenti asilo, la posizione della Chiesa non è per l’accoglienza indiscriminata né per una lettura semplificata di una questione molto complessa per la quale nessuno ha una ricetta pronta. Ci si muove invece in quattro direzioni. Anzitutto offrendo un aiuto immediato – spesso su richiesta della Prefettura (cui compete gestire la questione) – per accogliere di notte chi è lasciato al freddo e per dare da mangiare a chi non ha niente. Una seconda azione è quella di favorire una ospitalità minimamente dignitosa a chi è in attesa di una risposta alla domanda di asilo: in questo caso la Caritas non è impegnata direttamente (ci sono delle cooperative e delle associazioni che lavorano in questo campo), ma ha favorito la messa a disposizione di un immobile di proprietà delle Suore della Provvidenza e di un terreno di proprietà della Diocesi. Una terza iniziativa è quella di favorire una seconda accoglienza a chi ha ottenuto lo status di rifugiato, presso strutture anche di parrocchie e di privati (qui si inserisce la proposta che Lei citava). Infine si cerca come Chiesa di stimolare le istituzioni pubbliche a tutti i livelli, compreso quello europeo, affinché si cerchino delle soluzioni percorribili al problema modificando le leggi esistenti (pensate per un’altra situazione), si instaurino più efficaci collaborazioni, si gestisca meglio la sicurezza, si prevedano percorsi di integrazione progressiva, ecc. (evitando comunque semplificazioni del tipo “poverini”: perché non si possono accogliere tutti…; o, al contrario, “rimandiamoli a casa loro”: ma come?, con quali mezzi?, con quali risorse? … e se poi i loro paesi non li riprendono indietro?…).La ringrazio per l’attenzione e auguro un Natale di speranza per lei e per la Sua Famiglia.
Carlo Redaelli
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