Vittorio Peri, oltre i confini
27 Febbraio 2017
Un folto e qualificato pubblico ha riempito la Sala Conferenze della Fondazione Ca.Ri.Go. lo scorso venerdì 17 febbraio in occasione della conferenza promossa in calce al decennale della scomparsa del compianto prof. Vittorio Peri (1932 – 2006), goriziano, per quasi quarant’anni “scriptor graecus” della Biblioteca Apostolica Vaticana ed insigne studioso delle relazioni interecclesiali nel primo millennio cristiano. L’evento è stato ideato ed organizzato congiuntamente dall’Arcidiocesi di Gorizia e dall’Istituto di storia sociale e religiosa di Gorizia, rappresentati da mons. Carlo Roberto Maria Redaelli e dalla professoressa Liliana Ferrari: dopo i saluti introduttivi è intervenuto mons. Cesare Pasini, Prefetto della Biblioteca Apostolica Vaticana e noto esperto di patrologia greca, cui ha fatto seguito il professore Sergio Tavano, nella duplice veste di specialista di storia patria nonché di amico di Vichi Peri fin dagli anni della comune gioventù. Nel rispetto dei rispettivi ambiti (mi si conceda l’uso d’una metafora musicale), i due relatori hanno eseguito un duetto ben concertato dal quale è affiorato un vivido ritratto dell’intellettuale goriziano: mons. Pasini ha invero fornito una testimonianza del suo operato nell’ambito della più prestigiosa istituzione libraria della Cristianità grazie ad una ricerca d’archivio condotta avvalendosi dei fascicoli personali custoditi nei fondi documentari della Biblioteca pontificia. Le carte ivi conservate illustrano efficacemente l’evoluzione umana e scientifica dell’esperienza di Peri a servizio della Chiesa, caratterizzata da un’inossidabile devozione al lavoro – “un impegno sentito e perseverante”, come attestarono, peraltro, superiori e collaboratori – fondata solidamente sul piano morale grazie ad un’ “ottima formazione cristiana”. Mons. Pasini ha saputo trasmettere all’uditorio, composto per lo più da familiari ed amici di proposito convenuti, tra essi anche don Luigi Tavano, un ricordo sensibile che ha posto in giusto risalto la dimensione squisitamente umana della parabola di Vichi Peri a Milano e a Roma, dove ricoprì, con la nota umiltà ed il suo immancabile tratto ironico, incarichi prestigiosi e delicati: basti ricordare la partecipazione, unico laico fra tutti, alla commissione mista cattolico-ortodossa per il dialogo religioso, voluta da papa Giovanni Paolo II fin dal 1979 (nomina appresa direttamente dalle pagine dell’Osservatore Romano, come apprendiamo da uno commento tra il serio ed il faceto vergato dallo stesso Peri). Concludendo, mons. Pasini ha infine tracciato l’immagine dell’ “uomo di confine”, dovuta non soltanto alla nascita nel contesto della compresenza culturale del Goriziano quanto piuttosto alla comprensione – grazie agli studi pluridecennali – che la Chiesa è frutto di una continua “osmosi di comunità, culture e tradizioni peculiari dell’Oriente e dell’Occidente”; Peri infatti si conformò integralmente allo spirito umanistico che fa della Biblioteca Vaticana un luogo “aperto alla conoscenza dell’altro, (…) dell’altra storia e pensiero”. Quest’ultimo aspetto è stato al centro dell’esposizione proposta da Sergio Tavano (“Vittorio Peri aquileiese e goriziano”), ispirata dal ricordo di una giovinezza vissuta in pienezza, pur tra gli stenti e le difficoltà legate al fascismo, alla guerra ed alle incertezze del dopoguerra, grazie alla soda formazione ricevuta tra i banchi di quel liceo classico che fu erede immediato dell’asburgico “Staatsgymnasium”, fucina di vite e pensieri d’una generazione di intellettuali del calibro di Marin, Michelstaedter, Pocar ed altri ancora.La “gorizianità” di Peri, figlia di Aquileia cristiana – alla quale Vichi dedicò pagine assai meditate – non volle mai limitarsi allo sterile rimpianto delle glorie passate bensì divenne un tratto caratteristico del suo modo di pensare e di agire, oltre che di sentire, sempre proiettato a scoprire relazioni con i grandi scenari della storia umana e cristiana, mirando all’essenziale ossia al cuore dei problemi; detta gorizianità fu la compagna che non abbandonò neppure per un momento l’incessante ricerca della verità (anzi, della Verità) che Vittorio Peri per tutta la vita seppe condurre, supportato dall’amore per la famiglia che costruì, dall’affetto di tanti amici e, ancora oggi, dal grato ricordo di chi con lui continua a confrontarsi studiando l’opera sua
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