Uomo della missione e dell’impegno culturale

Per due giorni (5 e 7 settembre) Gorizia, Lucinico e Mossa hanno virtualmente riabbracciato un illustre figlio vissuto lontano, dall’altra parte del mondo; l’hanno fatto assieme ad una qualificata rappresentanza di quel popolo che l’ha accolto, acquisendolo tra i suoi e coltivandone, da allora, un rispettoso e riconoscente ricordo. Giusto novant’anni or sono il missionario salesiano don Mario Marega (1902-1978), nato sul confine tra i comuni di Mossa e Lucinico, quindi tutto goriziano, nel 1929 partiva da Venezia alla volta del paese del Sol Levante assieme ad un esigui gruppo di confratelli, dando inizio ad una esperienza insieme missionaria e culturale durata più di quarant’anni.Le due giornate sono state pensate per consentire ai goriziani di oggi di condividere questa memoria e, contemporaneamente, di aprire relazioni con un ambito qual è quello giapponese, dove la cultura umanistica e l’attenzione allo studio della storia moderna e contemporanea continuano a suscitare interessi e progetti di ricerca assai promettenti. I principali appuntamenti pubblici sono stati realizzati grazie alla regia dell’Istituto di storia sociale e religiosa di Gorizia, dei Research Institutes for the Humanities del Giappone, la Scuola Italiana di Studi sull’Asia Orientale di Kyoto, con il sostegno della Cassa Rurale ed Artigiana del Friuli Venezia Giulia e dell’Arcidiocesi di Gorizia, la collaborazione dei Comuni di Gorizia e di Mossa, dell’Ente Regionale per il Patrimonio Culturale del Friuli Venezia Giulia, dell’Archivio di Stato di Gorizia, di Voce Isontina, della Biblioteca Pubblica del Seminario Teologico Centrale di Gorizia, delle parrocchie di S. Andrea in Mossa e di s. Giorgio in Lucinico. Si aggiungano i patrocinî dell’Istituto Giapponese di Cultura in Roma, dell’Università Pontificia Salesiana in Roma, dell’Oita Prefecture Ancient Sages Historical Archives (J), della Società Filologica Friulana e dell’Associazione “Lucinîs” di Lucinico.Il Progetto MaregaCorreva l’anno 2011: nella Biblioteca Apostolica Vaticana (BAV) avvenne il fortuito rinvenimento di una ricchissima collezione di circa diecimila antichi documenti amministrativi relativi ai Cristiani dell’antica provincia di Bungo, nel Kyushu, la più meridionale delle grandi isole che compongono l’arcipelago giapponese, una sorta di punto obbligato per l’approdo dei primi missionari portoghesi. Il prezioso materiale, inviato da don Marega a mons. Montini nel 1953, era frutto delle sue pluriennali campagne di ricerca condotte nelle dimore dei signori feudali disseminate sul territorio, oramai dismesse, come il castello di Usuki. Si tratta di preziose testimonianze che danno conto della struttura e dell’organizzazione della società del tempo, ove tutti i principali eventi della vita sociale (nascite, morti, matrimoni, spostamenti ecc.) di un feudo comprendente ben 279 villaggi sono minuziosamente annotati per l’arco cronologico di quasi due secoli (XVII-XIX). Immediatamente prese l’avvio un rapporto di collaborazione tra la BAV e i National Institutes for the Humanities del Giappone avente lo scopo di restaurare, riordinare e studiare il complesso di tali carte, coinvolgendo un numero sempre più ampio di studiosi e professionisti dei beni culturali italiani e giapponesi, i cui esiti scientifici sono confluiti nel “Progetto Marega”. Animatore instancabile di questo percorso è stato ed è il prof. Silvio Vita, docente alla Kyoto University of Foreign Studies e alla Scuola Italiana di Studi dell’Asia Orientale, che nel 2017 aveva visitato la nostra città per consultare l’epistolario di don Marega con i propri familiari, custodito nel Fondo Camillo Medeot, depositato presso la Biblioteca del Seminario Teologico.Il progetto oltre a sondare le vicende storico-amministrative plurisecolari del Giappone meridionale fin dalla seconda metà del XVI secolo, si pone l’obiettivo di ricostruire le vicende biografiche del suo autore, dalle origini goriziane al contesto missionario in cui operò. L’Università Pontificia Salesiana, all’interno della sua Biblioteca don Bosco, conserva una selezione di libri antichi giapponesi ed altre testimonianze dei periodi Edo e Meiji, dal XVII agli inizi del XX secolo.

Gorizia, 5 settembre “Quarant’anni nel Paese del Sol Levante (1929-1974)”Il prof. Vita ha tratteggiato il carattere di don Mario ripercorrendo, in sintesi, le principali tappe della sua esistenza dopo il 1929: egli divenne “giapponese” fra i giapponesi, adattando il proprio carattere – rigoroso, severo, a tratti “spigoloso” – al contesto in cui fu chiamato ad operare. Dopo una breve esperienza come insegnante, non propriamente felice, i superiori lo indirizzarono all’attività di ricerca: qui don Marega seppe dare il meglio di sé. Tra gli anni Trenta e Quaranta, infatti, divenne membro delle società di storia locale attive nella prefettura di Oita, l’antico Bungo dei tempi di s. Francesco Saverio. Acquisita rapidamente una perfetta padronanza della lingua nipponica, don Mario divenne in breve tempo un’autentica celebrità, cui la stampa diede ampia risonanza, grazie al proficuo impegno dedicato alla ricerca delle origini della prima cristianità, risalente alla fine del XVI secolo, ed alle vicende che seguirono la repressione anticristiana voluta durante il periodo sh?gunale, nel periodo Edo (1603-1868). Né vanno qui dimenticate le moderne traduzioni italiane di alcuni tra i principali monumenti letterari giapponesi, quali il testo sacro dello Shintoismo, il Kojiki, o l’epopea dei 47 r?nin raccontata dalle pagine del Ch?shingura, capolavoro del teatro kabuki, pubblicate dall’editrice Laterza, a cavallo degli anni della seconda guerra mondiale, a seguito dell’interessamento di Benedetto Croce.Rompendo l’immagine stereotipa associata agli ecclesiastici, don Mario si distinse anche nell’antica arte del tiro con l’arco giapponese, il ky?d?, arte marziale che richiede abilità e senso di disciplina, conseguendone il terzo “dan”: scelse l’immagine di sé come arciere per decorare il proprio “exlibris”, un segno distintivo eloquente più di mille parole. Sicuramente a Gorizia e a Mossa don Marega non è stato muto spettatore, ma biografo di se stesso: il prof. Vita si è avvalso di una testimonianza straordinaria, tratta dalla collezione della BAV: l’autobiografia illustrata di don Mario, disegnata su di un rotolo di carta, alla stregua di una striscia a fumetti (“manga”) dove, con segno nitido ed incisivo, corrispondente al suo carattere, sono ritratte le scene più rappresentative della propria esistenza, dalla nascita a Mossa fino all’estate 1945, quando, in luglio, gli aerei americani distrussero Oita e la chiesa che egli aveva progettato. Dopo il bombardamento fu internato, assieme ad altri religiosi italiani, nella località termale di Tochinoki, vicino al monte Aso, nel Kyushu.Le immagini hanno poi ceduto il passo alla rappresentazione “video”, con la proiezione di un documentario trasmesso di recente dalla televisione nazionale giapponese, opera del regista Kido K?ichi, presente in sala, corredato di sottotitoli italiani realizzati appositamente. Mediante l’impiego delle tecniche della “storia orale”, la figura di don Marega prende sostanza mano a mano che i ricordi dei testimoni che con lui hanno vissuto e lavorato si intrecciavano.Successivamente l’atmosfera viva e tumultuosa del Giappone degli anni Trenta e Quaranta è stata ravvivata dalla vibrante esecuzione del “Trittico dell’Impero”, sonata in tre tempi per pianoforte solo, composta dal superiore di don Marega, mons. Vincenzo Cimatti (1879-1965), noto come il “don Bosco del Giappone”. L’opera, che condensa lontani echi pucciniani, motivi tradizionali giapponesi ed accenni al repertorio melodico-popolare italiano, fu radiotrasmessa in tutto lo spazio coloniale giapponese nel 1940, nel cuore delle celebrazioni legate al 2.600 anniversario della mitica fondazione della dinastia imperiale nipponica. A concludere il primo incontro, svoltosi nello scenario della sala concerti della Palazzina De Grazia, sono alfine giunte le testimonianze dei familiari: del nipote ing. Gianni Medeot – il quale, da ragazzo, subì il fascino della vigorosa personalità dello zio salesiano – e del prof. Sergio Tavano, genero di Camillo Medeot, sposo della sorella di don Marega e suo corrispondente per un lungo periodo di anni. La produzione grafica di don Marega, secondo Tavano, meriterebbe di essere esaminata: sorprendendo piacevolmente i presenti, lo studioso ha presentato un dipinto realizzato dal giovane don Mario nel 1928, dove si possono ammirare originalità espressiva ed abilità nell’uso del colore, profuso con intensità pari soltanto, forse, al suo affacciarsi alla vita.

Lucinico – Mossa, 7 settembre,  “in memoria di don Marega”È stato assai commovente l’abbraccio teso da Lucinico e Mossa, luoghi della famiglia e dei primissimi anni di vita di Mario. Individuata grazie alle ricerche di Roberto Feresin, l’antica casa familiare si conserva ancora lì, accanto alla linea ferroviaria ed alla strada che collega Gorizia a Udine, giusto sul margine dell’ex comune lucinichese; per volere dell’Amministrazione comunale mossese vi è stata collocata una artistica targa bilingue, ove il testo, redatto in italiano e giapponese, attesta: “Don Mario Marega – uno dei primi missionari in Giappone – grande interprete della cultura e della storia di quel Paese – nacque in questa casa il 30 settembre 1902 – La Comunità riconoscente, 7 settembre 2019”. Nella commossa allocuzione inaugurale il sindaco, Emanuela Feresin, ha condensato le espressioni dell’affetto riconoscente di un paese che non intende dimenticare uno tra i suoi figli più autorevoli. Analogamente, nel corso della solenne celebrazione eucaristica cantata, mentre la chiesa parrocchiale di Mossa era gremita di fedeli, l’arciprete don Moris Tonso ha posto in risalto il valore della vita missionaria evangelicamente spesa da don Marega a servizio del prossimo nella sequela del Cristo. Nel corso della liturgia è stato letto il saluto portato dal prof. don Mauro Mantovani, rettore dell’Università Pontificia Salesiana, ente patrocinatore dell’iniziativa, dove è ospitata una parte del “Fondo Marega”. In esso è riemerso il richiamo potente dell’opera del salesiano goriziano che ha prefigurato uno spirito di mutuo rispetto e collaborazione tra le culture un tempo così lontane ed oggi, anche grazie a lui, più prossime tra di loro. Il festoso canto della “Coral di Lucinîs” e del Coro parrocchiale S. Marco, appositamente riuniti col rinforzo di un ensemble strumentale, ha offerto una corona di giubilo unanimemente apprezzata.Nell’ampia sala “don Bosco” oltre al prof. Silvio Vita sono intervenuti gli ospiti provenienti dal Giappone: il dott. Yuji Otsu, direttore dell’archivio storico della prefettura di Oita, e del prof. Ryo Yugami, docente di scienze archivistiche all’Università Gakushuin di Tokyo. Ambedue hanno guidato il pubblico presente attraverso un ideale viaggio nella Oita degli anni ’30 e ’40, coincidenti con il periodo più ricco di impegno e di successi, dunque anche il più caro a don Mario, dove la centralità della chiesa cattolica in quel tessuto urbano rende conto di un contributo attivo allo sviluppo civile e culturale della società del tempo. Fu qui che il salesiano goriziano avviò le ricerche archeologiche destinate poi a mettere in chiara luce l’estensione della presenza dei primi cristiani nella regione, attraverso l’individuazione – tutt’altro che scontata – e lo studio delle antiche sepolture diffuse sul territorio.Con approccio squisitamente archivistico il prof. Yugami ha esposto le fasi di sviluppo del riordinamento e del restauro dei documenti rinvenuti (ma anche da quelli prodotti contestualmente alla raccolta delle carte antiche) da don Marega ed ora custoditi in 22 buste nella Biblioteca Apostolica Vaticana, condotte nel rispetto degli standard internazionali e nell’ottica di scambio di competenze tra i restauratori giapponesi ed i colleghi della BAV. Un percorso pluriennale attivamente sostenuto con risorse pubbliche dedicate. Attraverso lo studio di questi preziosi documenti, sarà possibile analizzare il fenomeno dell’inquisizione governativa chiamata a  reprimere ogni potenziale reminiscenza di cristianesimo nella discendenza di chi aveva aderito alla fede cattolica nell’area di Oita e dintorni.

Il futuroLa cordiale accoglienza riservata alla piccola delegazione italo-giapponese lascia sperare che le relazioni inaugurate in questa occasione possano fruttificare, tanto sul versante degli studi centrati proprio sulla figura di don Mario Marega, in particolare sulle vicende della sua infanzia e giovinezza, quanto sul piano di un percorso ufficiale tra le due realtà che apra ad una rete di rapporti duraturi non solo sul versante culturale, ma anche su quello turistico, eno-gastronomico e commerciale, dove altri qualificati attori sono chiamati ad intervenire.Basti, per ora, l’impegno a non lasciar sfiorire uno spirito di amicizia sbocciato nel nome di don Mario Marega.L’esito della partita dipende da tutti noi.