“Fratellanza”, vera chiave interpretativa del futuro
1 Dicembre 2017
Mentre una rete metallica ostruiva la galleria Bombi da molti mesi rifugio di senza tetto e appunto rifugiati del mondo intero, si concludeva a Gorizia anche il cinquantaduesimo incontro della mitteleuropa che aveva appunto come tema “Frattura e ricomposizione tra Oriente e Occidente: la fratellanza può fare di tante Aree un unico luogo”. In altre parole, come aveva affermato il prof. Giulio Maria Chiodi dell’università degli studi di Insubria nella relazione introduttiva: davanti alle crisi di un secolo, ricordando la rivoluzione del 1917, Caporetto e altre esperienze che hanno dato inizio al secolo breve, appare non solo logico ma esigente, in primo luogo per ragioni umane oltre che razionali e storiche, individuare una nuova “chiave interpretativa per il futuro, appunto un nuovo e diverso concetto di “fratellanza”.Non un termine nuovo, ma una parola decisiva perché può indurre tutti, al di là non solo delle ideologie ma anche delle diverse visioni della vita, a trovare ragioni e fondamenti che – insieme con la centralità della persona umana – diventi capace di affrontare i nodi del presente, effetto appunto di secolo breve drammatico e terribile, per guardare con fiducia al futuro da costruire. Fratellanza che coglie insieme la dimensione maschile e femminile, nelle loro potenzialità e limiti, per aprirsi alla dimensione che non guarda solo alla uguaglianza ma anche alla diversità e, soprattutto, alla opportunità singolare di tendere all’unità. Le giornate del convegno, si sono aperte con la presenza della presidente della giunta regionale, Debora Serracchiani, che in un intervento di saluto ha espresso gratitudine e riconoscimento per l’iniziativa, che da oltre 50 anni Gorizia sostiene nel nome dell’ideale europeo. Ricordati i passi recenti dell’amministrazione regionale verso i Balcani e il Medio Oriente nello spirito di Aquileia, l’avvocato Serracchiani ha ringraziato per l’azione culturale politica, che la città e il Goriziano esprimono nel segno dell’incontro, del dialogo e della fraternità, come linea portante del futuro. È seguita una lunga e dettagliata relazione storica del prof. Fulvio Salibeni che ha ripercorso il secolo breve -a partire appunto dal 1917- con la prospettiva di ricordare i tanti nodi della storia che ha avuto inizio appunto dal populismo e dal nazionalismo, tormentando l’umanità ed i popoli, del nord e del sud, dell’est e dell’ovest in un vero e proprio stillicidio di divisioni e scontri, di vendette e ritorsioni e soprattutto di povertà assurde di tanti e di ricchezze spropositate di pochi.La ricerca del convegno ha consentito – in particolare nelle due fasi svoltesi alle sedi universitarie di via Alviano e di via S.Chiara, con studiosi e studenti degli atenei di Trieste e Udine – di allargare e approfondire i principali fattori (cause ed effetti della frattura tra Oriente ed Occidente) della storia: dalla rivoluzione di ottobre del 1917, alla vicenda di Caporetto e della fine dell’impero austroungarico fino alla polveriera dei Balcani. In una seconda fase, con una introduzione del dott. Roberto De Lorenzo, già prefetto di Gorizia, sono stati oggetto di riflessione confronto gli effetti della onda lunga della guerra fredda, la vicenda della Dichiarazione di Schumann per l’unità europea e de Trattato di Roma, manche la ricomposizione dei Balcani. In particolare è stato messo ad oggetto di esame di confronto il ruolo della cultura e degli intellettuali,l’esperienza di Gorizia e Nova Gorica che da città divise dalla guerra sono diventate anche protagoniste di una storia singolare di frontiera aperta. Il castello di Kromberg, nella vicina Nova Gorica, ha ospitato un dibattito che aveva per tema “La fratellanza e lo spirito di Gorizia”, una proposta concreta per una nuova Europa.Oltre la relazione dello storico Branko Marusic (la testimonianza di Alojszu Res) e del sociologo Alberto Gasparini (che ha parlato sdel rapporto su “cultura locale e destino globale”), due relazioni hanno evidenziato appunta la portata del vissuto locale dello stesso ambiente per una causa di integrazione, di unità nella diversità e di futuro, quindi.”La grande guerra e la memoria degli abitanti dell’Alto Isontino” di Marko Clavora, ha offerto una panoramica dell’esperienza di un popolo e di una guerra portata sul proprio terreno ed ambiente di vita: un colpo tremendo ma anche motivi nuovi e rinnovati per scommettere appunto sulla fraternità e della fratellanza. Il prof. Hans Kitzmüller ha aggiunto una intensa comunicazione parlando dei “Paesaggi della memoria dell’oblio” cioè dell’ambiente di vita delle nostre terre, attorno all’Isonzo, ma anche in bacini ancora più modesti, quello dello Judrio. La penna dello scrittore e studioso ha tratteggiato il quadro ambientale e storico alla luce proprio di una intensa lettura dei segni e dei messaggi che vengono dalla natura e della presenza umana; rilevando così uno straordinario messaggio che viene proprio dal racconto di quanto l’essere umano ha costruito con sacrifico e intelligenza, con fedeltà e gusto. Paesaggi e luoghi che -proprio a partire dalla diversità (di lingue e parlate, costumi e lingue) raccontano una storia dalla quale sui può arguire che la “fratellanza” è un dovere, ma nell’unità della varietà; sono una narrazione di storie che saranno belle e utile, ma dipende da noi.Infine, il convegno, 52^ della serie (1966-2017) ha avuto due momenti artistici: nella chiesa di S.Rocco, l’orchestra “Schippers” ha eseguito musiche di Beethoven, Sibelius, de Falla, Ravel, Bartok e Brahms e una convegno sulla “musica della grande guerra”. Altri linguaggi per riaffermare un sentimento unico di fratellanza e di fraternità. Dall’incontro viene un impegno preciso: l’esperienza goriziana, dalle tragedie della I^ e della II^ guerra mondiale, è una testimonianza credibile dell’attualità di un risveglio della coscienza europea che si realizza nella capacità di privilegiare i fattori di unità e di condivisione anche critica, rispetto alle tentazioni incombenti della divisione e dello scontro.Gli ultimi mesi goriziani, con il loro carico di umanità sofferente – nel silenzio istituzionale e nella presenza attiva di commovente solidarietà – sono un messaggio da cogliere e svelare appunto nella centralità della fraternità.
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