Donne in divisa – “Donne: l’amnesia che porta all’indifferenza”
Se il 25 Novembre, che è la giornata dedicata alla lotta contro la violenza sulle donne, avesse un volto, avrebbe quello di Mara Lessio, Commissario Capo della Polizia oggi in pensione che ha dedicato moltissimo della sua vita professionale ad aiutare le donne (e non solo) sempre con calda accoglienza e zelo puntuale. Mara è […]
11 Gennaio 2024
Se il 25 Novembre, che è la giornata dedicata alla lotta contro la violenza sulle donne, avesse un volto, avrebbe quello di Mara Lessio, Commissario Capo della Polizia oggi in pensione che ha dedicato moltissimo della sua vita professionale ad aiutare le donne (e non solo) sempre con calda accoglienza e zelo puntuale.
Mara è nata per fare la Poliziotta, lo si vede da come osserva con dettagliata attenzione, nella moderazione e sicurezza dei movimenti e nella vocazione al giusto, alla ricerca di quel rispetto delle regole che è sovrana su qualunque esigenza.
Noi ci siamo conosciute proprio in un 25 Novembre di sensibilizzazione nelle scuole e da allora non ci siamo più lasciate.
Mara da quando con precisione ti occupi di donne?
Dal 1996, da quando cioè il reato di violenza sessuale è stato considerato reato contro la persona e non più (solo) contro il costume e la morale pubblica. Da allora son cambiate tantissime cose anche se poco più di un ventennio è ancora un arco di tempo relativamente troppo breve per rieducare dal profondo non solo la società ma anche i tecnici, i giudici.
Nel caso degli abusi sulle donne il cambio di passo della normativa fu un momento essenziale di svolta ma in generale credo che oggigiorno non servano nuove leggi ma che tutte le persone siano preparate, educate, consapevoli. Il passaggio legislativo è sempre un momento fondamentale ma non basta se non allena una certa sensibilità sociale per tendere ad un reale cambiamento.
Parli pensando ai gravi fatti di cronaca avvenuti recentemente a scapito di donne abusate se non uccise?
Viviamo un momento di forte aggressività e dove i giovani considerano la violenza un gioco e dove la donna è sempre sottomessa.
Sei sempre stata di aiuto per le donne, ma se volessi muoverle un richiamo, un monito, un affettuoso richiamo, cosa le diresti?
Direi che le donne si dimenticano le battaglie che sono state fatte per arrivare ai diritti di oggi e ignorano che le posizioni vanno difese per non tornare indietro.
Un’amnesia che porta all’indifferenza, al dare per scontato, al soprassedere cose, fatti e diritti sui quali invece, soprattutto i giovani, non dovrebbero mai abbassare la guardia ma capire che quello che oggi c’è è stato ottenuto dopo aver patito tanto e battagliato altrettanto.
Cosa ne pensi delle battaglie femministe di oggi?
Oggi non ci sono battaglie femministe, ci sono solo eventi dedicati a giornate particolari e sono poi portati avanti da donne non più nemmeno tanto giovani. Oggi si rincorrono piccole cose per lo più banali anziché mantenere viva la memoria dei grandi diritti.
Alle iniziative del 25 novembre spesso mancano i veri protagonisti ovvero gli uomini. Cosa pensi di quest’assenza?
Che il cambiamento che vorremmo vedere non passa solo dalle giornate a tema o da percorsi educativi ma dalle famiglie, dagli adulti che affrontano con maturità il tema e che parlano con i figli maschi.
Invece io vedo molta indifferenza, distrazione, il sesso lasciato alla pornografia.
Sono passati anni da quando tutto era un tabu, proibizionismo totale mentre ora siamo finiti in un mondo in cui tutto è così esplicito, non c’è la bellezza della sessualità ma anzi tutto del femminile è sessualizzato e in modo dispregiativo.
Il maschio non vive il problema dell’emancipazione delle donne, ne è consapevole dell’esistenza ma non lo considera un’urgenza, un qualcosa che deve essere necessariamente risolta. Anzi, è una condizione femminile che gli può addirittura far comodo.
Molti credono che il patriarcato appartenga al passato. Tu cosa ne pensi?
Il peccato originario è proprio il fatto di fingere che i problemi “veri” siano passati mentre il medioevo dei diritti non è solo di ieri, è anche di oggi seppur con sfumature differenti ove l’innesto di culture straniere con altrettanta, se non più grave, sottomissione femminile certo non giova.
Mara, un’ultima domanda su te poco più che ventenne: quando sei entrata in Polizia, la divisa ti pesava come limite o ne eri positivamente emozionata?
Io sono entrata in Polizia esattamente a 25 anni e già allora l’ambiente militare era qualcosa che io conoscevo bene, già in famiglia c’erano militari, e così, quando la Polizia di Stato ha aperto i concorsi alle donne, per me è stata una chiamata naturale, un amore per la divisa e quello che rappresenta che ho avuto fin dall’inizio e, detto fra noi, avrò per sempre.
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