L’unica terra che abbiamo

Siamo fatti di terra. Siamo radicati nella terra. Sulla terra costruiamo la nostra vicenda e storia personale, famigliare e sociale, dei frutti della terra ci nutriamo. Abitare la terra è una delle aspirazioni fondamentali dell’uomo: essere radicati in un luogo, collegati ad altre persone in comunione di lingue, di culture, di affetti. Abitare la terra come luogo dove la vita diventa fraternità. Conoscere la terra è conoscere la nostra identità. Capire la terra è comprendere meglio noi stessi e il ritmo della nostra vita scandito sull’alternarsi delle stagioni. Alla terra ritorneremo. Abitare la terra è renderci conto della nostra appartenenza che è influenzata, dalla luce, dall’aria, dall’acqua, dai suoi prodotti. Amare la terra, significa rispettare la terra, non inquinare la terra, lasciare viva la terra, permettere che si espanda il profumo di ogni fiore e il sapore di ogni frutto. Il lavoro della terra è il più antico, il più necessario, il più diffuso nel mondo. Il lavoro dei campi è dovere, è amore, onore e preghiera. Chi lavora i campi, più di ogni altro serve la terra, perché la rende più vivibile, più amabile, più rispettata. E’ l’agricoltore colui che conosce la sua terra, le sue piante, i suoi animali, che custodisce il presente e il futuro delle nostre campagne.La salute della terra è oggi minacciata da molti processi di degrado, e le ferite inferte compromettono la vivibilità del pianeta. Sotto la spinta espansionistica di attività umane irresponsabili, si sta mettendo a rischio la fertilità della terra, rendendo inospitali vaste aree del pianeta. C’è la necessità di una visione realistica dello sviluppo per il futuro, e di un impegno che inverta il corso pericoloso che oggi viene perseguito da un’economia del solo profitto che ha intaccato il capitale terra.La logica padronale porta a sfruttare la terra, ad usarla e strumentalizzarla, dimenticando il suo processo vitale, spingendosi fino alla manipolazione della vita con gravi squilibri ecologici. La sfida è grande: non solo l’attività produttiva, ma anche la società è chiamata a rilanciare la condivisione del “bene terra”, per non continuare a sostenere un modello di sviluppo incentrato sulla crescita dei consumi e sugli sprechi delle risorse. L’agrosistema è chiamato ad essere al tempo stesso produttivo e protettivo nei confronti della terra. Diversamente, la competizione irresponsabile allontanerà sempre le generazioni future da un’ecologia a servizio dell’uomo. Terra, sviluppo e giustizia sociale sono interdipendenti. Anche se l’uomo rappresenta il vertice della creazione, non può dimenticare l’azione provvidente di Dio che permette al creato di non interrompere la sua opera. La terra è il dono prezioso ed intelligente del Creatore, e noi gli amministratori responsabili della sua creazione, per coltivarla e metterla a profitto, traendo da essa le risorse necessarie per una esistenza dignitosa. Pur tra prove e fatiche Dio è presente nelle attività umane, e ci aiuta ad avvertire quanto sia importante essere suoi collaboratori. Se la vita è governata con santità e giustizia, ci permetterà di conoscere i suoi limiti, e di scegliere l’essenzialità e la sobrietà per continuare ad essere iscritti fra i benefattori nel libro della vita.