Riscoprire le figure del nostro cattolicesimo
7 Novembre 2014
La lettera pastorale che l’Arcivescovo mons. Carlo Redaelli ha recentemente presentato nei decanati è certamente ricca di stimoli teologici, spunti per l’attività pastorale e per il cammino di fede che è insito nel cristianesimo.Lasciando discorrere chi è più preparato sui temi prettamente legati alla sacra scrittura e in particolare al messaggio paolino della Lettera ai Romani, è tuttavia e altrettanto utile pensare ad una rilettura della lettera pastorale in chiave diocesana. Infatti, se è ben vero che la Chiesa di Gorizia è parte della Chiesa Universale e, d’altro canto, le parrocchie e i decanati sono parte della Chiesa di Gorizia, è interessante aprire un discernimento su quali sono i riferimenti della nostra fede.Come giustamente ricorda nelle pagine iniziali della lettera mons. Redaelli, quest’anno pastorale si è di fatto aperto lo scorso 13 settembre con il pellegrinaggio di papa Francesco a Redipuglia per pregare per tutti i caduti di tutte le guerre: la sensibilità del Pontefice lo ha condotto a rendere omaggio ad entrambe i cimiteri di Redipuglia, sia quello austro-ungarico che al sacrario italiano. L’ammonimento “A me che importa?” più volte ripetuto da Papa Bergoglio risulta di una attualità sconvolgente, quasi profetica, rivolto al mondo contemporaneo che non trae insegnamento dalle guerre e dalle disgrazie del passato.Nella sua lettera l’Arcivescovo, sempre sul tema della Prima Guerra Mondiale, propone anche una serie di attività pastorali quali le celebrazioni di suffragio per i defunti della diocesi morti a causa della prima guerra mondiale, così come la preparazione di alcuni percorsi culturali e itinerari sui luoghi di guerra. Questi spunti inducono ad una ulteriore proposta pastorale: promuovere la conoscenza dei testimoni goriziani della fede durante gli anni del conflitto 1914-1918.Riscoprire e far riscoprire ai nostri giovani figure fondamentali per la nostra storia e per la nostra esperienza di cattolici come quella di monsignor Francesco Borgia Sedej, (giusto e doveroso l’omaggio che porterà la Diocesi a pregare sulla sua tomba a Monte Santo nel corso del mese di novembre) possono costituire, a tutti gli effetti, dei percorsi di pastorale giovanile: far conoscere, far capire e far comprendere l’importanza dei protagonisti, di questi testimoni goriziani della fede, persone che hanno sofferto per testimoniare la parola di Dio, per amore della nostra Arcidiocesi risulta un formidabile strumento di catechesi e di contestualizzazione della fede nel Goriziano.E così come mons. Sedej è doveroso ricordare e far conoscere ai giovani anche mons. Luigi Fogar e Luigi Faidutti, due protagonisti del cattolicesimo goriziano del primo Novecento, e poi ancora i tanti sacerdoti che sono stati internati in Italia nel corso del primo conflitto mondiale: tutti questi sono testimoni a noi vicini della coerenza nella fede. Esempi che, ancora oggi, sono di una straordinaria attualità.
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