Vigilanza e opinione motivata e critica
21 Maggio 2018
I giornalisti di solito non sono amati; spesso sono accusati di ogni nefandezza anche quella che non si sarebbero mai sognati di compiere; altre volte diventano bersaglio di ogni critica e oggetto di tante cause perse. Essere giornalisti significa, in definitiva, avere a che fare con l’informazione; parola grossa che qualche volta non viene subito sulla bocca anche degli interessati. “Offrire informazione buona e fare buona informazione” – lo scrive il papa Francesco sulla prima pagina della nuova grafica de “La stampa” di Torino – ecco l’obiettivo dei giornali e dei mass media, tutti. Anche i social. Sì, comunicare su eventi e diritti, su principi ed esperienze, su doveri e storie è giornalismo. Informazione è mettere in giro dati e riflessioni, tesi e opinioni, approfondimenti e confronti, che abbiano certo al centro il rispetto della persona e delle comunità, la dignità di tutti e di ciascuno. I social, tutti i social, sono benedetti, quando non rinunciano a tale compito.Perché l’informazione sia reale occorre certo la deontologia professionale del comunicatore; altro non è, la deontologia, se non la capacità di leggere i fenomeni e di coglierne il senso, di rappresentarli nei loro particolari senza dimenticare il punto di vista di tutti e di ciascuno, con delicatezza e rispetto. E’ la ricerca del maggior numero di cause (soprattutto di quelle che non emergono), la lettura delle situazioni e delle vicende delle persone a cominciare dagli ultimi, i perdenti, gli indifesi appunto di scartati, come afferma e scrive ancora il Papa. Cioè quelli che non hanno alcun potere.Una ricerca ed una scrittura che tiene conto della diversità delle fonti e delle situazioni, ma soprattutto della complessità della realtà. Una complessità che non tollera superficialità e pressapochismi, sterili contrapposizioni e soprattutto il chiacchericcio che uccide.Ogni informazione e tutte le informazioni insieme, nella loro differenza, hanno l’obiettivo di arrivare alla costruzione di una pubblica opinione nella società prima di tutto. Scrivendo su questo giornale da cinquanta anni, possiamo aggiungere anche nella Chiesa. Siamo in buone mani, lo esigeva in una dei tantissimi discorsi papa Pacelli che parlava appunto di “pubblica opinione nella Chiesa” come una necessità per esser all’altezza della sua missione evangelizzatrice e del suo ruolo nella società moderna.Schematismi e propaganda, insieme con abitudini al servilismo, sono il grande pericolo per la informazione e per una società che sia libera, democratica e capace di vigilare. La vigilanza e la capacità di offrire argomenti sempre nuovi e motivati, l’impegno per aggiungere alle motivazioni anche le critiche, ecco insieme il sale del giornalismo e la garanzia di una informazione all’altezza del suo compito.In questi tempi, per la verità, non mancano i premi ai giornalisti. Alcuni sicuramente sono strameritati, specialmente quando non vengono alla fine della professione. Il festival di Giornalismo di Ronchi – il cui programma viene illustrato su altre pagine in questo numero di Voce Isontina – ha la grazia di essere una iniziativa di giovani cronisti e informatori che vivono sulla loro pelle il peso della comunicazione e l’esperienza di entusiasmarsi non dietro agli eventi ma piuttosto nella fatica di essere se stessi e di dare il proprio contributo in un mondo nel quale la comunicazione occupa il posto centrale.Si tratta, allora, di moltiplicare le occasioni per un confronto coraggioso, anche sulla cronaca locale. Infondo, la profezia, resta la prospettiva di ogni comunicazione reale. Il mondo nel quale viviamo ha bisogno di tante cose, ma soprattutto appunto dello spirito profetico di chi crede che ogni informazione corretta e umana, è in grado come la goccia che scava sulla pietra di avvicinarsi a quella “verità che ci farà liberi”. Provarci e con coraggio è davvero già molto.
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