Burkina Faso: crescono la tensione e la paura
29 Maggio 2019
” Non basta un dito per raccogliere la farina. È insieme e in sinergia che supereremo la violenza. Il popolo ne uscirà vincente. Il Signore è qui con noi e noi vinceremo”: sono le parole pronunciate dal cardinale Philippe Ouédraogo, Arcivescovo di Ouagadougou e Presidente della Conferenza Episcopale Burkina Faso- Niger, nella sua allocuzione alla 3° Assemblea Generale Plenaria della Conferenza Episcopale Regionale dell’Afrique dell’Ovest svoltasi nei giorni scorsi nella capitale del Burkina Faso.Proprio in Burkina Faso sono stati commessi nell’ultimo mese alcuni gravissimi attacchi contro la comunità cattolica. Da tempo la Diocesi di Gorizia e il Burkina Faso sono legati da progetti missionari, resi possibili – negli anni – anche grazie all’impegno delle missionarie laiche diocesane Ivana Cossar e Luisella Paoli.Luisella ora segue i progetti dall’Italia, mentre Ivana è da poche settimane rientrata in Diocesi dopo un ulteriore periodo di permanenza in terra africana. Abbiamo colto quest’occasione per incontrare entrambe e per soffermarci con loro su quella che è la situazione socio – politica del Paese, scosso purtroppo da continui attacchi terroristici.
Il Burkina Faso è una terra che conoscete ormai molto bene e che avete bisto cambiare. Qual è il clima che si respira ora nel Paese?Per meglio illustrare ciò che si sente ora, vi riportiamo una testimonianza diretta che ci ha scritto un ragazzo musulmano. Lui, durante l’adolescenza, è venuto a contatto con una chiesa gestita da Salesiani, i quali radunavano tutti i ragazzi del quartiere, indifferentemente dalla religione praticata, e qui svolgevano attività socio – culturali e sportive. Questo ragazzo ci ha raccontato di come tutti fossero in perfetta armonia e come, in breve tempo, si strinsero belle amicizie; alcuni tra suoi più cari amici facevano parte dell’Azione Cattolica o prestavano servizio come chierichetti. L’armonia era tanta anche nel rispetto dei momenti di preghiera, tant’è vero che, per i ragazzi musulmani, venne allestita, all’interno della parrocchia, una zona per le loro abluzioni. Ancora oggi presso questo centro continuano le attività, per tutti i ragazzi, e tutte le religioni vivono in perfetta armonia. Anche il Ramadam viene vissuto insieme, con gli amici di altre religioni che, al termine del digiuno quotidiano, si uniscono agli amici musulmani per mangiare insieme, portando a loro volta qualcosa da condividere.Non mancano poi sul territorio esempi, da anni, di associazioni Islamocristiane.Questo fa comprendere come il terrorismo, in Burkina Faso, sia qualcosa che arriva dall’esterno, perché non appartiene a queste terre, da sempre abituate al rispetto e all’armonia. I terroristi, con i loro atti, stanno cercando di mettere le persone una contro l’altra, ma stanno fallendo perché le loro barbarie non le dividerà mai, al contrario, le renderà sempre più unite.
I responsabili delle varie religionbi presenti sul territorio, che “peso” hanno, anche a livello politico?Possiamo rispondere con un esempio: il cardinale Philippe Nakellentuba Ouédraogo, Presidente della Conferenza Episcopale Burkina Faso-Niger, arriva da una famiglia musulmana e suo fratello è un imam. Quando, in un momento critico della storia politica recente del Paese, la situazione sembrava andare fuori controllo e il cardinale si trovava a Philadelphia per l’Incontro internazionale della Famiglia, è stato il governo stesso, immediatamente, a chiamarlo e a chiederne il rientro in Burkina Faso come mediatore di pace.Nell’ambito della transizione politica dopo il colpo di Stato, per arrivare alle elezioni democratiche, gli avevano anche proposto la presidenza del governo di transizione, pertanto c’è un grande rispetto per la Chiesa Cattolica. Anche all’arcivescovo di Bobo – Dioulasso, Paul Yembuado Ouédraogo, venne proposta la presidenza della Commissione nazionale per la Riconciliazione.
In tutto questo, la popolazione oggi come vive la quotidianità?La situazione in generale è tesa, perché con i membri di queste fazioni non ci sono negoziati possibili, non ammettono nessun tavolo… l’unica arma che ci resta è quella della preghiera e del mantenere salda la Fede, in tutte le religioni.La maggior parte degli attacchi riguardava la zona nord ed è stata indirizzata verso la Gendarmerie, composta in grande numero da musulmani. Ora gli imam stessi, quando sentono parlare di “estremismo islamico”, insistono perchè si tolga la parola “islamico”, prendendo le distanze completamente da questi gesti che non appartengono al loro Credo. Le religioni si stanno rafforzando tramite la coesione, parola che oggi ha un enorme significato, a tutti i livelli.Tra la popolazione e a livello sociale, i problemi grossi si registrano nella fascia confinaria con il Mali – da dove scendono questi gruppi terroristici -, dove sono già state chiuse più di 1.000 scuole, impedendo a migliaia di bambini e ragazzi di continuare gli studi. Il problema è che queste fazioni non sono gestibili con un esercito: loro attaccano con due o tre persone comuni, buttate nella folla e creando stragi. Le forze dell’operazione Barkan, capitanate dai francesi, ci stanno provando ma sono “battuti” sul campo da questi gruppi, armatissimi, anche per la loro fortissima conoscenza del deserto.Nella capitale e nelle città, la vita deve continuare, per cui – apparentemente – le cose proseguono, ma certo non con la tranquillità nel cuore e nella mente delle persone. Migliaia di famiglie piangono vittime del terrorismo, i componenti della Gendarmerie sono continuamente sotto pressione, sono spesso presi di mira e questo comporta nervosismi, disattenzioni…I consigli governativi sono quelli di non frequentare posti affollati, ma la vita quotidiana continua, si va al mercato, anche per lavorare vendendo i propri prodotti, le strade sono affollate, così come le funzioni delle varie chiese e religioni… e spesso ci si osserva, si sta attenti alle persone “sospette”. Un po’ di psicosi c’è, non si può negarlo, anche perché, purtroppo, ora stanno attaccando non più solo i posti di blocco ma anche le comunità, uccidendo quindi tantissimi civili, facendo leva sull’etnicismo e regolamenti di conti.
Viene naturale chiedersi come abbia fatto il terrorismo ad espandersi in così breve tempo…Purtroppo è una delle conseguenze del “dopo Compaoré”, colui che detenne la presidenza del Paese per 27 anni, dimissionario nel 2014 dopo i sollevamenti popolari contro la modifica costituzionale che voleva imporre e che gli avrebbe dato un ulteriore mandato. Blaise Compaoré trattava con questi gruppi terroristici – e va detto che molte erano le speculazioni nelle trattative per la liberazione di ostaggi – pertanto le cause dell’espansione stanno anche nella destituzione del presidente. Ovviamente rientrano in quest’aspetto anche elementi di politica interna e politica estera e, non da ultimo, la scoperta negli ultimi decenni di molti giacimenti auriferi, da dove si estraggono annualmente tonnellate e tonnellate di oro. Ci sono quindi giacimenti “ufficiali” e altri clandestini, di cui uno sotto controllo di gruppi armati sul quale il Governo non riesce più ad intervenire. Gruppi che, va sottolineato, sono totalmente allo sbando e ingestibili, tant’è vero che il 90% degli attacchi a sfondo terrorista non viene poi rivendicato. In aggiunta al grave problema del terrorismo, la corruzione non è da meno, nonostante le ottime intenzioni del presidente Roch Marc Christian Kaboré, eletto democraticamente. È una piaga – africana ma possiamo dire mondiale – non facile da debellare.
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