Essere carità per portare l’Amore

Non so perché, ma il mio pensiero, su tale argomento, non si è portato sulla mancanza di denaro, di case, di macchine, sulle cose materiali insomma ma bensì su quanto ero più ricco un tempo, quando ero più giovane e probabilmente come tanti giovani neanche ci pensavo o me ne accorgevo. Si, ero più ricco: di forza, di vista, di capelli, di gambe, di coraggio e banalmente oggi, a 65 anni, mi rendo sempre più conto che la mia persona, invecchiando, si trova sempre più nella condizione di bisogno, perché ovviamente ci si impoverisce di quello che la gioventù si è lasciata dietro le spalle. Man mano che gli anni avanzeranno se tutto va bene, avrò sempre più bisogno di un aiuto, di qualcuno che mi dia una mano, che mi assista se sono ammalato, che mi porti qualcosa da mangiare, ma allora dico, le povertà sono diverse, non solo degli altri, ma anche mie.Mi sono venuti in mente altri poveri, quelli che vengono alla Caritas per intenderci, i senza tetto, gli immigrati, quelli che non ce la fanno con le bollette e ho pensato a quanto siamo o possiamo essere accomunati in questo perché, se la povertà, legata al tempo che passa, è ineluttabile, invecchiando non può che essere così, siamo sicuri che tutte le altre povertà siano frutto di una conseguenza soggettiva e non invece oggettiva?Ci possiamo trovare inevitabilmente poveri contro la nostra volontà?Credo di sì, nell’uno o nell’altro caso, quello che accomuna la nostra umanità, oltre al fatto di essere tutti figli di Dio, è la povertà; tutti, in un modo o nell’altro ci ritroveremo prima o poi, per età, o per i casi della vita, a dover fare i conti con questa realtà. La povertà vera, però, il modo in cui la vivremo o riusciremo a superarla, dipenderà molto da che cosa avremo saputo “seminare” durante il nostro percorso di vita. Un rischio che le nostre comunità, i nostri paesi, la nostra società corrono in questo momento è quello che si possa diffondere sempre di più in essi una povertà che è la più pericolosa di tutte: la povertà del cuore. Abbiamo mai riflettuto su questo tipo di povertà? Quanto siamo poveri di cuore, di un cuore che ama, che dona, che mette l’altro al primo posto, che sa essere altruista, gratuito, un cuore che guarda a quello di Gesù insomma, che cerca di imitarlo. Quanto egoismo nelle nostre vite, abbiamo tutto, ma quanta solitudine, quanti soldi, ma quanta povertà di amicizie vere, quante cose da far fare ai figli, ma quanta povertà nel conoscerli veramente, quanto poco affetto fra di noi, nelle nostre case, quante strade vuote la sera nelle nostre città perché a vincere è la povertà della paura che ci fa chiudere in noi stessi e nelle nostre case. In questo sabato di novembre giorno in cui inauguriamo la nuova sede operativa della Caritas Diocesana di Gorizia, mi piace pensare alla luce di quanto appena detto, che possa essere un luogo di accoglienza, di ascolto, un luogo dove ci siano cuori di persone che oltre a svolgere i propri compiti e ruoli, sappiano battere forte per amore di quello che fanno, di solidarietà, di amicizia, di comprensione, anche se sappiamo come a volte sia difficile e faticoso operare in questo ambito. Un luogo dove le persone che vi lavorano siano veramente pietre vive di una Chiesa Universale e anche particolare che in questi anni, attraverso la Caritas e non solo ha tanto contribuito per aiutare i più bisognosi. Le persone che arriveranno possano non sentirsi giudicati ma rispettati e compresi. Aprire un nuovo centro operativo di Caritas vuole dire lavoro e impegno e di questo ringraziamo tutti don Stefano Goina e la “Fondazione Contavalle” ma anche continuità, continuità e comunione con chi prima di me, prima di noi, ha lavorato, sofferto, donato, per i poveri, i direttori don Ruggero Dipiazza, don Paolo Zuttion, tutti i volontari che in tutti questi anni hanno dato e daranno del loro tempo e fatiche per aiutare e costituire la Caritas. Essere Carità, essere amore, vuole dire portare Gesù, far conoscere Gesù, il suo Vangelo, saper riconoscere nel povero il Suo volto che soffre, in tanti sono stati mossi da questo desiderio e credo di dover ricordare quanto fatto anche dal centro Missionario, dal suo direttore storico don Giuseppe Baldas da tutti i sacerdoti Fidei Donum e i sacerdoti diocesani, viventi e quelli che ci hanno preceduti che hanno lavorato e lavorano per la Chiesa e i poveri. Desidero ringraziare l’Arcivescovo Carlo che ha posto la sua fiducia in me e che spero tanto di non deludere, ma anche i suoi predecessori che tanto hanno offerto e donato per la Chiesa di Gorizia. Ho accanto a me dei collaboratori veramente speciali, mi sostengono e aiutano moltissimo, siamo un’équipe lavoriamo insieme condividendo idee, propositi, programmi, con il contributo e sostegno di tutta la redazione di Voce Isontina perché crediamo che il nostro lavoro, se condiviso, è meno pesante ed più bello se vissuto in amicizia e armonia.