Natale

Si avvicina Natale, la festa dove tutti cercano di stringersi ai propri familiari e parenti. Il Tempo di Natale, che precede la fine dell’anno civile, è anche l’occasione per riflettere e fare un bilancio della propria vita andando a verificare le luci e le ombre dei dodici mesi trascorsi. Per chi vive in un carcere […]

19 Dicembre 2024

Si avvicina Natale, la festa dove tutti cercano di stringersi ai propri familiari e parenti.
Il Tempo di Natale, che precede la fine dell’anno civile, è anche l’occasione per riflettere e fare un bilancio della propria vita andando a verificare le luci e le ombre dei dodici mesi trascorsi. Per chi vive in un carcere o in altre misure detentive alternative (detenzione domiciliare o semi libertà ad esempio) le festività natalizie sono tra i giorni più tristi dell’anno, perché la distanza dai familiari e parenti è una ferita che brucia di più. Eppure il Natale dovrebbe essere la festa delle donne e degli uomini che sono più poveri ed esclusi.
L’evangelista Luca, infatti, ci racconta che la notte in cui nacque Gesù i primi ad avere il privilegio di sentire la buona novella dagli angeli, “Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore.”, sono stati i pastori che dormivano all’addiaccio per badare alle greggi: gli ultimi e gli esclusi in quel tempo.
La condizione delle persone ristrette in Italia, come i mass-media ce l’hanno raccontato nei mesi estivi, non sono per niente dignitose, anzi sono contrarie ai diritti fondamentali dell’uomo. Solo per descrivere la situazione dei reclusi nelle Case Circondariali e negli Istituti di Pena italiani cito alcuni brevi ma significativi dati.
Al 31 marzo 2024 erano 61.049 le persone detenute, a fronte di una capienza ufficiale di 51.178 posti. (fonte Antigone) Sovraffollamento, situazioni malsane degli Istituti di Pena, mancanza di speranza nel futuro hanno causato 70 suicidi tra i detenuti nel 2023 (fonte Ristretti Orizzonti).
Nel 2021 il 19,9% dei reclusi ha commesso atti di autolesionismo (fonte Antigone).
La situazione carceraria sconvolge la vita anche degli agenti della polizia penitenziale: 6 suicidi nei primi sei mesi del 2024.
In questo quadro di buio dobbiamo, come ci insegna il Vescovo Carlo nella sua lettera “Finché c’è Speranza”, trovare luci di speranza. Una luce di speranza è l’impegno di decine di volontari e di organizzazioni del Terzo settore che anche nella casa Circondariale di Gorizia si impegnano quotidianamente a favore delle persone ristrette cercando di alleviare la loro situazione non dignitosa, usando un eufemismo.
Non possiamo dimenticare il personale che opera a stretto contatto dei detenuti, la direzione della Casa circondariale, educatori, assistenti sociali, agenti della polizia penitenziale che mettono il cuore, e non solo la loro professionalità, per rendere più confortevole la detenzione.
Da sempre la Caritas diocesana di Gorizia ha realizzato segni di speranza a favore delle persone ristrette sia nella Casa circondariale di Gorizia, sia a favore di persone residenti nella nostra Diocesi che scontano la loro pena in altri istituti di Detenzione o che sono in misure alternative alla carcerazione: sostegno di percorsi di inserimento lavorativo, ai laboratori di Fierascena aps all’interno della Casa Circondariale goriziana, acquisto di beni di prima necessità oppure piccoli sussidi per i loro familiari.
Da quest’anno i Fondi 8xmille della Chiesa Cattolica hanno finanziato un progetto presentato dalla Caritas diocesana, chiamato Oltre il Pre-Giudizio.
Grazie a questo progetto la Caritas diocesana ha potuto accrescere il suo impegno a favore delle persone detenute e delle loro famiglie.
Natale è il tempo in cui le persone si scambiano i doni, che sono un segno di affetto, vicinanza. Quando una persona porta un regalo di Natale vuole dire che “tu mi sei caro sei nel mio cuore”.
Grazie al progetto “Oltre il Pre-Giudizio” della Caritas diocesana la nostra Arcidiocesi offrirà dei doni di Natale a molti detenuti.
Proprio in questo tempo di Avvento, che ci prepara al Natale, partiranno dei percorsi di inserimento lavorativo finanziati dalla Caritas diocesana a favore di persone detenute nella Casa Circondariale di Gorizia o in misure alternative, saranno disponibili dei beni per l’igiene personale e del vestiario sempre a favore delle persone ristrette. Sono doni che vogliono dire “mi stai a cuore, anche tu fai parte della mia comunità”.
Il Natale dell’anno 2024, che stiamo per celebrare, è un Natale particolare, perché nella sua vigilia, la notte del 24 dicembre, Papa Francesco aprirà la Porta Santa della Basilica di San Pietro in Vaticano dando inizio al Giubileo della Speranza. Nella Bolla di Indizione del Giubileo “Spes Non Confundit” tra i segni di speranza che Papa Francesco chiede a tutti gli uomini e donne di buona volontà è l’attenzione ai detenuti chiedendo non solo forme di amnistia e condono, ma anche percorsi concreti di reinserimento nelle comunità e far sì che tutti si riesca a formare una voce sola per chiedere condizioni dignitose a tutti coloro che sono reclusi.
Abbiamo di fronte a noi l’Anno del Giubileo che potrà essere un’occasione per aprire cammini di speranza anche per le persone ristrette, percorsi di inclusione che non dovranno concludersi a dicembre 2025 ma essere solo un inizio per rendere più accoglienti le nostre comunità.

don Paolo Zuttion


Per un Natale senza paura

diacono Renato Nucera

L’augurio più frequente che si sente fare in questo periodo, quando si incontrano persone, amici o estranei che siano, è: “Buone Feste”, più difficilmente si sente dire “Buon Natale”. Certo, capisco che dicendo “Buone Feste” si comprenda tutto, festeggiamo anche il tempo che passa, l’Epifania… ma il fondamento, la nascita di Gesù, sembra alle volte passi in secondo piano. Natale diventa allora la festa della famiglia, dove tutti si riuniscono, i regali, le luminarie più o meno costose, i pranzi e così via. Per me, il Natale è la nascita di Gesù, nostra speranza, nostra vita e liberazione, non altro, anche perché altrimenti la vita, la mia vita, rimarrebbe vuota di senso, senza prospettiva, un vuoto che potrebbe sembrare molto spesso incolmabile, specialmente quando il tempo diventa stretto e la nostra idea di immortalità cede pesantemente spazio ad una realtà facilmente rifiutabile.
Rimuginando su questi pensieri mi ritorna alla mente il saluto che l’angelo fa ai pastori nella Notte Santa in cui Gesù nasce e precisamente, come dice Luca nel suo Vangelo, a come i pastori alla sua vista “Furono presi da grande timore”. Si potrebbe tradurre anche: ebbero un grande spavento, tanta paura. Già, la paura. Sappiamo che, sentendosi peccatori, i pastori pensavano di essere spazzati via alla venuta del Messia, ma così non è stato. In questo episodio raccontato dall’evangelista è facile constatare come la paura blocchi le persone. Anche noi quando abbiamo paura ci blocchiamo e cerchiamo un “rifugio” che possa proteggerci, ci arrocchiamo, ci mettiamo sulla difensiva, la paura ci fa diventare violenti, ci sentiamo indifesi, magari pensiamo che, eliminando il problema, l’avversario, abbiamo risolto.
Ci fa paura il povero, il diverso, lo straniero, il futuro, le nostre comunità si chiudono in sé stesse, rischiando poi di non accorgersi di un mondo che sta velocemente cambiando, bisognoso di incontro, di dialogo, di fratellanza, di pace.
Il Vangelo di Luca nell’episodio della visita ai pastori, continua con una frase: “Non temete…”. Per me, “Non abbiate paura”. La paura che aveva bloccato i pastori, adesso diventa curiosità. “Andiamo a vedere” e “Andarono senz’indugio a Betlemme…”; superato il blocco, con coraggio vanno incontro alla Speranza, perché quel bambino avvolto in fasce e posto in una mangiatoia è Cristo Gesù, nostra Speranza.
L’amore di Dio si fa carne e ci dona quella Speranza che fa cadere il muro della paura, quella che, bloccandoci, non ci permette di essere uomini e donne diversi, che sanno vivere con amore e per amore la propria vita come un dono, che ci fa essere solidali, attenti ai fratelli bisognosi, allo straniero che bussa alle nostre porte, che permette di accorgerci di quanta solitudine c’è nelle nostre case, piene di tante cose ma alle volte povere di umanità e attenzione nella cura degli anziani, degli ammalati, insomma persone che sanno guardare il prossimo con gli occhi del cuore.
L’augurio che quest’anno in occasione del Santo Natale mi sento di fare a noi tutti è quello di chiedere a Gesù la forza di credere, di non aver paura, ma di saper guardare a Lui con il cuore pieno di Speranza nella certezza che non ci lascia mai soli e che, nonostante tutto il male che ci circonda, l’amore è sempre presente nel mondo e lo possiamo anche noi rendere visibile nella solidarietà e attenzione verso tutti i fratelli.
Buon Natale, Bon Nadal, Vesel Boži¤