È l’Eucarestia che fa la Chiesa

Si è rinnovata nella comunità parrocchiale di Mossa la tradizionale “Giornata Eucaristica”, momento di riflessione e adorazione che, dall’indomani della prima guerra mondiale, coinvolge annualmente la comunità nella seconda domenica di ottobre. Al mattino dopo la Messa celebrata dal parroco don Valter, è stato esposto il Santissimo sacramento sull’altar maggiore, che unica volta nell’anno si presenta nella sua veste più solenne per accogliere l’Eucaristia. Come un po’ dappertutto oggi non c’è il fervore e non ci sono i numeri di una volta, ma rimane un momento prezioso (da rimotivare e valorizzare) proprio perché l’Eucaristia, non altro, fa la Chiesa. In un suo discorso Papa Francesco così diceva a questo riguardo: “Nel tempio si va soprattutto per pregare e “adorare il Signore”, quello che è più importante è questo, non la ritualità. Certo l’essere umano, in quanto “tempio dello Spirito Santo” è chiamato ad ascoltare dentro di sé Dio. Il Tempio, è la casa di pietra dove un popolo custodisce la sua anima davanti a Dio, dove la comunità va a pregare, a lodare il Signore, a rendere grazie, ma soprattutto ad adorare, ma io credo – umilmente lo dico – che noi cristiani forse abbiamo perso un po’ il senso della adorazione, e pensiamo: andiamo al Tempio, ci raduniamo come fratelli – quello è buono, è bello! – ma il centro è lì dove è Dio. E noi adoriamo Dio”. Il nuovo arciprete di Faedis, don Federico Saracino, che ha presieduto la celebrazione vespertina, prendendo spunto dal Vangelo ha dettato una semplice ma profonda riflessione sul cammino di fede dei due discepoli di Emmaus, sottolineando come l’essere predisposti, pur dentro le amarezze della vita, all’ascolto della parola di Gesù, ci scalda il cuore all’accoglienza della novità dell’annuncio e della rivelazione del mistero del pane spezzato nell’Eucaristia. Al termine del Vespero è uscita la processione per un breve percorso, ma per testimoniare come il Signore è presente, “passa” per le nostre contrade, tra le nostre case, quasi a dire che non può restare relegato in chiesa, nei momenti rituali di una comunità, ma che dev’essere lasciato entrare nella nostra vita, affinché ne resti illuminata. Al rientro, dopo il canto del Te Deum che ha concluso la serata, don Maurizio ha augurato a don Federico nella sua nuova missione, nell’imminenza di lasciare le sue sette comunità delle Valli del Natisone che ha tanto amato e servito, un buon lavoro nella nuova vigna del Signore.