Memoria
24 Gennaio 2019
Una ricorrenza che esprime, innanzitutto, il dovere di ricordare, combattendo in questo modo l’interesse – sempre più diffuso anche alle nostre latitudini – di chi vorrebbe un futuro senza storia.”Ho conosciuto il male assoluto per la sola colpa di essere nata” ha evidenziato recentemente la senatrice Liliana Segre, matricola 75190 nel campo di concentramento di Auschwitz – Birkenau.Quei numeri, tatuati indelebilmente sulla pelle, rischiano però di riperdere la dignità di esseri viventi se associamo l’obbligo della memoria unicamente ad un atteggiamento passivo: il rischio è che i silenzi di allora proseguano nei silenzi di oggi, le connivenze di quei giorni continuino in quelle del nostro tempo.C’è bisogno di gesti concreti per far comprendere ai giovani di questo nuovo Millennio non solo cosa la Shoah ha provocato ma soprattutto come e perché si è arrivati all’Olocausto; raccontare quello che ancora si preferisce tacere come, ad esempio, la troppo presto dimenticata chiusura delle frontiere all’immigrazione ebraica espulsa dal Terzo Reich da parte di tanti Paesi di tradizione Cristiana del nord e Sud America “dovuta ad un’atavica ostilità antigiudaica o al sospetto antigiudaico, a codardia o limitatezza di visione politica o a egoismo nazionale”: un atteggiamento – come ha ricordato un Documento della Commissione vaticana per i rapporti religiosi con l’ebraismo – che “costituisce un grave peso di coscienza per le autorità in questione”.C’è bisogno di considerare la Shoah non un fatto del passato ma un avvenimento del presente, della nostra quotidianità. E questo non può che portarci a rifiutare e denunciare ogni atteggiamento razzista, qualunque sia la sua presunta motivazione.”Rischieremmo di far morire nuovamente le vittime delle più atroci morti, se non avessimo la passione della giustizia e se non ci impegnassimo, ciascuno secondo le proprie capacità, a far sì che il male non prevalga sul bene, come è accaduto nei confronti di milioni di figli del popolo ebraico… L’umanità non può permettere che ciò accada di nuovo “. (San Giovanni Paolo II).
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