XI^ domenica del tempo ordinario
Il commento al Vangelo di domenica 14 giugno 2015
10 Giugno 2015
Riprendiamo la lettura continua del Vangelo di Marco, che tranne brevi momenti, ci accompagnerà fino alla conclusione dell’Anno Liturgico.Dopo le varie festività del Signore, c’immergiamo, anche durante le Domeniche, nel tempo Ordinario un tempo che ci ricorda come sia necessario imparare a vivere la Fede nel quotidiano della nostra storia.Riprendiamo, quindi, il percorso. Siamo al capitolo 4 del Vangelo di Marco; Gesù parla in parabole. Il tema comune è quello del Regno e del seme, due termini tra loro equiparati. (La parabola rappresenta un genere semplice, usa il linguaggio quotidiano, riesce ad essere compresa ed attualizzata nel proprio vissuto).Che cosa possiamo, oggi, comprendere dal testo marciano? Innanzitutto l’originalità del Maestro: Gesù presenta l’annuncio del Regno in modo nuovo; esso non assomiglia immediatamente a quanto forse si aspettava Israele ed a quanto anche la prima Comunità cristiana si aspettava (e forse anche noi): È un regno che giunge senza fa rumore, invisibile agli occhi. Tutto ciò spiazza i discepoli di allora come di oggi.Il nascondimento, la piccolezza, l’inefficienza del seme che muore sono i tratti distintivi del regno di Gesù e la stessa vita donata ed offerta sulla croce per l’uomo ne è rivelazione più completa e decisiva.A noi, oggi, Marco ci chiede di rileggere le categorie umane del successo, della riuscita alla luce della croce del Maestro.Chi è un uomo di successo? In Dio il successo, la piena realizzazione di quello che uno è, non passa per il conto in banca o per il suo indice di popolarità. In Dio l’uomo di successo è chi dona se stesso fino all’annullamento per amore. Questa differenza dice la novità del Vangelo. Che tipo di terreno, allora siamo? Disponibile, accogliente, fiducioso nell’opera di Dio che già qui ed ora sta compiendo? La certezza incrollabile dell’intervento di Dio regala una libertà realistica, verso se stessi ed i propri limiti: non un’altezzosa padronanza, non un’angoscia serpeggiante, ma una piena confidenza, un affidamento che riempie ogni gesto di speranza.La vita del credente diventa ascolto e creazione di quei piccoli gesti, infaticabile seminagione, attesa inesausta del fiorire del regno di Dio. Nel pane che spezziamo impariamo “sempre più” la logica del Signore: Egli possa donarci occhi nuovi capaci di scorgere già nel tempo i segni del suo regno che è vivi, opera ed è già presente.Ci doni la pace di chi dorme tranquillo come il contadino, perché consapevole che il seme cresce comunque. Soprattuto, il Signore ci sono un cuore nuovo che sappia vivere la logica dell’amore che vince perdendosi.
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