Le Marche: una regione sospesa
27 Gennaio 2017
Dall’Adriatico ai Monti Sibillini. Claim d’obbligo per la regione “al plurale”, poco conosciuta dal resto d’Italia. Suo malgrado, il terremoto ha reso improvvisamente note anche le Marche. Parte di quel “Centro Italia” ferito nel 2016 dalle scosse del 24 agosto, del 26 e del 30 ottobre, ora sotto i colpi dello sciame sismico iniziato il 18 gennaio.Le Marche sono una regione sospesa tra l’oblio dell’informazione e il suo “cratere” sconfinato. Estensione che neanche le leggi dello Stato hanno saputo ben delineare nel tentativo di reagire da parte delle Istituzioni. “Non lasciateci soli” è la preghiera che risuona in questi territori privati del suono dei campanili. A non abbandonare i marchigiani delle provincie di Macerata, Fermo e Ascoli Piceno è invece la psicosi che il terremoto, lui sì, possa ritornare, improvviso e feroce.Paura, eppoi la neve. “Una combinazione catastrofica”, come l’ha definita il presidente della Regione, Luca Ceriscioli. Oltre i due metri in alcune zone. Implacabile combinazione sui Monti Sibillini come poco più a sud, nel dramma del resort di Rigopiano, ai piedi delle vette abruzzesi del Gran Sasso care a san Giovanni Paolo II.In questo ennesimo, terzo, tentativo di ricominciare si fanno i conti con il gelo e nuovi danni. Chi ha deciso di rimanere sui Sibillini ha confidato in una maggiore presenza dello Stato. L’umiliazione del “sorteggio” per le ormai famose casette di legno ha riportato coi piedi per terra e i pochi coinvolti possono persino definirsi fortunati. Sintomo di una ricostruzione che viaggia a un passo confuso, incerto, rispetto a quella che è stata la “marcia” dei soccorsi.Chi ha deciso di rimanere lo ha fatto per non perdere tutto. Principalmente contadini e allevatori alle prese con l’inverno e la burocrazia che sta ritardando l’arrivo dei prefabbricati per stalle e accessori agricoli. Ma ai marchigiani non piace piangersi addosso. Sono convinti che il grido d’aiuto dei loro Sindaci arrivi a stento tra gli scranni parlamentari. Se una eco si manifesta, su questa gente cade come uno sberleffo, quando si sentono raccontare di come “il terremoto si sia avvertito a Roma”.In realtà, il sentimento più diffuso è misto di angoscia e sarcasmo: non riuscire a far comprendere il tenore di un’emergenza nazionale in cui è l’intera Nazione a giocarsi la faccia. Chi si è dovuto spostare lungo la costa, tra Civitanova Marche e Porto Recanati, vuole tornare a casa. Per chi l’ha persa ha funzionato, seppur “a macchie”, il Contributo di autonoma sistemazione (Cas), ma pesa l’onta di chi specula sugli affitti.A vent’anni dal terremoto del 1997, stavolta non ci si fa illusioni sui tempi di rientro. Senza retorica, ciò che sta accadendo nel Centro Italia non ha precedenti: basti pensare alle 47mila scosse subite in cinque mesi, con un’area così vasta (131 Comuni solo nei primi due decreti) da creare difficoltà anche a un’organizzazione tra le migliori al mondo come la Protezione civile. Nulla sarà più come prima.Ci si domanda come avvicinarsi alla prossima estate, per poter tornare a parlare soltanto di bellezza, tra l’Adriatico e i Monti Sibillini.
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