La tradizione del Corpus Domini a Joannis
7 Luglio 2017
La solennità del Corpus Domini fu istituita da papa Urbano IV l’11 agosto 1246, il suo giorno proprio è il giovedì della II settimana dopo la Pentecoste, ma nei Paesi come l’Italia in cui non è più giorno festivo nel calendario civile, la solennità si trasferisce alla domenica dopo, anche se la processione può essere svolta il giovedì sera. Si porta in processione, racchiusa in un ostensorio sottostante un baldacchino, un’ostia consacrata ed esposta alla pubblica adorazione: viene adorato Gesù vivo e vero.A Joannis la processione quest’anno si è tenuta dopo la S. Messa solenne delle 10. Come sempre i preparativi non sono da poco: oltre la preparazione della Chiesa vengono allestiti 4 altari, uno lì da ancona di Muradôr, uno presso l’ancona in plassa, uno lì di Piligrin e il grande altare lì dal Cont. Ma non manca il coro, le portatrici dei candelieri, i portatori del baldacchino, della Croce, dei serforâi, degli stendardi e dei gonfaloni, i chierichetti con la mantellina rossa delle feste e l’incensiere, i bambini addetti a spargere i petali di rosa davanti al Santissimo mentre sul Tor i scampanotadôrs seguono con i loro virtuosismi la celebrazione, e poi gli addetti della protezione civile attenti a regolamentare il traffico ciclistico ed automobilistico. La ritualità è antica, la tradizione vuole che gli inni del Corpus Domini (Pange lingua, Sacris solemniis…) siano stati composti da Tommaso d’Aquino; la benedizione agli altari invocata “su questi luoghi e su questi abitanti” viene rivolta ai 4 punti cardinali preceduta da letture dedicate e il canto delle litanie rogazionali su una melodia locale tramandata oralmente.Ma quest’anno accanto alla “normale tradizione” c’è stato un ospite particolare l’arciduca Markus Salvator d’ Austria. Senza clamori né pubblicità, in visita privata alla famiglia Frangipane, accompagnato la comunità nelle celebrazioni. È stato accolto da una ventina di persone in costume friulano sul puint – proveniente da Bad Ischl dove abita – un po’ prima delle 10, dove è salito nella carrozza dal Cont che lo ha portato in chiesa; qui è stato accolto con un semplice e suggestivo rito previsto un tempo dal cerimoniale.Assieme alla comunità ha seguito con devozione la cerimonia che, come lui stesso ha detto, è molto simile a quanto avviene ancora in Austria.All’ancona dei Caduti ha deposto il mazzo di fiori che gli avevano regalato all’arrivo, dedicandolo ai morti di tutte le guerre, ricordando con commozione che i morti della prima guerra mondiale nei nostri paesi avevano servito con fedeltà la sua famiglia.L’arciduca Markus Salvator, che fra gli Asburgo è forse quello che più di tutti custodisce la memoria della casa imperiale, è pronipote di Francesco Giuseppe e lo è per linea femminile: undicesimo di tredici figli, sua nonna era Maria Valeria d’Asburgo, quarta e ultima figlia di Francesco Giuseppe e Sissi. Dopo la morte dell’imperatore la villa di Bad Ischl andò in eredità appunto a Maria Valeria, che vi abitò sino alla fine della Prima guerra mondiale e alla caduta della monarchia. Ora la villa con il parco circostante è di proprietà del nipote Markus Salvatore, che ne ha fatto in parte un museo e l’ha aperta al pubblico nei mesi estivi. Stando che – come si suol dire – ducj i salms a finissin in gloria, la mattinata si è conclusa con un ricco rinfresco in canonica, dove era allestita anche una piccola mostra fotografica sulle processioni del Corpus Domini. Prima del buffet che si è concluso con la “crema dell’Arciduca” , (un dessert tratto da un’antica ricetta appartenuta ad una nonna di Gordio) l’arciduca ha letto in un buon italiano la sua emozione a trascorrere un giorno così importante nella comunità un tempo facente parte del più grande impero; è stata inoltre letta la recensione (che riportiamo in parte di lato) di un libro raro scritto dal fratello del bisnonno dell’arciduca Markus. Tale recensione inedita, elaborata da Gordio ed in piccola parte dalla scrivente, era stata recentemente presentata alla settimana della Cultura Friulana, trattandosi di un libro scritto in Friulano e tradotto in Tedesco ed Italiano. La domenica successiva don Federico, al termine della messa, ha letto ai fedeli il ringraziamento pervenuto dall’arciduca – commosso e di cuore – per la giornata passata insieme.
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