XXX^ Domenica del tempo ordinario
Il commento al Vangelo di domenica 25 ottobre 2015
21 Ottobre 2015
Concludiamo il capitolo 10 di Marco. Tecnicamente siamo a Gerico. Da qui, in poi, Gesù inizierà a salire verso Gerusalemme, il luogo della passione, morte e risurrezione. La domanda di fondo in questo capitolo è stata: “Chi è il discepolo?” L’evangelista lo ha scritto chiaramente: non basta stare accanto a Gesù “come i discepoli per essere veri discepoli”; è necessario avere il desiderio d’incontrarlo, di sapere nel nostro cuore che Lui, il mio maestro (=rabbuni) può salvare. Ecco, allora, l’incontro tra Gesù e Bartimeo: è l’unico “miracolato” che ha un nome, forse, perché è il solo che chiama Gesù per nome, “Gesù, figlio di Davide abbi pietà di me”. Gesù significa JHWH salva: è il nome di Dio tra gli uomini; Marco lo spiega chiaramente al suo lettore: pronunciare il suo nome ci salva. Non è magia. Ma nel cieco che mendica lungo le strade di Gerico possiamo leggerci anche la cecità del cuore. Per il cieco tutto è notte. È immagine del discepolo che non capisce, non ha Fede, è l’immagine di ha occhi e non vede. Marco annota che “sedeva”: è bloccato dalla sua cecità; non vedendo, non sa dove andare. Ma questo cieco ha un desiderio: toccare Gesù per poi vedere. E viene esaudito. “Chiamatelo”: interessante, la chiamata di Gesù o meglio ad andare da Gesù avviene attraverso la parola dei discepoli. Chi è la Chiesa? Colei che porta a Cristo; è Lui che salva. Qualche volta, come gli apostoli del vangelo, la Chiesa rischia di bloccare se non capisce quale sia il suo ruolo, di strada che non ferma a sé ma porta al maestro. Il cieco balzò in piedi, lasciò il mantello: il mantello è tutto per lui, è vestito, coperta, materasso e casa, è la sua unica salvezza terrena. Qualche esegeta vede in questo lasciare il mantello un segno profetico: “in fondo quel mantello era la sua cecità che lo avvolgeva e lo immobilizzava” (Silvano Fausti). “Che cosa vuoi che io faccia per te? Che io veda”: in greco molti studiosi ricordano che questo “vedere” significa “guardare in alto”. La Fede in Gesù è guardare in alto… alzare lo sguardo e riconoscere in Gesù colui che da senso alla nostra vita, colui che ci salva. Ecco, allora, che in Bartimeo possiamo leggerci il nostro cammino di discepoli che tentano di vivere da discepoli. In questo mondo, così avaro di speranza, da cristiani possiamo dire qualcosa di nuovo in questi tre movimenti: lasciando le nostre sicurezze troppo terrene; camminando dietro a Gesù e non seguendo qualsiasi bandiera, moda, pensiero velleitario; diventando credenti capaci di tessere relazioni, soprattutto offrendo la possibilità di mettersi in relazione con Cristo, Signore della vita. Nella nostra eucarestia chiediamo al Signore Gesù il dono della vista, uscire dalle tenebre e dalle nebbie in cui, tavolta, siamo immersi e distinguere nettamente il suo volto e la sua strada. Solo allora potremo scrollarci di dosso ogni legame e metterci a seguirlo lungo la via che porta alla croce e alla risurrezione.
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