“Ragazzi all’opera” per far tornare ai bambini la voglia di cantare
23 Agosto 2019
Da tempo sul territorio esiste una bellissima realtà che avvicina in maniera coinvolgente, giocosa, divertente ma senza mancare di impegno e costanza i più piccoli al mondo dell’opera lirica.Si tratta di “Ragazzi all’Opera”, progetto ideato e realizzato dal Maestro Alessandro Svab e la sua Accademia Lirica “Santa Croce” di Trieste, di cui è il presidente.Quella realizzata nell’ultimo anno scolastico è stata la 10^ edizione del percorso che annualmente raccoglie migliaia di adesioni da scuole di tutta la Regione. Un lavoro certamente notevole per il Maestro e il suo staff, che però desiderano ardentemente perseguire per “far tornare nei bambini la voglia di cantare”.Abbiamo ripercorso con il Maestro la nascita di questo progetto, della fortuna trovata anche all’estero dove è accolto con entusiasmo e immensa partecipazione e, non da ultimo, di alcuni progetti per i prossimi mesi.
Maestro, “Ragazzi all’opera” anno dopo anno colleziona successi. Com’è nato però questo progetto e dove ha trovato l’ispirazione per tutto questo?
L’idea di “Ragazzi all’Opera” è nata verso la fine degli anni ’90, in seguito ad alcuni inviti che ricevetti non solo in Italia ma anche all’estero per seguire progetti legati al mondo della scuola. Bei progetti a quel tempo c’erano a Palermo, a Torino… Quando la voce che dedicavo due produzioni l’anno per progetti/scuola si sparse, gli inviti cominciarono ad arrivare dalla Germania, dall’Irlanda, dall’Inghilterra… Tutti progetti molto interessanti ma sentivo che mancava qualcosa, soprattutto “mi” mancava qualcosa.Diciamo che la chiave di volta la trovai all’interno di un interessante festival irlandese, dove dedicavano delle matinée alle scuole. L’aneddoto è molto carino: da una delle finestre dei camerini vidi due ragazzi che stavano facendo un po’ a botte. Successivamente vennero aperte le porte del teatro, il pubblico entrò e prese posto ma notai, durante la rappresentazione, che questi due continuavano a disturbarsi e a sfidarsi. Quindi decisi di scendere tra loro – e già qui catturai l’attenzione -, mi diressi dai due “contendenti” e li coinvolsi in un pezzo de “L’Elisir d’Amore”, che stavo presentando. I due ragazzi si “sciolsero” e mi accompagnarono divertendosi, la platea si entusiasmò e i docenti rimasero piacevolmente colpiti.È stato lì che ho capito come quello che mancava e mi mancava, fosse la presenza dei ragazzi, il dare loro la possibilità di diventare veri protagonisti dello spettacolo. Non era cosa semplice, si doveva costruire una “macchina” adatta a loro, riscrivendo l’opera.Non mi sono dato per vinto, ho trovato un gruppo di persone che ha creduto nel progetto e alla fine ci siamo riusciti: già alla prima edizione si sono iscritti 1.260 studenti, al terzo anno eravamo a 4.500 e quest’anno abbiamo celebrato la 10^ edizione del progetto.
Quali sono le opere che avete proposto?
Siamo partiti con il Don Giovanni, poi l’Elisir d’Amore, Il Barbiere di Siviglia, Don Pasquale, Rigoletto, La Traviata, Cenerentola, quest’anno L’Italiana in Algeri. A grande richiesta, nella prossima stagione riproporremo Il Barbiere di Siviglia, che vogliamo sviluppare come un progetto biennale, dal momento che il Barbiere è l’inizio della storia del Conte di Almaviva, che si conclude poi con Le Nozze di Figaro, da proporre nell’anno successivo.Negli anni siamo riusciti a portare sul palcoscenico veramente tutti, anche bambini con disabilità importanti, siamo riusciti a dare delle borse di studio, e siamo riusciti ad avere un po’ di fondi anche per costruire delle scene, che venivano allestite con l’aiuto degli stessi bambini e ragazzi, coinvolgendoli così non soltanto dal punto di vista del canto, ma anche dell’allestimento di tutto quello che è l’apparato scenico. Voleva da sempre essere un progetto a tutto tondo, coinvolgendo tutte le scuole di ogni ordine e grado: negli anni abbiamo lavorato anche con i ragazzi più grandi, coinvolti nella riscrittura dei testi (come gli allievi dei Licei classici), quelli degli Istituti professionali sono stati coinvolti nell’apparato scenico… abbiamo anche esplorato la storia locale, ricreando ambientazioni ispirate al Carso, ai paesi Friulani, i costumi tradizionali.
Contrariamente a una giornata a teatro con la scuola, “Ragazzi all’Opera” è un cammino su più mesi. Come si sviluppa il progetto?
Esattamente, è un percorso che si sviluppa lungo tutto l’anno scolastico con una prima parte dedicata alla storia, alla trama, ai personaggi, dando anche nozioni sul compositore, il librettista… si tratta di dare un’infarinatura per mettere gli studenti in relazione con queste opere. Poi si passa alla preparazione canora.I primi anni si è lavorato su opere comiche, la svolta c’è stata con Don Pasquale, con il quale avevamo chiesto alle scuole di utilizzare, nella realizzazione dei costumi, solo materiali riciclabili, andando ad unire al discorso di studio e conoscenza dell’opera, anche un discorso legato al sociale, all’ambiente e all’educazione civica. È stata una cosa molto interessante, accolta favorevolmente non solo da alunni ed insegnanti, ma anche tra i genitori.Tutti questi passi permettono non solo di avvicinare i ragazzi all’opera, ma di costruire il pubblico del futuro, con una buona consapevolezza e conoscenza. La differenza sta tutta tra il “trascinarli” al teatro e il porli invece davanti a un percorso annuale di cui sono i veri protagonisti, tanto nella costruzione, quanto sulla scena. Oltre a ciò sono “ragazzi per i ragazzi”: gli spettatori sono coetanei di chi è sul palco e questo è un gran punto di forza.Infine, l’evoluzione del progetto è dettata dai bambini stessi: il primo e secondo anno di frequentazione sono praticamente di “studio” reciproco; dal terzo anno, quando conoscono ormai i meccanismi, cominciano a fremere, desiderano cantare, mettersi in gioco. C’è tanto impegno da parte loro ma lo fanno con gioia perché sono appunto loro i protagonisti.Il mio desiderio è proprio che i bambini riprendano a cantare, perché non cantano più se non in rare occasioni dettate da qualche piccola recita in momenti particolari dell’anno. Il canto è terapia, è sfogo, è anche comunicare. A volte è dura perché il lavoro è immane, non è semplice da organizzare e spesso i fondi sono solo sufficienti, ma vogliamo portarlo avanti per tutte le finalità di cui abbiamo parlato.
Il progetto è stato poi portato anche oltre i confini nazionali…
Dalla terza edizione del progetto, sono iniziate ad arrivare partecipazioni anche dall’Austria e dalla Slovenia. All’inizio della prova generale, tutti si guardavano in modo un po’ “strano” ma, in pochissimo tempo, proprio grazie alla musica e al canto, tutta questa ritrosia nei confronti dell’altro sparì, i ragazzi austriaci – che erano un po’ più grandicelli – iniziarono ad aiutare i più piccoli, tanto italiani quanto sloveni, e tutti cantarono insieme, divertendosi, l’opera in italiano.Questo fu un vero punto di svolta per “Ragazzi all’Opera”.Ci sono poi dei campus estivi con l’Accademia che vedono una sempre maggior presenza di ragazzi e famiglie russe – ora stanno iniziando ad avvicinarsi anche i cinesi -. Qualche anno fa in una delle serate è stato proiettato un video riguardante le attività di “Ragazzi all’Opera”. Tornate a casa, queste famiglie hanno iniziato a parlare del progetto nel loro Paese e da lì è iniziato tutto. Sono stato chiamato in Duma (la camera bassa dell’Assemblea Federale della Federazione Russa) dove mi è stato chiesto di presentare il progetto, che immediatamente ha riscosso successo tra tutti i deputati. Da subito ha aderito una delle principali e più rinomate scuole di Mosca, alla quale poi se ne sono aggiunte un’altra decina e abbiamo portato “Le Nozze di Figaro” in sette di città, cantando in italiano.Così sono anche stato incaricato dal Consolato generale d’Italia a Mosca di coordinare i progetti del programma bilaterale Italia – Russia per la divulgazione e la conoscenza delle due Lingue.Quest’anno abbiamo proposto “L’Elisir d’Amore” e il prossimo anno proporremo un’opera, in prima mondiale, scritta da un compositore goriziano, che unirà giovani solisti e bambini. La Prima si terrà a maggio a Mosca, poi andremo a San Pietroburgo.
Quali differenze ha trovato tra i due “universi scolastici”?
I bambini lì sono più “immersi” nel mondo della musica e nel canto, vengono coinvolti molto più spesso durante l’anno nella produzione di piccoli spettacoli dove sono i protagonisti principali. Iniziano poi lo studio di uno strumento e del canto accademico già dalla più tenera età, prendendo molto prima parte anche a concorsi. Io stesso ho avuto modo di seguire alcuni ragazzi nella preparazione a concorsi internazionali: stanno raggiungendo ottimi risultati; ultima in ordine cronologico una giovane ragazza – in questo periodo ospite della mia famiglia per seguire la sua preparazione – che a settembre ci saluterà per entrare all’Opera di Parigi, dov’è stata selezionata su 600 candidate.
Cosa sogna per il futuro di “Ragazzi all’Opera” e di tutti i progetti dell’Accademia per i giovani?
Il mio grande desiderio sarebbe quello di creare una continuità in questi scambi culturali, creare un indotto a Gorizia che porti una crescita da un lato alla città, dall’altro ai giovani che ne prendono parte, nonché alle loro famiglie che, spesso, li seguono.I laboratori che durano un anno scolastico e si sviluppano su più anni vanno, ad esempio, già in questa direzione, donando un accrescimento ai partecipanti – che si sentono parte attiva, si divertono e giocano – e dall’altro lato coinvolgono un sistema culturale più ampio: studenti, insegnanti, famiglie, spettatori…L’importante rimane sempre il fatto di collaborare, mettendo da parte le paure di vedere “invaso il proprio territorio”.
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