Donne e Costituente
È da poco passata la giornata dedicata alla Festa della Repubblica che già pare confondersi con le tante altre feste che affollano comunemente il calendario. Eppure la nascita della Repubblica è stato più di qualunque altro lo spartiacque tra un prima e dopo, tra la monarchia e la partecipazione pubblica, tra il fascismo e la […]
13 Giugno 2024
È da poco passata la giornata dedicata alla Festa della Repubblica che già pare confondersi con le tante altre feste che affollano comunemente il calendario.
Eppure la nascita della Repubblica è stato più di qualunque altro lo spartiacque tra un prima e dopo, tra la monarchia e la partecipazione pubblica, tra il fascismo e la democrazia, tra gli anni segnati dalle guerre e la ripresa economica e sociale.
Chiave di questo passaggio: la Carta Costituente.
Nata sotto l’illuminazione di uomini consapevoli del grande sforzo giuridico, visionario e fertile che doveva permanere tale, chiaro e solido, anche negli anni venturi.
Tra loro, per la prima volta nella storia della penisola italiana, le prime donne: ventuno di cui cinque ammesse a redigere il testo costituzionale.
Ventuno donne istruite e già impegnate in società (una rarità in anni dove veniva ampiamente preferita la formazione scolastica e la partecipazione maschile piuttosto che quella femminile) che diedero un fondamentale contributo nozionistico ed emotivo alla Carta più importante che sia mai stata scritta.
A loro gli autori Romano Cappelletto e Angela Iantosca hanno dedicato il loro ultimo libro “Ventuno” edito dall’Edizioni Paoline, presentato a Palazzo Torriani di Udine il 3 giugno scorso.
A moderare l’evento organizzato dall’Associazione dei Giuristi Cattolici Italiani di Udine e Gorizia (rappresentata dal Presidente Notaio Emerito Paolo Alberto Amodio con il segretario Giacomo Patti) Paolo Zoratti, Presidente del Serra Club di Udine.
Affrontare il tema “Donne” non può prescindere dalle riflessioni sullo stato della loro emancipazione culturale, sociale e lavorativa e così numerose sono state le riflessioni circa la loro parificazione agli uomini (
E che ce ne sia anche bisogno di specificarlo è grave” – così le nostre Costituenti), della loro tendente autosvalutazione e del generale bisogno di asservirle al mondo maschile perché ne conceda spazi e diritti (che avidamente vengono centellinati col contagocce).
D’altronde, il mondo era sempre stato totalmente maschile e maschilista: girava intorno agli uomini, fatto da uomini e per gli uomini.
Solo nel ’47, dopo le guerre e la resistenza dove le donne hanno dimostrato sul campo di essere capaci e autonome, l’Italia si è posta il tema della parità (che, pare, sia stato affrontato anche per compiacenza alle pressioni degli Alleati) e per allargare il bacino elettorale che, in primis contro il sistema monarchico, aveva la necessità di essere forte, grande e coeso.
Alle prime elezioni, le donne che andarono a votare furono milioni sfiorando il 90% dell’elettorato attivo.
Così scrisse la giornalista Anna Garofalo il 2 giugno 1946 “Le schede che arrivano a casa e ci invitano a compiere il nostro dovere hanno un’autorità silenziosa e perentoria.
Le rigiriamo tra le mani e ci sembrano più preziose della tessera del pane. Stringiamo le schede come biglietti d’amore”.
(Foto d’archivio Afp/Sir)
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