La Missa Aquileiensis di Seghizzi

La musica aquileiese è strettamente orientale, o meglio orientaleggiante. Infatti anche quando le melodie vengono a contatto con le strutture modali latine restano profondamente attaccate, non solo alla architettura generale orientale, ma soprattutto sono ritrovabili movenze melodiche e modali di stile bizantino, siriaco, slavo e turco.Il patriarchino è perfettamente modale e la scrittura aquileiese è ben chiara e precisa. Il repertorio di Aquileia ha alcune caratteristiche fondamentali che lo distinguono in modo inequivocabile: è completo in quanto copre tutti i generi di testi liturgici, unitario per lo stile e per testo melodico, originale cioè non rigorosamente riconducibile al modello gregoriano, liturgico poiché i testi sono strettissimamente legati e aderenti alla liturgia stessa, popolare per il fatto di essere generalmente cantato e che porta a un senso di grande partecipazione, omogeneamente diffuso in tutto il Friuli e anche immemorabile in quanto di antichissima tradizione.

La formazione della messaUn interesse peculiare per il patriarchino Augusto Cesare Seghizzi lo dimostra soprattutto nella costruzione della grande Missa Aquileiensis per coro a tre voci e orchestra, dedicata al XVI centenario dell’Editto di Milano. Una grande messa, composta dalle parte fisse Kyrie, Gloria, Credo, Sanctus – Benedictus e Agnus Dei, dedicata al principe arcivescovo Francesco Borgia Sedej, ed eseguita l’11 maggio 1913 nella Cattedrale di Gorizia.La partitura attuale è stata rielaborata dal maestro Fulvio Madotto, maestro della Cappella Metropolitana, che si è anche occupato dell’orchestrazione completa del Credo, tralasciata da Seghizzi. Così scrive Alessandro Arbo in “Augusto Cesare Seghizzi”, Edizioni Studio Tesi “Civiltà della Memoria” alle pp. 60 – 61″L’attenzione per le scoperte di Aquileia rappresenta una delle caratteristiche componenti della vita culturale del Friuli di quei tempi. Sull’onda degli entusiasmi, l’amico Onorio [don Onorio Fasiolo sacerdote e archeologo], appassionato cultore di studi archeologici, aveva ottenuto il permesso di recarsi a Friburgo per studiare nell’Ateneo cattolico di Baden. Sviluppando un interesse che si incontra con il programma di rinnovamento degli studi storici perseguito dall’arcivescovo Sedej, Seghizzi incomincia a studiare alcuni codici liturgici, in particolare un sequenziario e un antifonario conservati nella biblioteca del Seminario teologico. Nasce così la partitura di questa messa, dedicata all’arcivescovo ed eseguita in duomo la domenica di Pentecoste”.

La Missa AquileiensisNella Missa Aquileiensis la scrittura musicale è completamente estranea ad una rigorosa trascrizione paleografica dei codici. Seghizzi studia le salmodie più antiche e in mesi di intenso lavoro estrapola piccole sequenze di canto patriarchino decidendo di svolgere un percorso del tutto originale, liberamente ispirato alle melodie stesse. Quindi sono riscontrabili micro tracce delle salmodie antiche, perfettamente incastrate, e sparse in punti precisi, come gli incipit unisoni del Gloria, del Credo e del Sanctus, o in singoli avvenimenti musicali come nell’unisono di chiusura del “Christe eleison”, nel “benedicimus te”, “glorificamus te” e nel “Rex coelestis” del Gloria o nel “Deum de Deo” [bassi soli] e nel “genitum non factum” [contralti soli] del Credo. Questa fusione musicale di antico e moderno, con accenti post romantici, determina una vera e propria poesia in musica, la messa infatti è una grande meditazione sul mistero di Dio. Le tre voci [Alti, Tenori, Bassi, in qualche passaggio anche i Baritoni] sembrano narrare antichi racconti attraverso echi e melodie arcaiche: i “piano” e i “pianissimo”, i crescendi e i diminuendi, i rari “fortissimo” improvvisi, vogliono sottolineare la parola cantata e l’arcano che sta in essa; tutta la composizione è un’intima lirica che evoca all’ascoltatore sentimenti di partecipazione, di misticità e di incantevole movenza ritmica, in una sorta di generale libertà stilistico – armonica che è anche una delle peculiarità del canto patriarchino, cioè la vera libertà dei figli di Dio che hanno avuto da lui anche l’arte musicale.

Centenario CostantinianoImponenti furono le manifestazioni per commemorare il sedicesimo centenario Costantiniano. Anche l’arcidiocesi di Gorizia celebrò in modo solenne il memorabile evento. In cattedrale a Gorizia venne celebrato in maggio un grande pontificale dall’Arcivescovo Sedej con l’esecuzione in prima assoluta della Missa Aquileiensis di Seghizzi e in settembre fu al centro delle celebrazioni la Basilica patriarcale di Aquileia. L’Eco del Litorale, il giornale cattolico del Goriziano, diede ampio risalto a tutte le celebrazioni con narrazioni dal carattere trionfalistico.

Da L’Eco del Litorale “Le feste costantiniane a Gorizia ed in Friuli

La magnifica festa di sabato a Gorizia

Festa cattolicaGorizia s’è dimostrata ancora una volta cattolica! Più splendida, spontanea e universale non potea riuscire la dimostrazione pubblica di giubilo per il centenario costantiniano di quanto si vide sabato a sera. Rarissime le case senza lumi, in parecchi siti trasparenti, bandiere, fiori e festoni e palloncini variopinti. Magnifico lo spettacolo dei campanili illuminati a luce elettrica ed a fuochi bengalici. All’imbrunire tutte le campane della città suonavano a distesa, le vie e le piazze nuotavano in un mar di luce, ed un popolo festante e numerosissimo si aggirava per la città. Intanto la brava banda dei Salesiani coi suoi allegri concenti giungeva dinanzi il palazzo arcivescovile continuando poi, preceduta dai rev. mons.ri canonici del capitolo e seguita da gran folla di popolo, a far sentire le sue note melodiose per le principali contrade.Sostò anche davanti al Capitanato, al Municipio ed alla casa del podestà. Insomma la luminaria ed in genere la dimostrazione cittadina di fede e riconoscenza a Dio per la libertà accordata alla fede cristiana superò l’aspettazione anche dei più ottimisti. E notisi che non vi precedette può dirsi quasi nessuna preparazione, nulla di quella clamorosa reclàme che tante volte fabbrica ad uso e consumo dei vari partiti la così detta pubblica opinioni. Bastò il desiderio manifestato dal nostro venerato Pastore diocesano, qualche eccitamento sui nostri giornali ed un breve Appello ai cattolici per suscitare tanto zelo e corrispondenza alla brama ardente del Romano Pontefice, che il decimo sesto centenario dell’editto milanese venisse solennizzato con feste straordinarie e grandiose. Bastò questa scintilla per suscitare tanto incendio di entusiasmo ed esultanza.

Il pontificale di domenicaAlla dimostrazione di sabato sera fece eco e continuazione quella di Domenica. Già di buon mattino, non appena i sacri bronzi colle loro liete squille annunziarono il giorno solenne le case in ben numero si videro vestite a festa. Bandiere dai colori papali, imperiali provinciali e cittadini sventolavano drappi dalle finestre e dai poggiuoli ornati di fiori.La Metropolitana era addobbata come nelle massime solennità e la porta maggiore appariva tutta adorna di festoni bianco – celesti. Alle 10 Sua Ecc. il Principe Arcivescovo assistito dal Capitolo e da numeroso clero celebrò il solenne pontificale a cui erano presenti tutte le Autorità politiche, civili e militari in grande tenuta ed un popolo numeroso e devoto che riempia tutte le navate e le gallerie. Dopo il Vangelo ascese il pergamo il r.mo mons. preposito dr. Faidutti il quale colla eloquenza e col fervore che lo distingue trattò del significato della festa, eccitando nella perorazione con infuocate parole a stimare e praticare quella fede che dopo tante battaglie e persecuzioni ebbe sotto Costantino la sospirata vittoria, auspice di altri trionfi ininterrotti sino alla consumazione dei secoli. La sacra funzione terminò col canto dell’inno ambrosiano e colla benedizione del Venerale.Il bravo coro della metropolitana accompagnato dall’orchestra cantò la nuova Messa scritta appositamente per la circostanza dall’indefesso Sig. Seghizzi. Il lavoro non poteva riescire migliore: il chiarissimo autore si fece grande onore dimostrandosi appassionato cultore del vero canto di chiesa accoppiato a quella soave e castigata melodia che solleva il cuore alle cose celesti e lo riempie di religiosa letizia.”

La pioggia di quel giorno però non permise l’accensione dei fuochi artificiali in tutti i paesi del Goriziano e in città.